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Rosa, Salvatore
Satire — Amsterdam, [1695] [Cicognara, 1038]

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https://doi.org/10.11588/diglit.27075#0081
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Porz’è, Timone, di Stiuali armarli :
Per tutto inondail mal,per tutto è fangoj
Che passar non si può sent’imbrattarsi .
Solo in pensarui attonito rimango : (dere
Tale applaude al mio onor,ch’l cerca offen-
Tal ride del mio ben , ch’Jo poi ne piango ,
Maiali vanta trà Noi chiara risplendere
Magnanima Virtù d’animo augusto,
Se nella Borsa poknon ci è da spendere ,
Fassi ognun’al peccar scaltro , e robusto ,
£ in Diluuij de’Vizij atri, e profondi
Arca non hà da ricourarsi il Giulio .
Perdoni il Cielo à chi trouò più Mondi,
Come se vn Mondo sol slato non fusse
Atto à fallir per cento Mondi immondi „
ferreo core à cercar gl’ori il condusse,
£ fatti rei d’ignoto suon gl’Orrechi
Avare frenesie nell’Alma indusse ;
Così trà Mondi nuoui, è Mondi vecchi
Rodope colla scarpe , e le catene
Vince i capi de’Socrati e gli specchi.
Spegnete! lumi,òC:nicid’Atene,
Che frà Popolo ornai, che hà roto il Collo
E vanità cercare vn huom dabbene ,
Più di mortalità non vi è rampollo,
E di Volupia il frequentato Altare
Lascia d’incensx impouerito Appollo.
Douunq’io vò si parla di mangiare,
E per ogni canton sumano à fesla
Di Lucuio le mense in crapulare.
Colla tefia nel ventre, e’1 ventre in teda ,
Ed Asinio,e Niseo specola, e pensa
A sugger Bromio, e impouerir Segesta :
E maggior gloria à lor Gabbea dispensa ,
Che poileder dì Pisistiato i libri,
Se all’ingrassar , più che al saper si pensa.
D 4 Mà
 
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