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di Gela, veniva allo scontro de' Peni. Tenevano i Siracusani il
castello Falario, i Cartaginesi, in più grosso numero, l'Ecnomo,
1' Imera separava le armate nemiche. E siccome aveasi dami an-
tichissimo oracolo doversi quivi combattere un'aspra battaglia, la-
sciando incerto da qual canto fosse per inclinar la vittoria, così
stavano gli animi d'ambe le parti in pendente, non osando com-
metter la sorte loro all' ultima prova. Ciò non pertanto non ri-
stavansi dalle offese. Or avvenne un giorno, che una mano di Car-
taginesi, presi in agguato da' Siracusani, dieronsi scompigliatamen-
te alla fuga, di che giovandosi Agatocle, urtava con tutto l'esercito
nel campo nemico, e superato il vallo, entrava negli steccati, fa-
cendo strage grandissima degli Affricani, i quali colti all'improvvi-
so, ne avendo tempo di ordinarsi, combattevano alla spicciolata.
E sarebbero andati del tutto perduti senza 1' ajuto de' frombo-
lieri, che arrestarono la vittoria, e di un grosso di Affricani che
da Cartagine attendevasi, e che, soprarrivato in quel punto, at-
taccando a ridosso i nemici, cambiava la sorte del combattimento.
I Greci si volsero in fuga, Agatocle ricovrossi pria in Gela,
poscia in Siracusa , ed i Cartaginesi vittoriosi scorrendo libera-
mente il paese , traevano alle parti loro moltissime città, fra le
quali Camarina, Leonzio, Catana, Tauromenio, Messana ed Aba-
ceno (243).
Sembrava dell' intutto perduta la sorte di Agatocle. Abbando-
nato dagli alleati, e stretto dal vincitore entro le mura di Sira-
cusa, abbisognava di mezzi straordinari, onde campare da una si-
cura rovina, A questi ricorse l'alta sua mente, e lasciato al go-
verno della città Antandro suo fratello , deliberossi a recare la
guerra nell'Affrica, impresa arditissima che fu poi da Pioma imi-
tata, e a cui Roma e Siracusa dovettero la loro salute.
Già la piccola armata siracusana , eludendo la vigilanza de'
Peni, giungeva inattesa sulle spiagge dell' Affrica, e perchè non
restasse ai soldati altro scampo che di vincere o di morire, Aga-
tocle, appiccalo il fuoco alle navi, dava mano all'impresa, recando
in suo potere Megalopoli e Tunisi. All' annunzio di tanto sini-
stro, gli abitanti di Cartagine si perdettero d'animo, ma rincuo-
rati per le prospere notizie giunte dalla Sicilia , si volsero alle
difese, e scelti a comandanti Annone e Bomilcare, con 4° m^a