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Or fra quanti l'antichità ce ne conservasse, il più ampio, ed il
meno lacerato dalle ingiurie de' tempi è certamente quello della
villa Panfili in Roma, il quale mostra tuttavia il sito, ove collo-
cavansi i carboni per accendere il fuoco ad arrostire le vitti-
me (i 06). Diverse e svariate eran le forme degli altari, taluni
quadrati, altri oblunghi, rotondi o triangolari. Quelli di bronzo
aveano spesso la figura di un tripode , come se ne sono rinve-
nuti in Pompei, in Roma, ed altrove. Vitruvio ci ammaestra che
gli altari era mestieri fossero alti non più che la metà del simu-
lacro , onde non togliessero la veduta del nume , soggiungendo
che doveano volgersi all'oriente (107). Le di lui parole pertanto
debbono riferirsi agli altari che colloca varisi incontro a' simu-
lacri de' numi, ma non mai a quelli ch'erano isolali.
L'altare più vasto di cui si abbia ricordo nell'antichità è quello
di Olimpia. Pausania lo descrive con le seguenti parole. » Dellal-
iare che è in Olimpia, il primo imbasamento dello protasi (che precede
il luogo del sagri fido) ha piedi 125 di circonferenza. Il perimetro del
piano superiore alla prolasi, è di 52 piedi; tutta l'altezza dell' aliare
arriva a 22 piedi, le vittime sogliono ucciderle nella parte inferiore, nella
prolusi, portandone a brugiare i quarti sulla cima dell'aliare. Condu-
cono alla protasi, dall' ano e dall' albo fianco, scalini di pietra; lo spazio
dalla prolasi alla cima dell' aliare li ha di cenere. Sino alla protasi è
lecito salire alle vergini come alle muntale che non sono escluse da
Olimpia, ma di là sino alla vetta posson salire gli uomini soli» (108).
L'ampiezza di questo altare, il cui diametro ascendeva a piedi
4i ^f, non è da paragonarsi a quella del monumento siracusano,
che secondo le parole di Diodoro, giungeva ad uno stadio, cioè
a passi 125, ond'è che potriasi sospettare di qualche error dei
copisti, se gli avanzi medesimi del monumento non ci mostras-
sero la veracità del fatto. Quindi procurando d'indagare il mo-
tivo dell'ampiezza estraordinaria del nostro altare, pare che ella
debbasi pria d'ogni altro ripetere dalla celebrata magnificenza
de' Siracusani, e del magnanimo Cerone II. Ed in vero non dee
recar meraviglia che que' medesimi Siracusani, i quali per essersi
sottratti alla tirannide di Trasibulo, statuivano un sagrificio an-
nuale di 4^0 bovi (109), e che quello stesso principe il quale in
dono a Re Tolomeo inviava la nave più grande e più magnifica
che del suo tempo erasi costruita, avesse ancora immaginata un
Or fra quanti l'antichità ce ne conservasse, il più ampio, ed il
meno lacerato dalle ingiurie de' tempi è certamente quello della
villa Panfili in Roma, il quale mostra tuttavia il sito, ove collo-
cavansi i carboni per accendere il fuoco ad arrostire le vitti-
me (i 06). Diverse e svariate eran le forme degli altari, taluni
quadrati, altri oblunghi, rotondi o triangolari. Quelli di bronzo
aveano spesso la figura di un tripode , come se ne sono rinve-
nuti in Pompei, in Roma, ed altrove. Vitruvio ci ammaestra che
gli altari era mestieri fossero alti non più che la metà del simu-
lacro , onde non togliessero la veduta del nume , soggiungendo
che doveano volgersi all'oriente (107). Le di lui parole pertanto
debbono riferirsi agli altari che colloca varisi incontro a' simu-
lacri de' numi, ma non mai a quelli ch'erano isolali.
L'altare più vasto di cui si abbia ricordo nell'antichità è quello
di Olimpia. Pausania lo descrive con le seguenti parole. » Dellal-
iare che è in Olimpia, il primo imbasamento dello protasi (che precede
il luogo del sagri fido) ha piedi 125 di circonferenza. Il perimetro del
piano superiore alla prolasi, è di 52 piedi; tutta l'altezza dell' aliare
arriva a 22 piedi, le vittime sogliono ucciderle nella parte inferiore, nella
prolusi, portandone a brugiare i quarti sulla cima dell'aliare. Condu-
cono alla protasi, dall' ano e dall' albo fianco, scalini di pietra; lo spazio
dalla prolasi alla cima dell' aliare li ha di cenere. Sino alla protasi è
lecito salire alle vergini come alle muntale che non sono escluse da
Olimpia, ma di là sino alla vetta posson salire gli uomini soli» (108).
L'ampiezza di questo altare, il cui diametro ascendeva a piedi
4i ^f, non è da paragonarsi a quella del monumento siracusano,
che secondo le parole di Diodoro, giungeva ad uno stadio, cioè
a passi 125, ond'è che potriasi sospettare di qualche error dei
copisti, se gli avanzi medesimi del monumento non ci mostras-
sero la veracità del fatto. Quindi procurando d'indagare il mo-
tivo dell'ampiezza estraordinaria del nostro altare, pare che ella
debbasi pria d'ogni altro ripetere dalla celebrata magnificenza
de' Siracusani, e del magnanimo Cerone II. Ed in vero non dee
recar meraviglia che que' medesimi Siracusani, i quali per essersi
sottratti alla tirannide di Trasibulo, statuivano un sagrificio an-
nuale di 4^0 bovi (109), e che quello stesso principe il quale in
dono a Re Tolomeo inviava la nave più grande e più magnifica
che del suo tempo erasi costruita, avesse ancora immaginata un