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Wilpert, Joseph
I sarcofagi Cristiani Antichi (Band 1,1): Testo — Rom, 1929

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https://doi.org/10.11588/diglit.1341#0021
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§ I. - Rit[>l>rcsciìtti~it)HÌ del dottore nell'atto di «praclegcre»

del Museo lateranense, dove l'orologio è dagli interpreti pure
omesso o travisato '.

L'angolo destro è simmetricamente occupato da un
gruppo simile, che con quello di contro sta in intima rela-
zione, anzi ne costituisce una metà, ad onta delle figure di
mezzo, che ne Io separano e che bisogna supporre nel fondo:
una matrona seduta sopra uno scrigno rotondo (ki@&tu>v,
Kvpyùritos), stringe con la sinistra un volume chiuso; la
destra, oggi distrutta, era alzata, probabilmente nel gesto
oratorio, per domandare schiarimenti su ciò che il filosofo
insegnante, il dottore, aveva letto.

Una disposizione analoga offre la pittura della parete
sinistra de! primo cubicolo nell'ipogeo gnostico5, dove nel-
l'angolo sinistro si vede l'evangelista che insegna, nell'angolo
destro un uomo in attitudine identica a quella delia matrona,
salvo che il volume è mezzo svolto, non chiuso; lo spazio
intermedio è ivi tutto quanto occupato da due vasti edilìzi
che separano le due figure, giusto come sul sarcofago i due
gruppi sono separati da quello intermedio. La matrona veste
la tunica talare (stola), scarpe ed un ampio manto (palla) che
copre la testa, involge tutta la persona e finisce sul dorso.
Facendo cosi ostentatamente riscontro ad un dottore, è
chiaro che la matrona deve appartenere anch'essa al corpo
insegnante della comunità. Perciò l'artista la rappresentò
seduta su uno scrigno per volumi e con un volume in mano,
ma chiuso, perchè il vero insegnante è il dottore di contro.
Essa sarà forse una delle vedove, menzionate di sopra (pag, i).

Dietro la donna seduta si trova una giovane ritta in
piedi, dunque una discepola, che con viva attenzione ascolta
ciò che insegna il dottore; è vestita d'una tunica doppiamente
cintas e di un lungo velo che copre capelli, spalle e dorso, e
la distingue dalla matrona. Lo stesso velo vediamo anche
sulla figura orante, la quale forma col Buon Pastore il gruppo
centrale e completa il quadro. Poiché il velo lungo è un
pezzo di vestiario assai raro, siamo sicuri che la discepola e
l'orante sono una sola persona.

Il significato delle rappresentazioni è ora facile a com-
prendere. Anzitutto bisogna escludere il pensiero che si tratti
d'una istruzione profana. Il gruppo centrale vi si oppone
categoricamente: essendo la continuazione e l'adempimento
dei due gruppi che lo inquadrano, l'istruzione non può
essere che religiosa. Il contenuto delle sculture si può quindi
riassumere nelle seguenti parole: la discepola, la catecumena,
assiste all'insegnamento della dottrina cristiana, impartito dal
dottore e promosso poi dalla vedova; riconosciutane la
verità, essa abbraccia la fede, riceve il battesimo e viene a
morire quale membro della Chiesa, fidelis; perciò l'anima
sua è portata dal Buon Pastore al paradiso fra gli eletti,
dove prega per i superstiti.

L'orante è una delle più belle figure dell'arte cristiana
antica. La tunica doppiamente cinta ha, oltre il kóXkos. un
risvolto che le dà un sapore classico, elevandola al di sopra
della realtà. Essa è copiata da un modello dell'arte ellenica,
perchè al tempo dell'artista non era più in uso. Non cosi
l'ampio velo che copre la testa, le spalle, il dorso e scende fin
sotto le ginocchia. Come col pallio indossato dal dottore e
dagli scolari l'artista volle caratterizzare dei filosofi, e con la
palla della matrona una maritata, nel caso nostro una vedova,
così avrà voluto caratterizzare col velo Io stato della defunta,
deposta nel sarcofago. Ritroveremo tale velo ancora come
fiammeum, cioè velo nuziale, su due sculture che rappresen-
tano il momento in cui gli sposi si stringono la destra per
unirsi in matrimonio (dextrarum iunctió) *. Sul nostro sarco-
fago non apparisce traccia d'uno sposo; e siccome è noto
che il fiammeum si portava anche dalle vergini consecrate
a Dio5, stimate spose di Cristo, non dubitiamo di ricono-
scere una vergine anche nella nostra defunta.

Questo risultato non ha niente di inverosimile per la
metà incirca del secolo II, alla quale appartiene il sarcofago.
Gìà s. Giustino martire si vanta di poter indicare in tutte
le classi della società cristiana persone vissute fino alla vec-
chiaia nella verginità volontaria; e Atenagora ricorda quei
numerosi cristiani di ambedue i sessi, i quali vivevano nel
celibato per unirsi più intimamente con Dio". È poi noto
che le vergini vivevano, nei primi tempi, nelle loro famiglie;
e già nel volgere del secolo n erano così numerose, che Ter-
tulliano potè per loro stabilire la convenienza di portare il
velo. Del resto un simile velo, che arriva pure fin sotto le
ginocchia, lo porta sul sarcofago lateranense 117 della seconda
metà del secolo II, Marta, la sorella di Lazzaro, venerata
sempre nella Chiesa come vergine, mentre Maria, la « pecca-
trice », è ivi rappresentata con testa scoperta, come le non
maritate. Dunque nel sarcofago nostro erano deposte le
spoglie d'una vergine sacra. Il volto dell'orante è rifatto,
ma possiamo supporre che esso rassomigliasse più o meno a
quello della catecumena e fosse un ritratto, come sul sarco-
fago di S. Maria antica 7.

Il dottore ha tratti individuali che Io caratterizzano per
un personaggio determinato, come il pallio Io qualifica per
filosofo. Questo abito fa venire in mente s. Giustino martire,
di cui sappiamo che, mosso dalla sete ardente della verità,
frequentava le diverse scuole filosofiche senza trovarvi sod-
disfazione, e che, fattosi cristiano, continuò ad « insegnare
in abito filosofico la parola di Dio », èv tpi\o(ró<pov <rxii(iart
irpecr0ev<ov tov Oeìov AcJ,yoi'!<J e a difendere il cristianesimo
quale ■■ unica filosofia vera e utile »9, che fondò una scuola a
Roma e mori suggellando la fede col martirio (fra il 163 e
il 167). Della sua attività missionaria si parla negli Ada

1 BENNDORF und SciióNE, Die nntiken fììhhcerhe dei lutatili. Museums,
Leipzig 1867, tav. XVII, 1, pag. 10 seg.; Birt, Die Buchrolle in der Kunil,
Leipzig 1907, 152 e 232, figg. 87 e 155.

■' Wilmut, Le pitture dell'ipogei) di Aurelio l'eticissimo, in « Atti (.iella Pon-
tilìci.i Accademia romana di a reticoli !gia '-, Ruma 1924, tav. II.

* Il cingolo che passa sotto il peno è sulla copia nostra fotografica
nascoslo dal braccio.

1 Vedi Garrlcci, Storia dell'arte cristiana, V, tavv. 325, 4; 327, 1.
71 Qui entra l'intiero libro di Tertulliano De velandis virginibus.
[OSTO»., Apologia, I, e. 15: MatjB., 52; AthENAO., Legatio prò Christianis,
. 33: SCHWARTZ, p. 43.

: Vedi tav. I, 2.

* Euseb., //. E., 4, 11, 8: Schwartz, p. 334.

" S. luSTIN., Din!., S: Maub., 114.
 
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