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Tasso, Torquato
La Gerusalemme liberata — Venedig, 1745

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https://doi.org/10.11588/diglit.5052#0129
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Q U Js R T 0.
XXII.
Per quelli piedi, ónde i superbi e gli empj
Calchi: per quella man che'1 dritto aita:
Per l'alte tue vittorie, e per que' tempj
Sacri, cui desli, e cui dar cerchi aita ;
Il mio desir, tu che puoi solo, adempj j
E in un col regno a me serbi la vita
La tua pietà5 ma pietà nulla giove,
S'anco te il dritto e la ragion non move.
lxiii.
Tu, cui concerie il Cielo, e dielti in fato
Voler il giudo, e poter ciò che vuoi j
A me salvar la vita, a te lo (lato
( Che tuo fia, s'io '1 ricovro ) acquistar puoi
Fra numero sì grande a me sia dato
Diece condur de' tuoi più forti eroi :
Ch' avendo i padri amici, e '1 popol fido,
Bastan quefii a. ripormi entro al mio nido.
LXIV.
Anzi un de' primi, alla cui fe commessa
Ex la cuslodia di secreta porta,
Promette aprirla, e nella reggia slessa
Porci di notte tempo ^ e sol m'esorta,
Ch' io da te cerchi alcuna aita $ e in essa,
Per picciola che sia, si riconforta
Più che s'altronde avessse un grande stuolo :
Tanto l'insegne estima, e'1 nome solo.
LXV.
Ciò detto tace, e la risposta attende
Con atto , che in silenzio ha voce e preghi
Goffredo il dubbio cor volve e sospende
Fra pensier varj, e non sa dove il pieghi.
Teme i barbari inganni, e ben comprende
Che non è fede in uom, eh'a Dio la neghi
Ma d'altra parte in lui pietoso affetto
, Si desla, che non dorme in nobil petto.
( 45 )
 
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