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Tasso, Torquato
La Gerusalemme liberata — Venedig, 1745

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https://doi.org/10.11588/diglit.5052#0250
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C .ARTO
lxvi.
Tempo forsè già fu, che gravi e strane
Ne potevan parer sì fatte offese^
Qaan lievi or le patto: orrenda immane
Ferità leggierisTime le ha rese.
Hanno ucciso Rinaldo, e con le umane.
L'alte leggi divine han vilipese.
E non fulmina il Cielo ? e non l'inghiotte
La terra entro la sua perpetua notte?
lxvii.
Rinaldo han morto , il qual fu spada, e seudo
Di noslra fede, ed ancor giace inulto ?
Inulto giace : e sui terreno ignudo
Lacerato il lasciaro, ed insepulto.
Ricercate saper chi fotte il crudo ?
A chi puote, o compagni, etter occulto?
Deh chi non sa quanto al valor Latino
Portin Goffredo invidia, e Baldovino ?
lxviii.
Ma che cerco argomenti ? il Cielo io giuro,
Il Ciel, che n'ode , e ch'ingannar non lice j
Ch'allor, che lì risehiara il mondo oseuro,
Spirito errante il vidi ed infelice.
Che spettacolo, oimé, crudele e duro,
Quai frodi di Gosfredo a noi predice !
Io '1 vidi, e non fu sogno : e ovunque or miri,
Par che dinanzi agli occhi miei s'aggiri.
lxix.
Or, che faremo noi ? dee quella mano,
Che di morte sì ingiuria è ancora immonda
Reggerci sempre ? o pur vorrem lontano
Girne da lei , dove l'Eufrate inonda?
Dove a popolo imbelle in fertil piano
Tante ville e città nutre, e feconda:
Anzi a noi pur $ nostre saranno, io spero,
Nè co' Franchi comune avrem l'impero.
 
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