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Tasso, Torquato
La Gerusalemme liberata — Venedig, 1745

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https://doi.org/10.11588/diglit.5052#0360
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C <J N T 0

xc.
Lei nel partir, lei nel tornar del Sole
Chiama con voce sianca, e prega, e plora.
Come usignuol cui '1 villan duro invole
Dal nido i figli non pennuti ancora ;
Che in miserabil canto, asssitte e sole
Piange le notti, e a empie i boschi, e F ora.
Alfin col novo dì rinchiude alquanto
I lumi: e'1 sonno in lor serpe fra'1 pianto.
xci.
Ed ecco in sogno di stellata verte
Cinta gli appar la sospirata amica:
Bella assai più j ma lo splendor celerte
L'orna, e non toglie la notizia antica.
E con dolce atto di pietà le merle
Luci par che gli asciughi, e cosi dica:
Mira come son bella, e come lieta,
Fedel mio caro , e in me tuo duolo acqueta.
XCII.
Tale i' son tua mercè : tu me dai vivi
Del mortai mondo per error toglierti :
Tu in grembo a Dio fra gl'immortali e divi
Per pietà di salir degna mi felli.
Quivi io beata amando godo, e quivi
Spero che per te loco anco s'appresli -,
Ove al gran Sole, e nell'eterno die
Vagheggierai le sue bellezze e mie.
xeni.
Se tu medesmo non t'invidi il Cielo,
E non travii col vaneggiar de' senli,
Vivi, e sappi ch'io t'amo, e non te'1 celo,
Quanto più creatura amar conviensì.
Così dicendo, fiammeggiò di zelo
Per gli occhi fuor del mortai uso accensi :
Poi nel profondo de' suoi rai si chiuse,
E sparve, e novo in lui conforto infuse.
 
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