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Tasso, Torquato
La Gerusalemme liberata — Venedig, 1745

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https://doi.org/10.11588/diglit.5052#0469
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D EC IMO S ETT IMO.
xlvi.
Chi sia Rinaldo è noto: e qui di lui
Lunga istoria di cose anco lì conta:
Quelli è il crudele, ond'aspramente i' fui
Offesa poi, ne vendicata ho P onta.
Onde sdegno a ragione aggiunge i sui
Stimoli, e più mi rende all'arme pronta.
Ma , qual sia la mia ingiuria , a lungo detta
Saravvi : or tanto badi. Io vuò vendetta.
xlvii.
E la proccurerò : che non invano
Soglion portarne ogni saetta i venti,
E la delira del Ciel di giuda mano
Drizza l'arme talor contra i nocenti.
Ma s'alcun fia, ch'ai barbaro inumano
Tronchi il capo odioso, e me '1 presenti,
A grado avrò quella vendetta ancora 5
Benché fatta da me più nobil fora.
xlviii.
A grado sì che gli sarà concelsa
Quella , eh' io posso dar , maggior mercede,
Me d'un tesor dotata, e di me stessa,
In moglie avrà, s'in guiderdon mi chiede,
Così ne faccio qui slabil promeisa :
Così ne giuro inviolabil fede:
Or s'alcuno è, che Mimi i premj nostri
Degni del risehio, parli, e si di moli ri.
xlix.
Mentre la donna in guisa tal savella,
Ad r a sio affige in lei cupidi gli occhi.
Tolga il Ciel, dice poi, che le quadrella
Nel barbaro omicida unqua tu seocchi :
Che non è degno un cor villano, o bella
Saettatrice, che tuo colpo il tocchi.
Atto dell' ira tua minislro io sono :
Ed io del capo suo ti farò dono0
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