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BULLETTINO DELLA COMMISSIONE
nuale sulla vita degli antichi greci e romani rappresentata coi
monumenti, non fanno menzione alcuna della forchetta là dove
trattano dei vari utensili della mensa e della cucina
Avvertasi bene tuttavia, che se questi ed altri autori di-
sdicono la forchetta alla mensa, devono poi ammetterla, non solo
presso i romani ma eziandio presso i greci, fra le armi dello
scalco e del cuoco, cui servia per levare le carni dal pajuolo o
dalla caldaja, e per ajutare a trinciarle.. Perocché noi sappiamo
che i greci chiamavano creagra questa specie di forchettone; e
del medesimo ci attesta lo scoliaste di Aristofane eh' era « un
» istrumento della cucina, simile ad una mano, ma colle dita
» piegate, fatto per tirar su le vivande calde senza scottarsi le
» mani » 2. Il Marquàrdt ravvisa lo stesso forchettone, sotto
forma del tridente di Nettuno, in una pittura ercolanese rap-
presentante alcune provvigioni per la cucina, e dice che di tal
forma doveva essere la creagra dei greci 3; ma noi sospettiamo
che in quella pittura il tridente abbia tutt' altro significato 4;
e quanto alla creagra, udimmo pur ora dallo scoliaste di Ari-
stofane eh' ella somigliava una mano colle dita piegate; il che
fa credere che avesse più di tre punte , e queste certamente
non diritte , come quelle della fuscina, ma incurve , affinchè
meglio si prestassero a ritenere le vivande afferrate.
1 Das leben der Griech. und R'óm, nacli ani. Dildw. dargestellt. Berlin
1862, t. II, p. 188.
2 Kfsaypa — eISo; spyaXstou itu.ysifiy.oij X''Fl ^»fSOIxÒ( , \j.oio-i
iyxs/ca^///svov toÙ$ 8xy.ru\ov$' uvifj.ùirra. tcc ^SfTtà Sia to yjìpac; \i.r\
(Ad Arist. Eq. v. 772; cf. Henne Steph. Thcs. gr. ling. ed. 2 s. v.)
3 Marquard loc. cit. n. 2009.
' In queste pitture sono rappresentate specialmente delle seppie e dei
polpi (Pili, di Ercol. II tav. LVII n. (5) p. 301); ora le seppie ed i polpi,
ed anche i tonni, si predavano appunto col mezzo della [uncina, secondochè
attestano Plinio (N. IT. TX. 15. 29 e 30) e Polluce (X. 132). È quindi pro-
babile che il suddetto arnese stia quivi per indicare il modo della pesca di
quegli animali. Giacche veramente sarebbe stato anche un avvilire, in certo
modo, il gran tridente di Nettuno , il darlo in mano al cuoco e renderlo
suppellettile della cucina.
BULLETTINO DELLA COMMISSIONE
nuale sulla vita degli antichi greci e romani rappresentata coi
monumenti, non fanno menzione alcuna della forchetta là dove
trattano dei vari utensili della mensa e della cucina
Avvertasi bene tuttavia, che se questi ed altri autori di-
sdicono la forchetta alla mensa, devono poi ammetterla, non solo
presso i romani ma eziandio presso i greci, fra le armi dello
scalco e del cuoco, cui servia per levare le carni dal pajuolo o
dalla caldaja, e per ajutare a trinciarle.. Perocché noi sappiamo
che i greci chiamavano creagra questa specie di forchettone; e
del medesimo ci attesta lo scoliaste di Aristofane eh' era « un
» istrumento della cucina, simile ad una mano, ma colle dita
» piegate, fatto per tirar su le vivande calde senza scottarsi le
» mani » 2. Il Marquàrdt ravvisa lo stesso forchettone, sotto
forma del tridente di Nettuno, in una pittura ercolanese rap-
presentante alcune provvigioni per la cucina, e dice che di tal
forma doveva essere la creagra dei greci 3; ma noi sospettiamo
che in quella pittura il tridente abbia tutt' altro significato 4;
e quanto alla creagra, udimmo pur ora dallo scoliaste di Ari-
stofane eh' ella somigliava una mano colle dita piegate; il che
fa credere che avesse più di tre punte , e queste certamente
non diritte , come quelle della fuscina, ma incurve , affinchè
meglio si prestassero a ritenere le vivande afferrate.
1 Das leben der Griech. und R'óm, nacli ani. Dildw. dargestellt. Berlin
1862, t. II, p. 188.
2 Kfsaypa — eISo; spyaXstou itu.ysifiy.oij X''Fl ^»fSOIxÒ( , \j.oio-i
iyxs/ca^///svov toÙ$ 8xy.ru\ov$' uvifj.ùirra. tcc ^SfTtà Sia to yjìpac; \i.r\
(Ad Arist. Eq. v. 772; cf. Henne Steph. Thcs. gr. ling. ed. 2 s. v.)
3 Marquard loc. cit. n. 2009.
' In queste pitture sono rappresentate specialmente delle seppie e dei
polpi (Pili, di Ercol. II tav. LVII n. (5) p. 301); ora le seppie ed i polpi,
ed anche i tonni, si predavano appunto col mezzo della [uncina, secondochè
attestano Plinio (N. IT. TX. 15. 29 e 30) e Polluce (X. 132). È quindi pro-
babile che il suddetto arnese stia quivi per indicare il modo della pesca di
quegli animali. Giacche veramente sarebbe stato anche un avvilire, in certo
modo, il gran tridente di Nettuno , il darlo in mano al cuoco e renderlo
suppellettile della cucina.