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Instytut Sztuki (Warschau) [Hrsg.]; Państwowy Instytut Sztuki (bis 1959) [Hrsg.]; Stowarzyszenie Historyków Sztuki [Hrsg.]
Biuletyn Historii Sztuki — 65.2003

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Nr. 1
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Rizzi, Alberto: Ritrattistica "ad naturam" del Bellotto varsaviense
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https://doi.org/10.11588/diglit.49349#0069

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RiTRATTISTICA "ad NATURAM" DEL BELLOTTO VARSAVIENSE

63

Ma ritorniamo finalmente al ritrattistico Bellotto varsaviense, argomento di questo
scritto.
Nel mio libro La Varsavia di Bellotto, uscito nel 1990 e tradotto 1'anno dopo in Germa-
nia29, ho sottolineato ripetutamente il ruolo maggiore assunto dalle figure nel periodo
polacco rispetto a quello italiano e germanico. E mentre la storiografia artistica polacca
sul pittore veneziano, culminata nella monumentale opera del Kozakiewicz del 197230,
aveva rivolto la sua attenzione soprattutto all'aspetto architettonico e paesaggistico delle
vedute varsaviensi, eon qualche marxistica incursione sul piano sociale, a me e sembrato
opportuno sceverare certi poco conosciuti o inediti aspetti dell'ambiente umano che qui
non e proprio il caso di ripetere. Va solo ribadito come a Varsavia il Bellotto appaia sotto
questo aspetto piu coinvolto che altrove, che insomma si riveli piu polonizzato di quanto
non fosse stato germanizzato. E qui d'altronde che voleva finire probabilmente i suoi
giorni anche se la questione resta aperta a varie interpretazioni31.
Nonostante numerosi nuovi apporti rispetto alla monografia di Kozakiewicz, di cui
alcuni oggettivi come quelli di carattere archivistico32, il mio libro sul Bellotto varsavien-
se e passato in Polonia praticamente inosservato nonostante la sua sgargiante veste tipo-
grafica. E ben vero che nel 1990 nel prestigioso "Biuletyn Historii Sztuki" e apparsa una
recensione (basata sull'edizione tedesca)33 molto lusinghiera nei miei confronti ma senza

29 A. RIZZI, Bernardo Bellotto, Warschauer Veduten, Munchen 1991 (trad. con qualche modifica redazionale e alcune
limitate correzioni nei nomi polacchi).

30 KOZAKIEWICZ, Bernardo Bellotto, cit.

31 La posizione sociale del Bellotto in Polonia (su cui finora KOZAKIEWICZ, Bernardo Bellotto, cit., I, pp. 184-186)
e in effetti per vari aspetti anomala. Se infatti da una parte egli ostenta una millantata nobilta - oltre che nel sigillo, come
sopra detto (n. 21), essa si esplica nell'onnipresente de nobiliare della firma "Bernardo Bellotto de Canaletto" - d'altro
canto il veneziano non risulta non solo neW Album civium (ms AGAD, Varsavia), che enumera tutti i borghesi presenti
nella capitale, ma neppure neWalbum armorum dove sono elencate le concessioni di indigenato e di nobilitazione
(v. Album armorum nobilium Regni Poloniae XV - XVIII sec. Herby nobilitatii i indigenatów XV- XVIII w. introduzio-
ne ed edizione critica di B. Trelińska, Lublin 2001), ne e documentato che egli abbia acquistato alcun terreno, il cui
possesso era conditio sine qua non di nobilitazione. Non si pud aprioristicamente affermare che Bellotto non intendesse
in vecchiaia lasciare la Polonia - Norblin, che vi lavord giusto un trentennio, ritornera in Francia dove visse ancora
a lungo - anche se tanti elementi fanno pensare il contrario, a cominciare dalla polonizzata situazione famigliare. Si
aggiunga poi che in Polonia in quanto veneziano era di fatto considerato nobile - Casanova, che al re aveva confessato
di non essere "gentilhomme", non si era forse battuto in duello con il rampollo di uno dei piu nobili casati polacchi,
quello dei Branicki? - e che conservava rispetto al re una sua autonomia, tant'e vero che in un atto ufficiale il re stesso
cancella di sua mano a proposito del Bellotto la qualifica di "mon peintre" per sostituirla con quella di "peintre a mon
service" (com. or. di Jerzy Gutkowski che ringrazio per avermi generosamente segnalato alcuni inediti documenti archi-
vistici che non conoscevo al tempo del mio volume varsaviense e sui quali mi riprometto di tornare). Ma ben piu
significativo e il fatto che Bernardo non abbia voluto lasciare la Polonia (con ogni probabilita per stabilirsi a Pietrobur-
go) "restan a Varsovie contre la volonte de Son Roi" secondo quanto affermato dalla vedova (RIZZI, La Varsavia di
Bellotto, cit., pp. 149 e 152 doc. XII). Anche questo sensazionale passo, fino ad allora mai valutato nonostante il
documento fosse tra quelli gia pubblicati da B. KRÓL-KACZOROWSKA ("Svolta [recte: Notta] dei lavori fornit[t]i
alla Cort[t]e" di Varsavia ed altri documenti bellottiani, in "Bulletin du Musee National de Varsovie", VII, 1966, pp.
68-75) non ha avuto alcuna eco presso la critica polacca per quanto su di esso abbia insistito una decina di anni fa in
occasione di una conferenza riservata agli studiosi al Castello Reale.

32 In una redazionale Nota bibliografica nel catalogo della mostra del 2001, apparsa anonima ma di certo compilata da
Bożena Anna Kowalczyk (Bernardo Bellotto 1722-1780: documentazione sull'artista, s. p.) il mio nome non risulta
stranamente tra coloro che hanno apportato contributi archivistici sul periodo varsaviense a differenza di quanto fa A.
ROTTERMUND (Bernardo Bellotto a Venezia, in Bernardo Bellotto. 1722-1780, cit., p. 39 n. 1) citandomi assieme a E.
BASSI (Notizie di artisti veneti nei carteggi del re Stanislao Poniatowski, in "Ateneo Veneto", XC, 1979, pp. 175-189.

33 J. SITO, recensione a: Alberto Rizzi. Bernardo Bellotto. Warschauer Yeduten, in "Biuletyn Historii Sztuki", LVII,
1995, p. 194.
 
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