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Bossi, Giuseppe
Del cenacolo di Leonardo da Vinci: libri quattro — Milano, 1810 [Cicognara, 3373]

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https://doi.org/10.11588/diglit.23792#0135
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DEL

CENACOLO

d i

LEONARDO DA VINCI

LIBRO TERZO.

DELLE COPIE IN GENERALE.

T j uso delle copie che gli antichi chiamavano ritratti, non divenne comune
che allorquando, quasi per universale consenso, si acclamò giunta al colmo di
sua perfezione l' arte della pittura. Fu allora che si abbandonò il metodo di
trarre dal naturale o pur dall' idea le pittoriche imitazioni ; e fu allora che gli
artefici volgari, veggendo' le meravigliose invenzioni de' sovrani dell' arte, co-
minciarono generalmente a temere delle proprie forze, e non si credettero capaci
d'investigare per sè stessi nella natura quelle originali bellezze che ammiravano
nelle opere altrui. La natura cessò di essere la maestra dell'arte, e l'arte maestra
di sè stessa fu chiusa in angusto confine e cominciò a ripetere le sue produzioni.

Quella dappocaggine del più degli artefici, che non poteasi nascondere, fu
osservata da chi commetteva e pagava le opere, nè sempre si poteva per esse
ricorrere ai primi nomi : quindi, anzi che averle di vili e grossi magisteri, si
preferirono imitate dalle migliori conosciute, con che si aveva un mediocre bensì
ma sicuro esito delle imprese. La fretta e l'avarizia favorivano il nuovo metodo
sì per parte del proprietario, come per parte dell'artefice, e la pittura si degradò
a copiar per sistema.
 
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