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prima soltanto a chiaro scuro, di che alcuni de" panneggiamenti tuttavia fanno
fede ; il qual metodo monocromatico è sommamente comodo per porre a suo
luogo ogni parte dell'opera che si prende a copiare, permettendo che si ritocchi
in infinito senza pericolo di confusione di tinte. Non è meno opportuno per la
rapidità dell'esecuzione, tralasciandosi per esso non solo le misture de" colori,
ma il tempo di meditare le giuste collocazioni delle tinte e di unirle e di fon-
derle insensibilmente. Era anche un tal metodo comune a tutte le scuole, nè
lo sdegnarono i migliori coloritori, come può vedersi in varie opere imperfette,
non solo del Vinci e del Frate in Firenze, ma del Correggio in casa Doria a
Roma, e del Tiziano stesso a Napoli e d'altri grandi altrove : usavasi però
sempre negli abbozzi ne' quali l'attendere ai colori avrebbe diminuito l'atten-
zione al disegno ed alla forza dell' espressione. Se dunque questa copia è di
Marco, come sembra, debbe aver servito per Y esecuzione di quella a olio
della Certosa di Pavia e dell' altra a fresco del convento di Castellazzo.
Vi si osservano teste pesanti e grosse, attitudini impedite, e mani con moti
falsi e senza grazia: difetti che si riconoscono nelle altre opere di questo autore*
Vi si vede il coltello di Pietro e la mano di Tommaso eli egli non trascurò
in nessuna delle sue copie. Nulla v è sulla mensa, ed il poco fondo che vi
si vede, è di architettura fatta a capriccio.
Poche notizie abbiamo di Marco da Oggiono, da altri detto da Uglon, Oglono
e Uggione. Si sa ch'era discepolo del Vinci, e le sue pitture hanno poco merito
oltre quello della sua scuola. Il Cesariano nel suo commento a Vitruvio loda
la maxima et diligente pratica universale eli questo artefice ; ma il Cesariano,
come ognun sa, non è il migliore de critici («). Generalmente l'Oggiono ha
poco disegno , ed il principale suo pregio sta nelle teste, sebbene anche in
queste non sia sempre eguale a sè stesso. Quando vi attese a dovere, è fiero,
di gran rilievo, di forte colorito, comechè alquanto caricato e monotono.
Ripete però sempre le stesse fisionomie copiate dalle migliori teste di Leonardo,
che degrada con baffi prolungati per traverso e con capelli triti , minuti, ora
tendenti al color rosso cupo, ora bianchi argentini che staccano duramente dalle
tinte di carne, vive bensì e calde, ma rustiche sempre e volgari. Nelle figure
de'giovani e delle donne tiene altro sistema, e colorisce spesso assai freddamente
e con salto troppo notabile dai colori che. suol dare alle figure virili o senili.
L'opera sua migliore, se fosse veramente sua, è la Crocifissione che ancora si
conserva nell'antico refettorio della Pace e che porta la data del i5io. Ma io
credo a gran fatica che questa opera possa dirsi di lui, e se si giungesse a
dimostrarlo, bisognerebbe credere più antiche le sue copie del Cenacolo, nelle
quali si vede minor possesso dell'arte. Quantunque poi da alcuni siagli attribuita
tal opera, gli scrittori più autorevoli, cioè il Vasari e il Baldinucci che di lui
citano molte altre cose, nè, se ben mi ricorda, il Lomazzo, non fecero affatto
prima soltanto a chiaro scuro, di che alcuni de" panneggiamenti tuttavia fanno
fede ; il qual metodo monocromatico è sommamente comodo per porre a suo
luogo ogni parte dell'opera che si prende a copiare, permettendo che si ritocchi
in infinito senza pericolo di confusione di tinte. Non è meno opportuno per la
rapidità dell'esecuzione, tralasciandosi per esso non solo le misture de" colori,
ma il tempo di meditare le giuste collocazioni delle tinte e di unirle e di fon-
derle insensibilmente. Era anche un tal metodo comune a tutte le scuole, nè
lo sdegnarono i migliori coloritori, come può vedersi in varie opere imperfette,
non solo del Vinci e del Frate in Firenze, ma del Correggio in casa Doria a
Roma, e del Tiziano stesso a Napoli e d'altri grandi altrove : usavasi però
sempre negli abbozzi ne' quali l'attendere ai colori avrebbe diminuito l'atten-
zione al disegno ed alla forza dell' espressione. Se dunque questa copia è di
Marco, come sembra, debbe aver servito per Y esecuzione di quella a olio
della Certosa di Pavia e dell' altra a fresco del convento di Castellazzo.
Vi si osservano teste pesanti e grosse, attitudini impedite, e mani con moti
falsi e senza grazia: difetti che si riconoscono nelle altre opere di questo autore*
Vi si vede il coltello di Pietro e la mano di Tommaso eli egli non trascurò
in nessuna delle sue copie. Nulla v è sulla mensa, ed il poco fondo che vi
si vede, è di architettura fatta a capriccio.
Poche notizie abbiamo di Marco da Oggiono, da altri detto da Uglon, Oglono
e Uggione. Si sa ch'era discepolo del Vinci, e le sue pitture hanno poco merito
oltre quello della sua scuola. Il Cesariano nel suo commento a Vitruvio loda
la maxima et diligente pratica universale eli questo artefice ; ma il Cesariano,
come ognun sa, non è il migliore de critici («). Generalmente l'Oggiono ha
poco disegno , ed il principale suo pregio sta nelle teste, sebbene anche in
queste non sia sempre eguale a sè stesso. Quando vi attese a dovere, è fiero,
di gran rilievo, di forte colorito, comechè alquanto caricato e monotono.
Ripete però sempre le stesse fisionomie copiate dalle migliori teste di Leonardo,
che degrada con baffi prolungati per traverso e con capelli triti , minuti, ora
tendenti al color rosso cupo, ora bianchi argentini che staccano duramente dalle
tinte di carne, vive bensì e calde, ma rustiche sempre e volgari. Nelle figure
de'giovani e delle donne tiene altro sistema, e colorisce spesso assai freddamente
e con salto troppo notabile dai colori che. suol dare alle figure virili o senili.
L'opera sua migliore, se fosse veramente sua, è la Crocifissione che ancora si
conserva nell'antico refettorio della Pace e che porta la data del i5io. Ma io
credo a gran fatica che questa opera possa dirsi di lui, e se si giungesse a
dimostrarlo, bisognerebbe credere più antiche le sue copie del Cenacolo, nelle
quali si vede minor possesso dell'arte. Quantunque poi da alcuni siagli attribuita
tal opera, gli scrittori più autorevoli, cioè il Vasari e il Baldinucci che di lui
citano molte altre cose, nè, se ben mi ricorda, il Lomazzo, non fecero affatto