— 21 —
parola tophus riguardante solo lo stato della materia, ed attribuito al nostro tufa granulare
più solido.
Neil' istesso modo e per le medesime ragioni io sospetto, che non debbano riferirsi alle
sole concrezioni calcari i vocaboli lapis arenarius e lapis bibulus, i quali da Virgilio, dal suo
commentatore Servio e da S. Isidoro ci vennero trasmessi (1). Cotesti scrittori non spiegano
punto la natura delle rocce , a cui spettano questi nomi ; soltanto le enumerano e le designano
dalle estrinseche loro qualità , indicandone l'uso o negli edifici o nell'agricoltura. Virgilio parla
del lapis bibulus , che da Servio è tradotto in lapis arenarius. S. Isidoro poi annovera l'uno
e V altro tra i materiali da costruzione, dichiarandone alquanto le qualità: Arenarius lapis con-
cretus maris arenis hic et bibulus dicilur : servat enim humorem acceptum. Come tutto il resto
del libro d'Isidoro, così questo passo è una riunione di sentenze d' antichi scrittori forse
non sempre rettamente intese e collegate. Ma checché sia di ciò, egli è evidente, gli epiteti
bibulus ed arenarius ottimamente convenire ai tufi granulari semi-litoidi , poiché da questi
aggiunti sono indicate due qualità principali di quei tufi, la permeabilità cioè alle acque,
e le apparenze d'arena. Per la qual cosa, a mio credere, il lapis arenarius o bibulus , ed il
lapis tophaceus, e quindi tophus sono i nomi latini di quelle rocce granulari poco dissimili
dal lapis ruber. Infatti l'esser coteste pietre annoverate da Vitmvio e da Isidoro fra i materiali
da costruzione ottimamente conviene al tufa granulare semi-litoide. Come anche corrisponde all'es-
perienza l'uso del tophus indicatoci dagli scrittori. Appunto, come sopra ho detto, alle fon-
damenta ed ai luoghi non esposti alle intemperie essi assegnano il tofo. Plinio dice tophus ae-
dificiis inulilis est mortalilate materiae (2). Isidoro poi, secondo il suo metodo, alle medesime
parole aggiunge fundamentis aptus . ... ex aestu enim et halitu maris feritur et verberatur
imbribus. Queste ultime parole d'Isidoro sono tolte quasi di pianta da quelle di Vitruvio (3).
Con tanta diligenza ho esaminato le appellazioni del tufa granulare semi-litoide per giun-
gere a rintracciare anche quella del tufa granulare terroso e poco arido ; ma per quanto
scrupolosamente abbia studiato negli scrittori non ho potuto rinvenirlo. Mancava forse una
parola ad indicarlo, od il niun uso della materia fu cagione, che non le sia stato attribuito
un vocabolo tecnico ? Seppero gli antichi chiamar lapis ruber e saxum quadralum il vero tufa
litoide: al tufa granulare, da me detto semi-litoide, assegnarono il nome di lapis tophaceus, forse
un altro grado del medesimo era detto lapis arenarius; seguiva il tophus chiaramente descritto, e dopo
questo passiamo di salto all' arena, cioè al nostro tufa friabile buono per pozzolana. Fra il
tophus e Y arena la gradazione naturale delle parole istesse dagli antichi adoperate portava, a
mio credere, il tophus arenarius, appellazione che ottimamente sarebbe convenuta al tufa gra-
nulare , terroso e poco arido. Pure questa denominazione non trovo in verun luogo, anzi
invece rinvengo una testimonianza positiva del niun uso fatto di quel tufa. Imperocché non
essendo neppure da discutere, se avessero potuto gli antichi tenerlo in conto di pietra, chiaramente
l'esclude Vitruvio dall' uso d' arena. De arena quaerendum, ut ea sit idonea ad materiam mi-
scendam neque habeat terram commixtam; e poco appresso" torna a raccomandarlo dicendo: quae
autem terrosa fuerit, non habebit asperitatem.
Dopo distinte e classificate le rocce vulcaniche, dovrei spiegare le giaciture e gl'intrecci
dei loro banchi. Ma poiché questo tèma non ha una importanza applicabile alla ricerca ge-
nerica dell' origine delle catacombe , la trattazione ne dovrà essere rimessa ai casi speciali,
che la richiederanno. Chiuderò il mio quadro geologico col mostrare un altro ordine di for-
[tf. Virg. Georg. 11, v. 348, S. Isidorus, Etimolog. Lib. XIX 9. ed. Arevali T. IV", p. 431.
(2) PIta. Hist. nat. 36, 22, 48.
(3) Isid. 1. e.
parola tophus riguardante solo lo stato della materia, ed attribuito al nostro tufa granulare
più solido.
Neil' istesso modo e per le medesime ragioni io sospetto, che non debbano riferirsi alle
sole concrezioni calcari i vocaboli lapis arenarius e lapis bibulus, i quali da Virgilio, dal suo
commentatore Servio e da S. Isidoro ci vennero trasmessi (1). Cotesti scrittori non spiegano
punto la natura delle rocce , a cui spettano questi nomi ; soltanto le enumerano e le designano
dalle estrinseche loro qualità , indicandone l'uso o negli edifici o nell'agricoltura. Virgilio parla
del lapis bibulus , che da Servio è tradotto in lapis arenarius. S. Isidoro poi annovera l'uno
e V altro tra i materiali da costruzione, dichiarandone alquanto le qualità: Arenarius lapis con-
cretus maris arenis hic et bibulus dicilur : servat enim humorem acceptum. Come tutto il resto
del libro d'Isidoro, così questo passo è una riunione di sentenze d' antichi scrittori forse
non sempre rettamente intese e collegate. Ma checché sia di ciò, egli è evidente, gli epiteti
bibulus ed arenarius ottimamente convenire ai tufi granulari semi-litoidi , poiché da questi
aggiunti sono indicate due qualità principali di quei tufi, la permeabilità cioè alle acque,
e le apparenze d'arena. Per la qual cosa, a mio credere, il lapis arenarius o bibulus , ed il
lapis tophaceus, e quindi tophus sono i nomi latini di quelle rocce granulari poco dissimili
dal lapis ruber. Infatti l'esser coteste pietre annoverate da Vitmvio e da Isidoro fra i materiali
da costruzione ottimamente conviene al tufa granulare semi-litoide. Come anche corrisponde all'es-
perienza l'uso del tophus indicatoci dagli scrittori. Appunto, come sopra ho detto, alle fon-
damenta ed ai luoghi non esposti alle intemperie essi assegnano il tofo. Plinio dice tophus ae-
dificiis inulilis est mortalilate materiae (2). Isidoro poi, secondo il suo metodo, alle medesime
parole aggiunge fundamentis aptus . ... ex aestu enim et halitu maris feritur et verberatur
imbribus. Queste ultime parole d'Isidoro sono tolte quasi di pianta da quelle di Vitruvio (3).
Con tanta diligenza ho esaminato le appellazioni del tufa granulare semi-litoide per giun-
gere a rintracciare anche quella del tufa granulare terroso e poco arido ; ma per quanto
scrupolosamente abbia studiato negli scrittori non ho potuto rinvenirlo. Mancava forse una
parola ad indicarlo, od il niun uso della materia fu cagione, che non le sia stato attribuito
un vocabolo tecnico ? Seppero gli antichi chiamar lapis ruber e saxum quadralum il vero tufa
litoide: al tufa granulare, da me detto semi-litoide, assegnarono il nome di lapis tophaceus, forse
un altro grado del medesimo era detto lapis arenarius; seguiva il tophus chiaramente descritto, e dopo
questo passiamo di salto all' arena, cioè al nostro tufa friabile buono per pozzolana. Fra il
tophus e Y arena la gradazione naturale delle parole istesse dagli antichi adoperate portava, a
mio credere, il tophus arenarius, appellazione che ottimamente sarebbe convenuta al tufa gra-
nulare , terroso e poco arido. Pure questa denominazione non trovo in verun luogo, anzi
invece rinvengo una testimonianza positiva del niun uso fatto di quel tufa. Imperocché non
essendo neppure da discutere, se avessero potuto gli antichi tenerlo in conto di pietra, chiaramente
l'esclude Vitruvio dall' uso d' arena. De arena quaerendum, ut ea sit idonea ad materiam mi-
scendam neque habeat terram commixtam; e poco appresso" torna a raccomandarlo dicendo: quae
autem terrosa fuerit, non habebit asperitatem.
Dopo distinte e classificate le rocce vulcaniche, dovrei spiegare le giaciture e gl'intrecci
dei loro banchi. Ma poiché questo tèma non ha una importanza applicabile alla ricerca ge-
nerica dell' origine delle catacombe , la trattazione ne dovrà essere rimessa ai casi speciali,
che la richiederanno. Chiuderò il mio quadro geologico col mostrare un altro ordine di for-
[tf. Virg. Georg. 11, v. 348, S. Isidorus, Etimolog. Lib. XIX 9. ed. Arevali T. IV", p. 431.
(2) PIta. Hist. nat. 36, 22, 48.
(3) Isid. 1. e.