98 LE GALLERIE ITALIANE
Più che per la composizione, Macrino è lodato per il colore; e invero
la sua tavolozza è molto intensa, e, quantunque non possegga un'alta e
fine armonia, non v'è mai pericolo che egli esca fuori di chiave; e sì
che i suoi colori non abbassano la voce! E inutile indugiarci sulla for-
mazione di quella tavolozza, avendo già esposte le nostre idee sugl'in-
flussi che la pittura lombarda, la toscana e la veneziana esercitarono su
Macrino: questi tre nomi bastano di per sè a determinare l'iride di un
pittore. Dovremo dire però che i pochi biografi del Nostro hanno ripe-
tuto fedelmente le lodi dategli dal Piacenza e dal Lanzi, il primo dei
quali cita le seguenti parole recitate in Alba nel 1659 dal padre maestro
Francesco Maria Ferragatta: « Vedesi fra gli altri (personaggi illustri
d'Alba) singolarissimo un Macrino, Apelle della sua età, Zeusi del suo
secolo, che, animando con i colori le tele, seppe nel dar vita a figure morte
rendere sè stesso immortale, »
Non Apelle, non Zeusi, ma certo buon disegnatore, buon colorista,
buon assimilatore, non digiuno di nozioni prospettiche e non povero di
elementi accessori fu Macrino, al quale mancò solo la varietà espressiva.
Tutte le sue figure esprimono la stessa modestia devota, anche untuosa,
senza pianto e senza riso; e non lo si scusi allegando che quei perso-
naggi, essendo tutti santi, dovevano tutti esprimere uno stato d'animo
celestiale; si guardi il concerto di Santa Cecilia di Raffaello, e dicasi se
dal meditabondo San Paolo alla estatica Cecilia manchi unità di stato
d'animo o diversità nel modo di manifestarlo. Del resto, nell'aureo tempo,
gli artisti non ebbero si poca dimestichezza col cielo da non osare di
popolarlo con le proprie passioni ; e se gli angeli di Macrino non volano,
e se i santi di Macrino non esprimono possenti affetti, ciò significa solo
che la sua fantasia non ebbe vere ali, e la sua arte non ebbe anima vera.
Ugo Fleres.
Più che per la composizione, Macrino è lodato per il colore; e invero
la sua tavolozza è molto intensa, e, quantunque non possegga un'alta e
fine armonia, non v'è mai pericolo che egli esca fuori di chiave; e sì
che i suoi colori non abbassano la voce! E inutile indugiarci sulla for-
mazione di quella tavolozza, avendo già esposte le nostre idee sugl'in-
flussi che la pittura lombarda, la toscana e la veneziana esercitarono su
Macrino: questi tre nomi bastano di per sè a determinare l'iride di un
pittore. Dovremo dire però che i pochi biografi del Nostro hanno ripe-
tuto fedelmente le lodi dategli dal Piacenza e dal Lanzi, il primo dei
quali cita le seguenti parole recitate in Alba nel 1659 dal padre maestro
Francesco Maria Ferragatta: « Vedesi fra gli altri (personaggi illustri
d'Alba) singolarissimo un Macrino, Apelle della sua età, Zeusi del suo
secolo, che, animando con i colori le tele, seppe nel dar vita a figure morte
rendere sè stesso immortale, »
Non Apelle, non Zeusi, ma certo buon disegnatore, buon colorista,
buon assimilatore, non digiuno di nozioni prospettiche e non povero di
elementi accessori fu Macrino, al quale mancò solo la varietà espressiva.
Tutte le sue figure esprimono la stessa modestia devota, anche untuosa,
senza pianto e senza riso; e non lo si scusi allegando che quei perso-
naggi, essendo tutti santi, dovevano tutti esprimere uno stato d'animo
celestiale; si guardi il concerto di Santa Cecilia di Raffaello, e dicasi se
dal meditabondo San Paolo alla estatica Cecilia manchi unità di stato
d'animo o diversità nel modo di manifestarlo. Del resto, nell'aureo tempo,
gli artisti non ebbero si poca dimestichezza col cielo da non osare di
popolarlo con le proprie passioni ; e se gli angeli di Macrino non volano,
e se i santi di Macrino non esprimono possenti affetti, ciò significa solo
che la sua fantasia non ebbe vere ali, e la sua arte non ebbe anima vera.
Ugo Fleres.