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Le Gallerie nazionali italiane: notizie e documenti — 3.1895-1896

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Le Gallerie Italiane
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Cipolla, Carlo: Museo nazionale di Ravenna: il velo di Classe
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https://doi.org/10.11588/diglit.17328#0279
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MUSEO NAZIONALE DI RA VENNA 249

a ciò, non è chi non sappia, come anche oggidì la messa non si può
celebrare se non che sulle reliquie dei santi. 1

E la discussione è finita, per mio conto, poiché non posso spingere
le ipotesi più avanti, con arditezza maggiore. E concludo : le fascie di
Classe formavano la cornice di un velo d'altare fatto eseguire da un
vescovo, che volle ricordare i suoi predecessori, ma intese soprattutto
onorare i santi Fermo e Rustico : probabilmente quel velo era destinato
all'altare o alla tomba dei medesimi martiri: il velo, sia per il contenuto
storico delle sue rappresentanze, sia per i caratteri delle sue leggende,
ha relazione coi versus de Verona. Non è imprudente fissarne l'epoca
alla prima metà del TX secolo. Se si suppone che le tenie ravennati
appartenessero proprio al lavoro fatto eseguire da Sant'Annone per rico-
prire la tomba dei due santi martiri, facilmente si può spiegare il motivo
per il quale la pianeta di Classe fosse conservata fra le reliquie. 2

Carlo Cipolla.

1 Sulla relazione fra gli altari e i sepolcri dei martiri nella liturgia postcostantiniana,
veggasi V. Schultze, Archàologie d. altchristlichen Kunst, Mùnchen, 1895, pag. 119.

2 Verso il principio del capo IV, dove discorro delle iscrizioni dell'età gotica, potrei
ora citare l'utilissima opera di V. Forcella, e di E. Seletti {Iscrizioni cristiane in Mi-
lano anteriori al IX secolo, Codogno, tip. Coirò, 1897) che uscì dopo che questo mio
articolo era già stampato. Ivi si dànno i facsimili di tutte le numerose iscrizioni mi-
lanesi esistenti per quella età, che intercede fra l'epoca classica, e il risorgimento ca-
rolingico, e di qui avrei potuto ricavare numerosi dati a conferma delle mie asserzioni.
Infatti le solite note caratteristiche della successiva trasformazione delle lettere si trovano
molto chiare, e la molteplicità degli esempi permette di seguire abbastanza dappresso
questo progressivo trapasso. Per la ristrettezza dello spazio concessomi, mi limito a no-
tare la E colle tre aste orizzontali di breve lunghezza, ed eguali fra loro, la Q coll'a-
pice interno (n. 204), la G ricciuta (n. 49, 74, 118 ecc.), il n. 136 (che gli editori sospettano,
non so per qual motivo del secolo vili ex.) presenta notevoli rassomiglianze colla iscri-
zione di Evols.

Quello che osservai sul carattere delle iscrizioni milanesi di Pippino, di Lodovico II
imperatore, del vescovo Ansperto, ecc., si può notare anche nella lunga leggenda del
paliotto di Angilberto, del quale tacqui perchè non aveva sott'occhio se non che il
facsimile mal riuscito del Ferrario. Ma ora posso citare la fotografia riprodotta da
C. Romussi (Sant'Ambrogio, il tempo, l'uomo, la basilica, Milano, 1897, p. 72, tav. 9).
E una riduzione a proporzioni molto piccole, ma pur serve a dimostrare che le lettere
presentano le note caratteristiche del tipo classico, riprodotto, se così vuoisi, molto
imperfettamente. Nella tavola del Ferrario le lettere avevano assunto forme moderne.

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