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CODICE CAMBRICENSE

PROEMIO

IL

'no e il Codice della Libreria Corpus Christi di Cam-
bridge, nel catalogo di Wanley al n° CCLXXXVI, dal quale
ho tratto le pitture che do in questa tavola.

Molto verisimile, per non dir certa, è la opinione che sia
questo uno dei moltissimi codici (plurimos coiices), i quali
sappiamo dal venerabile Beda, che furono mandati nel 601
a S. Agostino apostolo degl' Inglesi dal santo Papa Grego-
rio Magno (H. Eccl. 1. I, e. 29).

Il Wanley arreca in prova alcune note che si leggono al
principio dell'Evangelo di S. Marco e in fine del Codice, dalle
quali risulta che dall' anno 844 al 949 questo Codice trova-
vasi nel monistero di S. Agostino in Cantuaria (Cantorbery) :
e inoltre che la pergamena, il colore dell'inchiostro e il carat-
tere non hanno niente di comune coi libri, che consta essere
stati scritti in Inghilterra (Catalog. librar, septentrion., Ox-
ford, 1705, p. 15 1): De hoc autem Codice notandum est eum
ab aliis antiquissimis Codicibus, quos in Anglici scriptos esse
constai, cum quoad membranarum faciem, timi quoad
atramenti colorem, tum denique literarum ductum, maxime
differre: e a pagina 173, parlando di questo Codice medesimo
e di altro Codice non figurato, dice: Quid ni ego affirmem
utrumque Codicem, lume in Bibliotheca Bodleiana, quae
est Oxoniae, illuni iconibus historicis ornatum in Bibl.
OC CC (= Collegii Corporis Christi Cambricensi) esse
antiquissimos istos canitie sua venerandos, quos in Ecclesiae
Anglo-Saxonicae incunabulìs mittendos curavit B. Papa
Gregorius.

A questi argomenti si attenne il Westwood quando nella
parte VII della Palaeographia Sacra pictoria, pubblicò
l'imagine di S. Luca e i quattro quadri tratti e scelti dalla
istoria della Passione che è dipinta sul dritto della perga-
mena medesima. Dietro l'iniziativa del Westwood, Giacomo
Goodwin die alle stampe nel 1847 una istoria ed illustrazione
dei due Codici CCLXXXVI e CXCVII, attribuiti all'epoca
di S. Gregorio Magno, e pubblicò nella tavola settima l'in-
tero dipinto delle scene predette della Passione (Evangelia
Augustini Gregoriana, an historical and illustrative descri-
ption of the mss. n" CCLXXXVI and CXCVII etc. Cam-
bridge, 1847). Ma questa edizione non poteva giovar molto a
far apprezzare l'antico disegno, e però io dimandai ed ottenni
dalla cortesia del mio collega sig. Lewis una buona fotografia
che do qui incisa. Il Westwood, le cui parole leggo presso
il Goodwill (pag. 7), stima che questi dipinti siano i più
antichi esempii di iconografia cristiana romana che si ab-
biano da'codici, e che si debbano collocare subito dopo il
Greco Pentateuco di Vienna da lui assegnato al secol IV,
col quale va congiunta una pagina dell' Evangelo greco di
S. Luca, contenente in miniatura i quattro Evangelisti. Ho
già avvertito a suo luogo che quella pergamena dell'Evan-
gelio di S. Luca, veduta da me in Vienna, non ha pittura
veruna, come aveva già avvertito il De Nessel. Ma qui
aggiungo che l'iconografia latina ha un esempio più vetusto
nel Codice di Montamiata (tav. 126).

Del resto a fin di formarsi un giusto concetto dell'arte
è d'uopo considerare, che la invenzione e la composizione

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