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Museo italiano di antichità classica — 1.1884/​85

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Milani, Luigi Adriano: I frontoni di un tempio tuscanico scoperti in Luni
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https://doi.org/10.11588/diglit.9011#0103
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- 92 -

e altri dei, ») quanto per la circostanza della men-
zione che ne vien fatta, non sono molto lungi dal-
l'immaginarmeli quasi come una specie di quadro
fittile in altissimo rilievo, trattato liberamente allo
stecco alla maniera delle tavole del culto in ter-
racotta, che nel moderno rinascimento toscano ri-
misero in onore i Robbia. D'altra parte invece i
gruppi di terracotta (ayalfiata ex ÒTttfjQ yi^g) raP"
presentanti Teseo che gettava in mare Skyrone,
e Aurora recante Cefalo, che il medesimo autore
vide sulla axoà ^aaCXsiog di Atene, possiamo figu-
rarceli come due acroterì appunto, di cui uno potè
perfettamente corrispondere nel concetto con quello
rinvenuto a Cere di fresco pubblicato.5)

Comunque sia di ciò, è indubitato che se l'arte
plastica monumentale ebbe a perdere assai presto
in Grecia la sua entità propria, e presto dovette
ridursi ad una mera arte preparatoria ed ausiliare
della statuaria,3) questo accadde per necessaria
conseguenza dell'uso ivi generalizzatosi fin dal VII
sec. a. C. di costrurre i templi e i sacri edilìzi tutti
in pietra, con scolture ornamentali in marmo (acro-
terì, frontoni, metopi) e tutt' al più con semplici in-
crostazioni fittili policrome.1) L'opposto avveniva
in Etruria dove sappiamo essere stata in uso fino
ad epoca tardissima la costruzione in legno,s) per
la quale non poteva adottarsi altrimenti un so-
praccarico ornamentale in altra materia che in ter-
racotta (plastice), o in bronzo vuoto {statuaria,
scalptura). L'Etruria era anticamente folta di
piante d'alto fusto e selvaggia a tal segno da es-
sere impraticabile al nemico assai più per causa

») Tale soggetto potrebbesi riconoscere nella terracotta
di fregio edita da Campana, Antiche opere in plastica, I,
tav. XXIX, spiegata comunemente con Icario che riceve
Dionysos.

2) Furtwàngler 1. c. taf. 15, p. 351 sqq., il quale lo
mette in riscontro con un analogo acroterio marmoreo
scopertosi in Delo e con un'anteflssa di terracotta scoperta
a Curti presso Capua.

») Cfr. Plinio XXXIV, 46; XXXV, 153, Tertulliano
Apol. 12; adv. Nat. 1, 12 e specialmente Dicearco nel luogo
corretto dal Paciaudi citato dal Fea (Winckelmann, St.
dell'Art, del dis. I, p. 22 nota 1), dove si accenna ai mo-
delli in creta (argillacea exemplaria) che si esponevano
dagli scultori ateniesi nei giorni festivi.

4) Pausania fa menzione d'un solo tempio antichissimo
in legno sussistente ancora ai suoi giorni, il tempio di
Posidone-Hyppios presso Mantinea VIII, 10, 2.

s) V. Semper, Ber SUI, 2a ed. II, p. 262 sqq.

6) Ce ne fa sufficiente testimonianza la famosa foresta
Ciminia, considerata dai Eomani come le colonne d'Ercole
fra l'Etruria centrale e la valle del Tevere, e comparata

delle sue immense foreste che per la configura-
zione del suolo : °) onde non è meraviglia che ivi,
come nell'odierna Svizzera, fosse sempre durato
l'uso delle costruzioni in legno, specie per gli edi-
fìci sacri, dove l'augure faceva da architetto con
rito immutabile. E la prova più patente che in
Etruria i templi si fossero sempre costrutti quasi
interamente in legno, l'abbiamo nel fatto stesso
che non una colonna retta sul suolo si potrebbe
oggi citare come testimone d'un tempio etrusco
fra tante rovine di città distrutte. Si capisce per-
tanto come l'arte di modellare l'argilla, così stret-
tamente connessa con l'arte di fabbricare in legno,
dovesse più che altrove trovare in Etruria una
larga via di sviluppo, e qui ricevesse infatti quella
elaborazione massima lodata da Plinio ;7) tanto
da far credere a Taziano e a Clemente d'Ales-
sandria che gli Etruschi fossero essi stati gl'in-
ventori della plastica.8) Anche Plinio riferendosi
ai simulacri fìttili tuscanici dispersi per ogni dove
nell'universa terra, si stupisce e non sa tampoco
rendersi conto, che, mentre era sì antica l'origine
della statuaria in marmo o bronzo, in Italia si
fosse tanto a lungo durato a fare i simulacri del
culto in legno e in terracotta;9) ma noi rendendo-
cene tale ragione non possiamo certo condividere
con lui il suo stupore. — Oggi d'altronde non sono
le sole testimonianze degli antichi scrittori che
dobbiamo interrogare, avendo dinanzi a noi le im-
magini delle divinità e le stesse scolture trovate
per ogni parte a Roma ed in Etruria. Pure, da-
vanti al celebre Mercurio di Tivoli10) e alle altre

da Livio alle selvaggie ed orride foreste della Germania
(Liv. IX, 36 in cfr. con Floro I, 17).

7) X. H. XXXV, 45,157 : Elaboratam nane artem (piasti -
cem) Italiae et maxume Etruriae. Una metope trovata a
Pesto riferita al II sec. a. C. (Ann. Ist. 1881, tav. d'agg. D
p. 88) c' instruisce come fosse praticata la plastica monu-
mentale nell'Italia meridionale. Forse dalle metopi dei
templi dorici derivarono tutti quei fregi in terracotta a
scene staccate (terrecotte campane) venuti in voga per
la decorazione murale a Poma, nella Campania, e in Etru-
ria nel I sec. a. C.

s) Taziano, Adv. Or. I, p. 4; Clem. d'Ales. Strom. 1,16, 75.

») N. H. XXXIV, 16 in cfr. con Livio XXXIV, 4, 4. An-
cora al tempo di Varrone l'arte plastica, come arte in Italia
particolarmente consacrata al culto, era tenuta in tanto
pregio che il ricchissimo Lucullo e Giulio Cesare fecero
fare in terracotta al greco Arcesilao, quegli l'immagine
della Felicità, questi quella di Venere Genitrice, (cfr. Plin.
X. H. XXXV, 45).

»«) Mas. Greg. Vat. tav. LI. Grifi, Mon. di Cei-e Antica
(frontespizio).
 
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