Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

Museo italiano di antichità classica — 1.1884/​85

DOI Artikel:
Milani, Luigi Adriano: I frontoni di un tempio tuscanico scoperti in Luni
DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.9011#0111
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
- 100 -

col pezzo successivo esibente il piede d. del nume
sporge 0,20, e nel punto in cui si congiungeva
col torace, 0,26. All'altezza del torace, ossia al-
l'anca, finiva il fondo del rilievo, onde, come ac-
cade di vedere anche nell'Artemis (fig. 2), dall'anca
in su il corpo si trovava liberato dal fondo, più
che mai sporgente, e quindi lavorato davanti e
di dietro come una statua vera e propria. La ro-
tella del ginocchio e i muscoli della coscia sono
resi con uno studio anatomico diligentissimo, e la
gamba si muove che par quasi viva. Le gambe
poi, dovendo sopportare il peso della parte supe-
riore del corpo, poggiavano sopra un fondo piano
pertugiato fatto in modo da potersi applicare ed
assicurare al timpano con uno sporto di legno
uscente dal pertugio ; e sotto la coscia d. c' è in
oltre un foro rettangolare, il quale deve aver ser-
vito per qualche sbarra di rinforzo.

Codesta mirabile figura per il suo stile gran-
dioso, per le proporzioni sue superiori a quelle di
tutte le altre e corrispondenti con quelle del Giove
nell'altro frontone, e per il suo alto sporgere dal
fondo non è dubbio che avesse occupato il cen-
tro del timpano. Veniva fuori tutta quanta nel
bel mezzo con un movimento concitato, tenendo
l'arco nella s., la clamide ravvolta intorno alle
braccia, e atteggiando l'espressione del volto a
nobilissimo sdegno; talché, se pure non si fosse
trovata a Luni insieme coi Niobidi, non avremmo
potuto esitare a spiegarla come s'è fatto. L'arte-

f) Per la testa si è dovuto aiutare con un nucleo so-
lido di gesso, il quale ora noi vediamo in grazia della
frattura. La testa di Giunone (Frontone A, fig. 2, fr. a) potè
farla invece senza l'aiuto di questo nucleo.

a) Apollo vindice di Latona nella strage dei Mobidi nel
motivo artistico del nostro Apollo si trova già introdotto in
un vaso italiota del principio del sec. Ili (v. sopra p.99 n. 3) ;
mentre nei vasi attici del sec. IV è sempre rappresentato
in atto di scoccare le frecce (cfr. il bellissimo kratere ul-
timamente trovato in Orvieto edito da Eobert, Mon. Ist. XI,
tav. XL, e gli altri vasi citati da Stark, Niobe, p. 150 sqq.
fra i quali occupa un posto eminente la kylix di Vulci
edita da Heydemann, Berichte d. sàchs. Gesellsch. ecc. 1875,
taf. III). Ciò non esclude però l'origine attica del nostro
tipo, il quale, nella bocca semiaperta, nel mento, nell'ac-
conciatura dei capelli, e nella stessa movenza presenta
anzi dei punti di contatto rilevantissimi con un tipo ate-
niese preso in considerazione dal Kekule (Mitheil. d. Ardi.
Inst. in Athen I, p. 177 sqq. taf. VIII-X) e di nuovo dal
Benndorf {Ann. Ist. 1880, p. 196 sqq., Mon. Ist. XI, tav. XVI,
n. 1, 2). E come il Kekule trovava in quel tipo ateniese
(Apollo di Cassel) delle consonanze con l'Apollo del teatro
di Dionysos in Atene (Apollo sull'omfalo), e con l'Apollo

fice che la modellò per il nostro frontone ebbe poi
a risolvere un doppio problema per rappresentarla
così in un rilievo di terracotta; ma le difficoltà
tecniche furono superate con l'istesso ardimento,
col quale fu da lui copiata a mano libera o forse
tradotta l'opera d'arte originale. ') E che l'opera
originale fosse attica, e della fine del IV sec. a. C.
o del principio del III si può quasi dire senza
tema di errare.2)

Riguardo al colore va infine osservato che le
parti nude del corpo, erano miniate sopra una
ammannitura bianca atta a smorzare la tinta del
minio e, sotto i raggi del sole, ridurla al color na-
turale della carne. I capelli sembra fossero biondi
e gli occhi vermigli.

2. Artemis gradiva

Due frammenti congiungibili (a, b), ed uno stac-
cato (c).

I due frammenti congiungibili si compongono
a formare, dalla spalla s. al ginocchio d., quasi
tutta la figura di un'Artemis gradiva simile alla
statua del Museo di Napoli (Clarac, IV, pi. 570 B,
n. 122-1 c), simile all'Artemis che saetta i Nio-
bidi nel sarcofago Casali del Museo Pio dementino
(VI, 17= Millin, Gali. Myth. CXLI, 516) e nel cor-
rispondente sarcofago del Museo di Monaco (Stark,
Niobe u. die Niobiden, taf. IV).

II fr. a offre il lato s. del suo petto coperto da

in riposo di Pompei, da lui riferito all' indirizzo arcaistico
di Pasitele (Die Gruppen d. Kiinstl. Menelaos, p. 21 sqq.),
cosi noi troviamo divenire la relazione di quei tipi assai
più stretta mettendo nell'intermezzo il nostro Apollo,
l'Apollo saettante di Pompei e la cosidetta Afrodite di
Armenia (Arch. Zeit. 1878, taf. 20 e Eayet, Mon. de l'art
antique, livr. V, 1883), la quale ora non si può più dubi-
tare che sia un Apollo (cfr. Benndorf, o. c. p. 205. not. 2).
Lasciata da un canto la varia espressione di questi tipi,
inerente allo scopo cui servirono, o come simulacri del
culto o come immagini del nume in una libera composi-
zione artistica; e tenuto conto invece del cambiamento
stilistico che hanno dovuto subire col tempo, la loro figlia-
zione o cognazione artistica verrebbe giù in questa scala :
Apollo sull'onqihalos (fine del VI sec); Apollo di Cassel ecc.
(V sec); Apollo ^or^QÓ^uiog di Luni (4/, IV-III sec.) con
un precedente riferibile a Scopa o a Prassitele IV sec. (?);
Apollo di Armenia (?) (V2 III-II sec); Apollo saettante
di Pompei (II sec); Apollo in riposo di Pompei (I sec).
L'Apollo saettante di Pompei già messo giustamente in
rapporto coi Niobidi (cfr. Welcker. Alt. Denkm. I. p. 255,
n. 35 e Friederich, Bausteine, p. 517 sqq.) nell'espressione
si accosta più d'ogni altro al nostro.
 
Annotationen