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DEGLI SCAVI DI ANTICHITÀ NEL TERRITORIO FALISCO

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corredi funebri, ad un solo ordine di tombe gli studi
medesimi rimarrebbero limitati. Per contrario, se si
considerano gli utensili o gli oggetti della seconda ca-
tegoria, la cosa è ben diversa; perciocché, eccettuati
gli oggetti in rame ed in bronzo, che talvolta furono
sottratti, in tutte le tombe, da quello di forma più
semplice e primitiva a quelle di grande architettura,
abbiamo costantemente i vasi fittili, o interi o fram-
mentati. Li abbiamo persino nelle tombe che più delle
altre prescindono dagli accessori, cioè nelle tombe a
pozzo di tipo più antico, essendo quivi quasi sempre
fittile il vaso adoperato per contenere gli avanzi del
rogo.

Diremo adunque dei fittili, e ne diremo con la guida
delle nozioni che dalla pratica dell'arte potemmo at-
tingere. Ciò facciamo assai volentieri, perchè più volte
avemmo occasione di osservare che il difetto delle no-
zioni della tecnica fu causa di errori vari nella trat-
tazione del soggetto nostro (').

Non già che io abbia in animo di comporre un
trattato che valga per la conoscenza piena di tutta la
ceramica antica. Mi terrò soltanto a ciò che serve pel
soggetto nostro, il quale si riferisce ai fittili scoperti
nei sepolcreti della valle del Treia, nel territorio fa-
riseo ; e sarò assai soddisfatto se questo lavoro, oltre a
facilitare il nostro catalogo, potrà facilitare lo studio
dei fittili delle altre necropoli della bassa Etruria e
del Lazio. E la mia soddisfazione sarà molto mag-
giore se, rimanendo sempre nei limiti del nostro sog-
getto, potrò concorrere a quel fine a cui sessantadue

anni fa mirava il Duca di Luynes, scrivendo il suo
articolo sulla ceramica antica (Annali 1832, p. 138,
n. 1), al fine cioè d'établir une //teorie raisonnable^
fonde:' sur V ex fé rie ne e, ci que chaque savant pùt
vérifier lui-méme dans leu Musées a sa portée.

Quindi, secondo l'esempio dato dallo stesso De Luy-
nes, chiedo venia se non mi diffonderò nelle numerose
citazioni che sovente distolgono da quel termine a cui
è mestieri direttamente giungere.

I fittili, considerati a seconda del colore della
loro superficie, si dividono in varie classi. Abbiamo
un vasellame nero, un vasellame rosso, uno bianca-
stro, uno gialliccio. Ma una divisione che proceda
con questo solo criterio, che vediamo quasi sempre ac-
cettato, non regge, poiché nella stessa classe entrereb-
bero oggetti ottenuti con procedimenti tecnici diver-
sissimi, riferibili a genti diverse, e fatti in età assai
lontane tra loro. Un vaso di tipo Villanova, proprio
delle tombe a pozzo del periodo più antico, talvolta
per la bella copertura nera e lucida onde è rivestito,
non differisce dall' anfora di bucchero sottile, che
trovasi accompagnata coi vasi precorinzì nelle tombe
a camera del VII secolo avanti Cristo. Eppure il pro-
cedimento tecnico con cui il primo vaso fu fatto, diffe-
risce totalmente dal procedimento con cui fu fatto il
secondo ; e tra l'uno e l'altro corsero secoli.

Nè giovano le suddivisioni basate sopra altre qua-
lità, che, essendo comuni a due prodotti ceramici, i quali
abbiano il colore medesimo, dipendano poi da proce-

(') Fr. Lenorinant, dopo avere deplorato che fossero state
troppo neglette le questioni tecniche intorno alla fabbricazione
dei vasi greci, ricordò che uno solo ai tempi nostri, il Duca di
Luynes, riuniva in sè, ed in modo perfetto, queste due doti: la
erudizione letteraria e monumentale ; in secondo luogo la cono-
scenza pratica dei procedimenti tecnici dell'industria. Ma gli
studi di lui essendosi riconosciuti incompleti, e non essendosi
tenuto conto di ciò che per colmare le lacune scrissero due
uomini veramente competentissimi, il Brongniart ed il Salvétat,
egli stesso il Lenormant fece un riassunto della questione, li-
mitandosi unicamente alla tecnica dei vasi greci dipinti (cfr. Le
Mméon, Revue Internationale. Louvain, Ch. Peeters, 1882,1.1,
n 3, p. 32G sg.). A dire il vero nò questo lavoro del Lenormant
nò l'altro che egli pubblicò nell'anno stesso, sotto il titolo: La
Céramique des anciens et ses caractères généraux du point de
vue tee/inique (cfr. L'art, Revue hebdomadaire illustrée, Vili
année, t. II, 9 avril 1882, n. 380) portarono quel contributo
di fatti coi quali la stessa questione dei vasi greci dipinti si
potesse oggi trattare in modo completo. Ciò ò dimostrato dalla

recente opera del dott. E. Wilisch, che si intitola: Die allko-
rinthische Thonindustrie (Leipzig, Seemann 1892), e che ci
offre l'ultima prova della incertezza con cui bisogna spesso pro-
cedere, senza la guida che può esserci data dallo studio sopra
la tecnica dell'industria. I)el resto la mancanza di sussidi
che possono trarsi soltanto da studi speciali sulla tecnica ò
riconosciuta dallo stesso Blùmner, a cui dobbiamo il lavoro
più reputato che sopra questo argomento oggi possa citarsi
(Technologie und Terminologie der Gewerbe und Kùnste
bei Griechen und Rómern, II, Leipzig, 1879, p. 1-139). Nè a
questa mancanza fu provveduto in questi ultimi quindici anni,
ossia dal tempo in cui il lavoro del Blumner fu edito; tanto è
ciò vero che il ch. P. Jumot, pubblicando ora il suo articolo
sulla figulina antica nel diciottesimo fascicolo del Dictionnaire
des antiquités grecques et romaines dei signori Daromberg e
Saglio (IV, p. 2018-203C), non credette potersi offrire agli studiosi
niente che fosse meglio di quanto lo stesso Blumner avea detto;
che anzi no espose la materia con l'ordine medesimo, e soventi'
traducendone le stesse parole.
 
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