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sopra dn busto colossale d'alessandro magno trovato a ptolemais

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tamento della capigliatura e la conformazione degli
occhi. I lunghi ricci sono nel busto precisamente cir-
coscritti e disposti con grande chiarezza, ma poco ese-
guiti nei particolari, il quale trattamento essenzial-
mente si differenzia dal fare più minuzioso e dallo
svolgimento meno organico che si osservano nel fregio.

Per ciò poi che riguarda la conformazione degli
occhi, è noto che gli scultori del IV secolo general-
mente appianavano l'orbita sul posto, dove dovrebbe
trovarsi l'iride. Anche di questa conformazione il bu-
sto di Ptolemais appalesa il riflesso almeno per l'occhio
destro. Come si riconosce dalla veduta di profilo, ri-
prodotta sulla nostra tavola I, l'orbita nel centro
apparisce leggermente appianata. Sul fregio di Per-
gamo invece le orbite degli occhi mostrano già la
forma inarcata che loro è propria in natura e la quale
regolarmente veniva adoperata dalla plastica greco-ro-
mana, se questa non era determinata da modelli ante-
riori (>).

Oltre a ciò lo stile del busto di Ptolemais trova
le analogie più stringenti in tipi che datano dal prin-
cipio del periodo ellenistico. Siccome la maggioranza
dei ritratti in marmo che ci sono conservati di per-
sonaggi noti appartenenti a quel tempo rappresenta
dei vecchi, e perciò poco si presta al confronto col
tipo giovanile del nostro busto, così mi limito ad ac-
cennare ai due ritratti di Pirro (319-272 a. C.) recen-
temente riconosciuti l'uno in un'erma esposta nel Mu-
seo di Napoli (2), l'altro in una testa posseduta dal
sig. Jacobsen (3). 11 modo, con cui è espressa la car-
nagione in questi due ritratti, corrisponde con quello
adoperato nel busto di Ptolemais. Nel confrontare il
trattamento della chioma dobbiamo far astrazione dal-
l'erma napoletana, perchè in essa soltanto pochi ricci
scendenti sulla fronte sono visibili sotto l'elmo. Nella
testa Jacobsen, è vero, la superficie della chioma ha
sofferto alquanto dell'umidità. Ma chi guarda alle parti
meno corrose, riconoscerà che i ricci vi sono stilizzati
o disposti in modo analogo a quello che si osserva
nel busto di Ptolemais.

(!) Comp. Brunii nel Jnhrbuch dar preussischen Kunst-
sammlungen V (1884) p. 267.

(2j Six nelle Rdmische Mittheilungen VI (1891) T. Vili
p. 279-284. Mélange» d'archeologie et d'histoire publiés par
VÉcole francaise de Rome XIII (1893) pi. VI p. 381 ss.

P) Mélange» XIII pi. Ili p. 377 ss.

Per l'orgasmo poi nell'espressione come per la
chioma veementemente agitata il busto si raffronta ad
una testa di Helios espressa in monete di Rodi co-
niate nel III e II secolo a. C. Sembra molto pro-
babile la congettura del Head (') che tale tipo mo-
netario riproduca la testa della colossale statua di
Helios che Chares eseguì per i Rodii. Anche questo
confronto dunque ci porterebbe ai primi tempi elleni-
stici, giacché la statua di Chares fu ultimata 01. 142,2
= 283 av. Cr. (2).

Se poi il busto di Ptolemais e la testa capito-
lina, come credo di aver dimostrato, rappresentano
Alessandro Magno divinizzato, tale tipo con molto
maggiore probabilità si attribuirà alla fine del IV o
al principio del III secolo che ai tempi susseguenti.
Ciò che dopo la morte di Alessandro diede l'impulso
alla produzione di nuove immagini di esso, era senza
dubbio l'istituzione di culti dedicati al suo nume. Gli
stati però e le città che credevamo conveniente di ac-
cordare ad Alessandro gli onori divini non avranno
lasciato passare più di un secolo, ma li avranno de-
cretati poco tempo dopo la morte del conquistatore
dell'Asia. In ogni caso non esiste testimonianza alcuna
che provi essere stato istituito un culto d'Alessandro
soltanto nel II secolo (3). Nell'Egitto tale culto risale
fino al regno di Tolomeo Soter, il quale ad Alessandria
dedicò al grande re un ricco santuario ( '). Se consi-
deriamo che il tipo, il quale forma il soggetto della
presente memoria, accenna appunto ai primi tempi elle-
nistici, che esso sembra ideato per una statua e che
un eccellente esemplare di esso è stato trovato nel-
l'Egitto, forse possiamo proporci il quesito, se l'origi-
nale non fosse stata la statua che serviva al culto in
quel santuario alessandrino.

Alla fine non posso fare a meno di esporre breve-
mente una combinazione, per la quale forse si verrà a capo
di stabilire l'artista che creò il tipo in discorso. Pli-
nio (5) riferisce che un artista Chaereas scolpì due sta-
tue, l'una di Alessandro Magno, l'altra del padre, Fi-
lippo. Ora è noto che i nomi propri greci talvolta

(') /Ustoria nummorum p. 540.

(2) Iahns lahròùcher LXXXVII (1863) p. 91-92.

(3) Beurlier de divinis hoaoribus quos acceperunt Alexan-
der et successores eius p. 27 ss.

(<) Diodor. XVIII 28. Cf. Beurlier p. 59.
(5) Plinio nat. Iiist. xxxiv 75: Chaereas Alexamirum Magnani
et Philippum patroni eius fecit.
 
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