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429

SCOPERTO IN TARANTO

430

pulus iuseritj ad eas leges [addiderit commutaverit
conrexerit] , municipieis fandanos item tcneto, utei
oporleret sei cai res al) eo tum quom primum
leges eis municipibus lege ple{bei)ve sc(ilo) dedit,
ad eas leges additae commutatele conrectae essent.
lin. 159-163.

Lungamente si è creduto, che le parole su riferite
riguardassero i municipi di cittadini romani, e fos-
sero come la conclusione di una legge relativa ad essi.
Ma il Mommsen (') notò, che ai cittadini romani, i
quali erano tenuti alla osservanza di tutte le leggi
votate dal popolo, non poteva convenire la forinola
su detta; e perciò bisogna intendere che questi
municipi fnndani fossero di dritto latino. Ad essi
(c' insegna la tavola di Eraclea) eransi date leggi per
mezzo di delegati del popolo sovrano, e con lo stesso
mezzo potevano essere estese anche ad essi le disposi-
zioni, che la legge contenuta nella tavola di Eraclea
sancisce per Roma e per i municipi di cittadini romani.

Così, a parer mio, i municipi della guerra sociale
vennero costituiti da appositi commissari, ai quali si
ricorse allora tanto più opportunamente, in quanto che
bisognava in molti casi che il potere sovrano si tro-
vasse sul posto, per costituire oltre al municipio anche
il territorio; poiché in Italia vi erano e vi sono di-
stretti, in cui la popolazione è rimasta disseminata in
villaggi, essendo stato assai scarso il concentramento
nelle città. Avendo Roma negato ai minori centri di
popolazione un' esistenza comunale indipendente, e vo-
luto che fossero attribuiti alla città men lontana, for-
mando con essa un comune solo, si poteva non già in
Roma, sibbene sopra luogo e per via di delegati con
poteri sovrani delimitare il territorio dei municipi in
guisa, da conciliare il commodo degli abitanti delle pic-
cole borgate con le ragioni storiche e geografiche.

Costituire il municipio valeva non soltanto dare a
una città lo statuto e delimitare il suo territorio, ma
anche impiantare e far funzionare l'amministrazione sua.
Giacché per la stretta analogia che v'era fra i commissari
per la costituzione dei municipi ed i fondatori delle
colonie, avendo questi ultimi, oltre al diritto di asse-
gnare i terreni e di dare uno statuto, anche quello,
che appare nella legge della colonia Genetiva (-), di

(') Stadtrcchte, pag. 409, nota 45.

(2) Lei Gcnet. cap. LXVL LXX, XCIII, 6XXV

nominare i primi magistrati ed i primi sacerdoti (').
è lecito affermare altrettanto per i municipi.

Nell'adempimento del loro compito non avevano
del resto i commissari una libertà grande o sconfinata :
essi ricevettero una norma comune, una lex munici-
paltSj per esemplare su di essa gli statuti o leggi da
pubblicare. L'esistenza di quest'unica legge madre ri-
sulta dalla reale conformità delle costituzioni di tanti
municipi. Differenze certamente vi sono (2). Le prime
che incontriamo si riferiscono alla denominazione del
magistrato supremo, e queste sono le più lievi, perchè
toccano semplicemente un' esteriorità, non la sostanza.
Più gravi sono i mutamenti, che alterano la collegia-
lità dello stesso magistrato supremo, come il dieta/or
e i tre aediles, che troviamo in alcuni luoghi. Altre
differenze ha dimostrato la legge della colonia Gene-
tiva rispetto al numero di decurioni necessario per la
validità delle deliberazioni (3). Ma queste ed altre
anomalie, che più appresso noterò nella legge di Ta-
ranto, e che si spiegano o con l'arbitrio dei commis-
sari, o con una certa indulgenza, che essi ebbero per
le tradizioni e la opinione locali, non possono avere
un gran peso, quando le parti più essenziali della co-
stituzione, come i comizi, la divisione del popolo per
curie (e per tribù nelle colonie), l'elezione popolare
dei magistrati e il senato non trovano eccezioni di sorta.

Un altro argomento in favore di quella legge ge-
nerale si può ricavarlo dalla necessità politica. La cit-
tadinanza offerta con la legge Iulia non era un dono
ultroneo ed incondizionato, ma si fondava in un patto
bilaterale, dovendo i popoli dichiarare di accettar la
legge che conferiva loro la cittadinanza (''). Or potevano

(') A queste attribuzioni il Mommsen (Staatsr.ìl*, pag. 019)
aggiunge, per analogia, la formazione del primo censo e la prima
composizione del consiglio comunale.

(2) Marquardt, Staatsverw. I, pag. 461 e sg.

(3) La massima riferita da Ulpiano (T>ig. 50, 9, 3): lege
autem municipali cavetur, ut ordo non aliter halcatur quam
iluabus partibus adhibitis si riscontra in due casi solamente
nella Genetiva (cap. LXVIIII, XCVIIII, cum duac partes adc-
runt); in tatti gli altri casi questa legge o richiede più dei
due terzi (cap. CXXX, nisi de Irium partirmi derurionum); o
la nielli più uno (cap. XCII, XCVI, XCVIII, CXXXI, cum maior
pars decurionum aderit), ovvero L decurioni (cap.LXXV, XCVII,
CXXVI, cum non minus L aderunt ; cap. CXXV, cum non mi-
nuti dimi/lia pars decurionum ad/uerit); o anche meno (cap. C,
cum non minus XXXX aderunt; cap. LXIX, cum non minus XX
aderunt; cap. CHI, m(aior) p(ars) qui tum aderunt).

(4) Ipsa denique Iulia, qua lege civitas est sociis ac La-
tinis data, qui fundi populi facti non csscnt, civitatem non
haberent. Cic. prò Balbo c. 8.
 
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