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291

ÀTHENA MARINA E

ALATA

292

Vediamo perciò su quali aro-omenti si basa questa
tesi e se effettivamente l'Athena alata sia sempre
Athena Nike o non si debba piuttosto spiegare in altro
modo.

Athena Nike secondo le fonti scritte.

E Savignoni fonda la sua teoria su due elementi prin-
cipali : 1°) l'appellativo di apteron dato allo góavov
di Athena Nike nel tempietto omonimo dell'acropoli
ateniese; 2°) un passo e uno scolio di Demostene, che
egli collega con un'epigrafe dell'acropoli.

Nel tempietto dell'acropoli, Athena Nike era raffi-
gurata in atteggiamento tranquillo, l'elmo in una mano,
una melagrana nell'altra, ed era senz'ali (1). H Savi-
gnoni pensa che, se quell'idolo fu detto apteron, lo fu
perchè in questo appunto si differenziava dai consueti
simulacri della dea come Nike. Noi sappiamo peraltro (2)
che l'Athena Nike dell'acropoli era chiamata sempli-
cemente « la Nike » perfino in documenti ufficiali ; è
da ritenersi quindi che il popolo la chiamasse così per
regola, e il generalizzarsi di tale denominazione abbre-
viata basta a giustificar» l'appellativo di apteros. A
questo si aggiunga che esso è molto tardo (3), sorto
cioè quando lo %óuvov dell'acropoli è probabile fosse
oramai creduto semplicemente una Nike, come è il caso
dello stesso Pausania (4), l'unico che ne parli a lungo
e ripetutamente.

E passiamo al secondo argomento: Demostene (5),
a proposito di alcuni ladri che, rubate le ali di una
statua d'oro di Nike sull'acropoli, si uccisero poi fra
loro in rissa, per la spartizione del bottino, dice : ot

recentemente L. Savignoni, op. eit., pp. 69-96 e C. W. Keyes,
Minerva victrix ? note on the winged Goddess of Ostia, in Ani.
Journ. of ardi., XVI (1912), pp. 490-494.

(*) Harpokration, Lerikon (G. Dindorf) I, Oxonii, 1853,
s. v. Nlxn Xdt]i>a, p. 214.

(2) C. I. A. I 166 g 3, 188, 5.

(8) È usato solo da Pausania I, 22, 4; UT, 15, 7; V, 26,6 e
da Harpokration, loc. cit., in una notizia tolta dal periegeta He-
liodoros.

(4) Vedi U. v. Wilaraowitz-Mollendorf, Aus Kydathen, Berlin,
1880, p. 187, i cui argomenti non sono distrutti dalle osservazioni
di I. H. Schubart in Jahrbiicher far philol., voi. 125 (1882),
p. 44.

(5) Demosthenes (G. Dindorf) II, Oxonii, 1846, pag. 770,
orai XXIV, 138,

xu àxgooTéQia r/~c Nixrjg nsQixóipavrsg ànmkovio avroì
i(f' afràv. Al che uno scoliaste annotava : %ivhg óè
i^rjyovvrai JSixrjg 'A6t]vàg sii ai 'àyaXfia èv rfj àxqo-
nóXsi' zavirjg óè rag méqvyag %QVGàg ovtfag sne-
XdQTqaaVTivsg xaxovqyob àefsXétf-d-ai, xaì ànwXovxo
avroì v<p' iavT&v oì xaxovoyoi: versione che sarebbe
comprovata da un'epigrafe della seconda metà del IV
sec. (!), nella quale si parla di restauri da farsi alla
statua di A.thena Nike, dedicata dagli ateniesi sul-
l'acropoli, dopo i successi d'Acarnania" del 426-425
av. Cr.

La relazione fra il passo di Demostene e l'epigrafe
è ben lungi dall'essere dimostrata ; e dell'Athena Nike
dedicata per i fatti d'Acarnania sappiamo solo che era
un uyaXjiu, ignoriamo cioè di che materia fosse. Gli
inventari dell'acropoli, all'incirca dall'arcontato di Eu-
clide in poi (403 av. Cr.), ci informano invece che esi-
steva sull'acropoli, effettivamente, una statua d'oro
della Nike. Questa, come risulta da uno degli inven-
tari (2), era priva di elmo e di ogni altro attribuito
proprio di Athena, mentre aveva una corona in testa e
una ne teneva nella destra ; era dunque proprio una
Nike tipica e non una Athena Nike.

Essa era alata; e le ali, con la parte delle spalle
che le univa (àxQorsQiov xgvffiòr òniadiov), costi-
tuivano un pezzo a sè, del peso di meno di 18 Kgr. ;
ciò che spiega come potessero essere tolte e trafugate.

Il passo di Demostene può quindi essere messo in
relazione con la statua d'oro di Nike ricordata dagli
inventari, non con l'Athena Nike del 426-425 (3).

Lo scoliaste invece è esplicito; ma la sua informa-
zione, di seconda mano, come risulta dalle sue stesse
parole, dimostra soltanto che ai suoi tempi il tipo alato
dell'Athena Nike era entrato effettivamente a far parte
della tipologia artistica, come infatti vedremo più
avanti.

Dalle fonti scritte, dunque, non è provato che nei
tempi della migliore grecità Athena Nike fosse rap-

(1) U. Kohler in Hermes XXVI (1891), pag. 43 ; C. I. A.
IV, 2, pag. 62, n. 198c; Dittenberger, SyJloge, T, Lipsiae, 1898,
n. 136, p. 211 sg. ; Savignoni, op. cit., p. 74.

(2) Dittenberger, Sylloge, II, 586.

(:ì) Non si può neppure ritenere che la Nike d'oro fosse una
cosa sola con 1' «yak/j.c< dedicato dopo il 426-425, perchè in tal
caso nell'inventario, secondo la consuetudine, non mancherebbe
un accenno alla dedica, che era incisa sulla base dell'Athena d'A-
carnania, come rilevò A. fìehr in Hermes, XXX. p. 447 e sgg.
 
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