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Napoli nobilissima: rivista d' arte e di topografia napoletana — 6.1897

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Bacile, Filippo: Castelli di Terra d'Otranto
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https://doi.org/10.11588/diglit.69899#0170

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NAPOLI NOBILISSIMA

venti gentiluomini da Lecce ad Atene, perchè avessero
ricondotte a lui le due Sibille, l’una madre e l’altra figliuola
sua, ed il figlio Ruggiero; che, venuto, fece incoronare re
nella stessa città di Lecce da quel vescovo e dall’arcive-
scovo di Salerno.
A dimostrare, poi, a quei venti signori leccesi il suo
grato animo, re Tancredi li armò tutti cavalieri-, e donò,
inoltre, ad ognuno di essi due feudi.
Fra costoro fu Pietro Indrimi, che, come fece per gli
altri, rese signore di Corigliano e di Castrignano dei greci.
Forse il dominio degli Indrimi su Corigliano durò per
poco più di un paio di secoli, perchè Ferrante I d’Ara-
gona, figliuolo del primo Alfonso, per benemerenze di Ni-
cola Antonio de’ Monti, volle, nel 1465, vendere a costui
questo feudo, già in possesso del Fisco, per la estinzione
della famiglia degli Indrimi; il cognome dei quali, come
sento, esiste tuttavia in Corigliano; però, nelle aggiunzioni
alla Storia del Summonte, dov’è detto anche delle varie
città del reame e delle loro famiglie nobili, trovo, in
quelle di Lecce, annoverata, ma fra estinte, questa de-
gli « Indrimi già Signori di Corigliano ».
La famiglia de’ Monti, o dell! Monti (che taluno disse
originaria di Capua, non so per quali ragioni), vuoisi ve-
nuta di Francia col primo Carlo d’Angiò; ed entra nella
storia del reame e vice-reame di Napoli, come del du-
cato di Puglia, del principato di Taranto e della contea
di Lecce, sempre gloriosamente. Franco I, figlio di Ni-
cola Antonio, fu ad Otranto, con gli altri valorosi, nel
1480. Giovambattista, suo figlio, che murò Corigliano e ne
fortificò il castello, fu creato primo marchese di Corigliano,
concedendoglisi tale titolo, ai 16 gennaio 1534, da Carlo V;
Girolamo, quarto marchese (e, parmi, ultimo dei de’ Monti),
marito della Cornelia Loffredo, mentre fu maestro di campo
del viceré duca di Medina de las Torres (1637-1644), fu
cavaliere eruditissimo, umanista, filosofo, teologo versato
nelle lettere latine e greche nelle scienze sperimentali
e scorse e camminò per varie parti del mondo.
Fu detta pure questa famiglia, de’ Monti di Savoja-, e
neppure saprei ora dirne il perchè. Ha intanto, nella pro-
pria arma, la croce di casa Savoja — comune, nel resto,
anche a stemmi di altre famiglie e città —; ma, quindi,
non patente, come da taluno fu blasonata: tale non mo-
strandosi in nessuna delle arme esistenti dei de’ Monti;
però è di nero sull’orlo (o argento): ed, in capo, un lam-
bello a tre pendenti di rosso, attraversante-, quasi fossero
delle brisure.
E questa grande e benemerita famiglia anche si estinse
dopo un secolo e mezzo circa, o poco più, che tenne il
dominio di Corigliano, lasciando dietro sè orme di caval-
leresche virtù.

Un’altra volta, quindi, caduta nelle mani del Fisco que-
sta terra, fu comprata, e dal Fisco medesimo, nel 1649,
dal signor Luigi Trani, o Trane; il cui figlio Francesco,
nel 1667, ristorò il castello, e rifece la casa ducale (come
la dice l’Arditi nella sua Corografia) col frontespizio,
bassorilievi, busti ed altro eseguiti da architetti, scultori,
e fabbricatori Coriglianesi (ivi). Circostanza questa ultima,
che sarebbe notevolissima.
Estinti i Trani, questo feudo, come Muro Leccese e
Specchia, furono nel 1797 dati da re Ferdinando IV di
Napoli al principe di Belmonte Pignatelli-, che poi, eredi-
tatasi dai Granito, furono venduti da costoro.
Or questi signori Trani, o Trane, dovettero essere ric-
chi, potenti e splendidi signori di queste nostre contrade,
specialmente nei secoli XVI e XVII.
Quel Luigi Trani, che sopra abbiamo ricordato, è quel
desso Alojsius Trane, che nel piccolo villaggio di Tutine,
presso Tricase, edificò ab infimis fundamentis (com’è in-
ciso in una lunga scritta sulla facciata, riferita anche, co-
me dall’Arditi, così dal De Giorgi nei suoi Bozzetti): edi-
ficò, dicevo, favente Minerva, quel bel castello che è su
quella piazza, e che avrebbe la data della sua fondazione
intorno alla seconda metà del 1500.
Ed è, invero, questa di Tutino un’opera degna di quel-
l’epoca elegante e da gran signori; a finestre arcuate, e
di quei tipi eletti dei quali, in Provincia, son rimasti ben
pochi esemplari; e dei quali, taluno, la nostra Lecce an-
cora possiede, e, così spesso, inconsultamente, anche di-
strugge.
Ora, come abbiamo detto, il figlio di Luigi, Francesco
Trani, rifece la facciata, nel modo che si dirà, e forse an-
che alcuna parte interna, superiore ed abitabile del castello
di Corigliano, e corrispondente a questa facciata, che tut-
tora si ammira (la Dio mercè!), messa fra le due torri,
a base circolare, che sono ai suoi fianchi.
Queste due torri anteriori hanno le due corrispondenti
posteriormente, messe, anche queste agli altri due angoli
del gran rettangolo del castello cinto da fossati; e sono
congiunte fra loro dalle relative cortine, le quali non so
se sieno in ogni parte intere presentemente.
La grande linea orizzontale che segna il congiungimento
della parte di questo fortilizio, che sorge a scarpa dal fondo
del fossato, con quella sovrapposta, che prende poi il suo
elevarsi a piombo, da determinare così nelle torri, il corpo
cilindrico superiore delle medesime: è indicata dal con-
sueto forte bastone o toro, il quale ricorre tutto intorno,
cingendo gravemente e torri e cortine ed anco la facciata;
interrotto solamente in questa dal portone d’ingresso, a
cui si accede mercè il solito ponte, dal piano del quale
quel bastone è all’altezza di circa due metri.
 
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