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Napoli nobilissima: rivista d' arte e di topografia napoletana — 6.1897

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Bertaux, Émile: I monumenti medievali della Regione del Vulture: studio
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https://doi.org/10.11588/diglit.69899#0219

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Supptaito alla “ Napoli nobilissima, Rivista di Topografia ed Àrie Napoletana „ Anno VI, 1897.

I MONUMENTI MEDIEVALI
DELLA
REGION E DEL VULTURE

STUDIO
DI
EMILIO BERTAUX
CON 46 INCISIONI

SOMMARIO: Introduzione. I. S. Guglielmo al Goleto e il problema di Castel del Monte. II. I monasteri basiliani e benedettini del Vul-
ture. ITI. Melfi. IV. Rapolla. V. Venosa. VI. Palazzo S. Gervasio e Banzi. VII. Atella. Vili. Santa Maria di Pierno. IX. Il castello di
Lagopesole. X. Acerenza. XI. Potenza. XII. Conclusione.

a Giustino Fortunato
Deputato al Parlamento
INTRODUZIONE.
Il Monte Vulture segna per la metà meridionale della pe-
nisola italiana il centro geografico. Fin dai tempi preromani la
sua doppia cima s’ergeva come un termine stabilito fra le tre
regioni distinte e i tre popoli diversi del Sannio, dell’Apulia e
della Lucania; molti secoli dopo, quando la mano d’un principe
di stirpe normanna ebbe riunite tutte le provincie, italiche, lon-
gobarde o greche, del mezzogiorno sotto un’unica corona, il vul-
cano isolato del Sub-Appennino di Basilicata, a distanze uguali
dal Tirreno e dall’Adriatico, dagli Abruzzi e dalle Calabrie, di-
ventò il punto centrale del nuovo regno di Napoli. Allora, negli
anni della conquista Normanna, il Vulture non fu soltanto il cen-
tro geografico, ma anche, per mezzo secolo, il centro storico
dell’Italia Meridionale. Sotto le mura di Venosa le sorti del do-
minio bizantino furono decise in una battaglia famosa; Melfi, la
« porta d’Apulia », fu scelta dai vincitori a capitale delle pro-
vincie non ancora domate; e dalle vette di Basilicata i cavalieri
normanni si lanciarono a quella corsa epica che li portò fino alle
città arabe di Sicilia. Fino agli ultimi anni del mille, Melfi rimase
la cittadella dei duchi, e Venosa, la loro necropoli. Poi la dol-
cezza orientale della Sicilia fece dimenticare ai conquistatori del
Nord i monti severi in mezzo ai quali avevano trovato la vit-
toria, e Palermo possedette alla sua volta i palazzi e le tombe
reali. Ma la regione del Vulture, benché non contenesse più la
capitale delle Due Sicilie, conservò la sua importanza, direi così
(con parole troppo moderne), strategica ed economica. Sotto gli
Svevi, questa parte della Basilicata, che si estende fra Melfi,
Gravina e Potenza, era coperta di castelli, di masserie, e di
boschi. Il castello di Melfi ed il grande recinto fortificato di
Lagopesole, completavano la rete di fortezze che, dalla riviera,
ove i castelli di Trani, di Bari, di Brindisi guardavano il mare,
fino all’ultimo torrione, il Vulture, ed all’ultimo baluardo, l’Ap-
pennino, proteggevano la ricca « Apulia », da Federico II pre-

diletta al pari della Sicilia. Qui, infatti, nella pianura di Puglia
e nell’altipiano di Basilicata, l’imperatore, da proprietario saggio
ed economico, faceva fruttificare il suo demanio colla coltura
del grano e della vigna e, sopra tutto, coll’allevamento del be-
stiame; a Gaudiano e a San Nicola c’erano grandi masserie im-
periali, a Melfi la vaccheria, a Palazzo le razze dei cavalli, e
sopra l’intero paese si estendeva la giurisdizione d’un ufficiale
potentissimo, il « Maestro Massaro d’Apulia », Magister Mas-
sarius Apulie.
Le terre, che non erano adibite alla coltura ed al pascolo, si
trovavano allora coperte di boschi: Federico, gran cacciatore
ed anche erudito nelle materie di venagione, veniva spesso ad
alloggiare nel palazzo di Lagopesole per trovarsi in mezzo alle
« difese » estesissime e piene di selvaggine di Lagopesole e
di Palazzo. L’imperatore voleva conservare infatti alla corona
questi boschi magnifici, e ne faceva fissare i limiti colla massima
severità L Così, fra castelli e masserie, pascoli e « difese », tutta
la regione del Vulture, meno qualche possedimento delle ricche
badie benedettine era terra imperiale. Carlo I d’Angiò si com-
piacque anch’egli per parecchi anni di vivere nei castelli an-
cora pieni della memoria del grande imperatore, di cui aveva
distrutta la discendenza. Fece perfino restaurare il castello di
Lagopesole e riedificare quello di Melfi, per passarvi i mesi
d’estate. Ma il primo degli Angioni cominciò egli stesso a
fabbricare il Castelnuovo, nella nuova capitale che, assicurata
la pace, fu oramai la dimora stabile della Corte. La regione
del Vulture non doveva più per molto tempo vedere i reali di
Napoli. Nel 1420 Giovanna II tolse alla corona tutto quel paese
ancora florido per darlo al famoso ser Gianni Caracciolo. Poi
la potente famiglia dei Balzo ricevette dagli aragonesi la si-
gnoria di Venosa. Così, tagliata in feudi, questa parte preziosa

1 In un atto del 6 febbraio 1278, diretto da Carlo I d’Angiò al
Cav. Hughes de Brehaimont, «magistrum omnium defensarumseufore-
starum nostrarum», si leggono più volte le parole: «fines et terminos sta-
bilitos tempore quondam Frederici imperatoris » (Reg. n. 32, 1278 D,
f. 169 e sgg.).
 
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