456 Palatino
ras et per plateas tractus est sordidissime, per cloa-
cas ductus , et in Tiberini submissus est. Alessandro
Severo vi fece pavimenti di porfido e serpentino, che
poscia da lui ebbero il nome di opera alessandrina e
che furono molto in uso ne' tempi della decadenza e
nel medio evo, come può vedersi in tante chiese an-
tiche di Roma, e come ho indicato a suo luogo nella
Parte Prima pag. 293. Egli pure costrusse apparta-
menti che portarono il nome di Mammea sua madre e
che il volgo chiamò per corruzione ad mammam, i qua-
li dalle vestigie esistenti par che fossero presso l'ango-
lo orientale dal canto dell'arco di Costantino.
Questi sono gli ultimi lavori, che si ricordano dagli an-
tichi scrittori, satti al palazzo avanti la fatale traslazione
di Costantino. E' naturale credere, che allorquando da
questo successore de'cesari su preso il partito di abban-
donare la sede imperatoria stabilita colle virtù , e col
sangue di tanti secoli, per fondarne un'altra sul Bosfo-
ro, credendo così di dar nuova forza all' impero e di
ringiovanirlo, se non su perdonato ai monumenti pu-
blici di Roma per abbellire la nuova metropoli, mol-
to meno lo fu a quelli tutti proprii dell' imperadore ,
che ornavano il palazzo imperiale; quindi può con cer-
tezza asserirsi, che questa fabbrica fu la prima ad es-
sere spogliata delle suppellettili più ricche. Men fata-
le sarebbe stata questa circostanza relativamente al pa-
lazzo, se dopo la morte di Costantino nella divisione
dell'impero, e nelle vicissitudini successive gl' impera-
dori di occidente avessero stabilito la loro permanen-
za in Roma ; ma ognuno che sia appena iniziato nel-
la storia del quarto e quinto secolo conosce quanto ra-
ra fosse la presenza di quelli imperadori in Roma, i
quali piuttosto preferivano Ravenna, Milano, Arles ec.
sotto varii pretesti: onde il palazzo imperiale di Roma
ras et per plateas tractus est sordidissime, per cloa-
cas ductus , et in Tiberini submissus est. Alessandro
Severo vi fece pavimenti di porfido e serpentino, che
poscia da lui ebbero il nome di opera alessandrina e
che furono molto in uso ne' tempi della decadenza e
nel medio evo, come può vedersi in tante chiese an-
tiche di Roma, e come ho indicato a suo luogo nella
Parte Prima pag. 293. Egli pure costrusse apparta-
menti che portarono il nome di Mammea sua madre e
che il volgo chiamò per corruzione ad mammam, i qua-
li dalle vestigie esistenti par che fossero presso l'ango-
lo orientale dal canto dell'arco di Costantino.
Questi sono gli ultimi lavori, che si ricordano dagli an-
tichi scrittori, satti al palazzo avanti la fatale traslazione
di Costantino. E' naturale credere, che allorquando da
questo successore de'cesari su preso il partito di abban-
donare la sede imperatoria stabilita colle virtù , e col
sangue di tanti secoli, per fondarne un'altra sul Bosfo-
ro, credendo così di dar nuova forza all' impero e di
ringiovanirlo, se non su perdonato ai monumenti pu-
blici di Roma per abbellire la nuova metropoli, mol-
to meno lo fu a quelli tutti proprii dell' imperadore ,
che ornavano il palazzo imperiale; quindi può con cer-
tezza asserirsi, che questa fabbrica fu la prima ad es-
sere spogliata delle suppellettili più ricche. Men fata-
le sarebbe stata questa circostanza relativamente al pa-
lazzo, se dopo la morte di Costantino nella divisione
dell'impero, e nelle vicissitudini successive gl' impera-
dori di occidente avessero stabilito la loro permanen-
za in Roma ; ma ognuno che sia appena iniziato nel-
la storia del quarto e quinto secolo conosce quanto ra-
ra fosse la presenza di quelli imperadori in Roma, i
quali piuttosto preferivano Ravenna, Milano, Arles ec.
sotto varii pretesti: onde il palazzo imperiale di Roma