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Tasso, Torquato
La Gerusalemme liberata — Venedig, 1745

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https://doi.org/10.11588/diglit.5052#0155
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QUINTO.
liv.
Poi fa ritrarre ogn'altro, e in basse note
Ricomincia con lui grave sermone :
Veracemente, o Guelso, il tuo nipote
Troppo trascorre , ov'ira il cor gli sprone
E male addursi a mia credenza or puote
Di questo fatto suo giuria cagione.
Ben caro avrò , che la ci rechi tale}
Ma Goffredo con tutti è Duce eguale.
lv.
E sarà del legittimo e del dritto
Custode in ogni caso e difensorej
Serbando sempre al giudicare invitto
Dalle tiranne passioni il core.
Or se Rinaldo a violar l'editto,
E della disciplina il sacro onore
Costretto fu, come alcun dice} ai nostri
Giudicj venga ad inchinarli, e'1 mostri.
lvi.
A sua ritenzion libero vegna}
Questo eh' io posso, ai merti suoi consento.
Ma s'egli sta ritroso, e se ne sdegna,
(Conosco quel suo indomito ardimento)
Tu di condurlo , e provveder t'ingegna,
Ch'ei non isforzi uom mansueto e lento
Ad esser delle leggi, e dell' impero
Yendicator, quanto è ragion, severo.
lvii.
Così disse egli: e Guelfo a lui rispose:
Anima non potea d'infamia schiva
Voci sentir di seorno ingiuriose,
E non farne repulsa ove l'udiva.
E se l'oltraggiatore a morte ei pose,
Chi è, che meta a giust'ira preseriva?
Chi conta i colpi, e la dovuta offesa,
Mentre arde la tenzon, misura e pesa ?
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