C iA N T 0
LVIII.
Ma quel , che chiedi tu, eh' al tuo soprano
Arbitrio il Garzon venga a sottoporse,
Duolmi y ch'esser non può 3 ch'egli lontano
Dall'ode immantinente il parlò torse.
Ben m'offro io di provar con quesla mano
A lui ? eh' a torto in falsa a ce u sa il morse «,
O s'altri v' è di si maligno dente,
Ch'ei punì l'onta ingiù (la gin ila mente.
LIX.
A ragion, dico, al tumido Gernando
Fiaccò le corna del superbo orgoglio.
Sol, s egli errò , fu nels obblio del bando :
Ciò ben mi pesa, ed a lodar noi toglie.
Tacque 5 e dilse Goffredo : or vada errando y
E porti risse altrove : io qui non voglio,
Che sparga seme tu di nuove liti :
Deh, per Dio y sian gli sdegni anco forniti.
LX.
Di procurare il suo soccorso intanto
Non cessò mai l'ingannatrice rea.
Pregava il giorno, e ponea in uso quanto
L'arte , e F ingegno y e la beltà potea.
Ma poi, quando stendendo il foseo manto
La notte in Occidente il dì chiudea ;
Fra duo suoi cavalieri y e due matrone
Ricovrava in disparte al padiglione.
lxi.
Ma benché sìa mastra d'inganni y e i suoi
Modi gentili, e le parole accorte,
E bella sì, che 1 ciel prima ne poi
Altrui non diè maggior bellezza in sorte,
Talché del Campo i più famosi eroi
Ha presi d'un piacer tenace e forte 3
Non é però , ch'all'esca de' diletti
Il pio Goffredo lusingando alletti.
LVIII.
Ma quel , che chiedi tu, eh' al tuo soprano
Arbitrio il Garzon venga a sottoporse,
Duolmi y ch'esser non può 3 ch'egli lontano
Dall'ode immantinente il parlò torse.
Ben m'offro io di provar con quesla mano
A lui ? eh' a torto in falsa a ce u sa il morse «,
O s'altri v' è di si maligno dente,
Ch'ei punì l'onta ingiù (la gin ila mente.
LIX.
A ragion, dico, al tumido Gernando
Fiaccò le corna del superbo orgoglio.
Sol, s egli errò , fu nels obblio del bando :
Ciò ben mi pesa, ed a lodar noi toglie.
Tacque 5 e dilse Goffredo : or vada errando y
E porti risse altrove : io qui non voglio,
Che sparga seme tu di nuove liti :
Deh, per Dio y sian gli sdegni anco forniti.
LX.
Di procurare il suo soccorso intanto
Non cessò mai l'ingannatrice rea.
Pregava il giorno, e ponea in uso quanto
L'arte , e F ingegno y e la beltà potea.
Ma poi, quando stendendo il foseo manto
La notte in Occidente il dì chiudea ;
Fra duo suoi cavalieri y e due matrone
Ricovrava in disparte al padiglione.
lxi.
Ma benché sìa mastra d'inganni y e i suoi
Modi gentili, e le parole accorte,
E bella sì, che 1 ciel prima ne poi
Altrui non diè maggior bellezza in sorte,
Talché del Campo i più famosi eroi
Ha presi d'un piacer tenace e forte 3
Non é però , ch'all'esca de' diletti
Il pio Goffredo lusingando alletti.