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Boggio, Camillo: L' incisore Michele Pechenino
DOI Seite / Zitierlink: https://doi.org/10.11588/diglit.11587#0317
l'incisore michele pechenino
nezze, finché un giorno mise sotto il proprio letto un gran
numero delle sue incisioni e vi appiccò il fuoco. L'in-
cendio fu presto domato, ma dopo ciò i parenti credettero
miglior consiglio di farlo rinchiudere all'ospedale dei pazzi
in Torino. Dai registri dello stabilimento risulta che Mi-
chele Pechenino, malato di mania furiosa, entrato il 23 di-
cembre 1832, vi mori il 15 gennaio 1835 in età di 46 anni.
Lasciò due autoritratti: uno incìso, colla sola testa alta
circa 16 mm. e l'altro all'acquerello, una mezza figura di
mm. 60x50. Rimangono pure i disegni originali a lapis
che servirono a formare lo Sposalizio e la Trasfigurazione,
la testa di Cristo, i ritratti di Washington e di Francklin
ed una testa di donna. Si hanno ancora l'incisione in
acciaio (mm. 60x50) del ritratto di Napoleone ed i rami
di Goldsmith, del Commodoro Perry, di due altri ritratti
senza nome e delle tre vignette accennate, del tempietto,
dell'alveare e degli emblemi della libertà inglese.
Tutte le incisioni di questo artista sono a punteggio
e quasi tutte sono firmate Pekenino sebbene il suo nome
di famiglia sia Pechenino. La ragione che può averlo
indotto a modificare cosi l'ortografia, fu probabilmente
il non volere che all'estero se ne alterasse la pronunzia.
Il Pechenino fece pure varii ritrattini piccolissimi a
penna quasi tutti perduti. Come disegnatore, cioè riguardo
alla sua scienza della forma umana e capacità di renderla,
non crederei allontanarmi dal vero chiamandolo, pei suoi
tempi, eminente. Il suo contorno è netto, franchissimo,
giusto come la sua modellatura ed il suo chiaroscuro. Di
qui la vivezza, il carattere, la carnosità di quei suoi ri-
trattini spesso non più grandi di pochi millimetri eppure
parlanti.
Questo giudizio più ancora che dalle sue incisioni, in
massima parte tratte da quadri e quindi con le stesse
nezze, finché un giorno mise sotto il proprio letto un gran
numero delle sue incisioni e vi appiccò il fuoco. L'in-
cendio fu presto domato, ma dopo ciò i parenti credettero
miglior consiglio di farlo rinchiudere all'ospedale dei pazzi
in Torino. Dai registri dello stabilimento risulta che Mi-
chele Pechenino, malato di mania furiosa, entrato il 23 di-
cembre 1832, vi mori il 15 gennaio 1835 in età di 46 anni.
Lasciò due autoritratti: uno incìso, colla sola testa alta
circa 16 mm. e l'altro all'acquerello, una mezza figura di
mm. 60x50. Rimangono pure i disegni originali a lapis
che servirono a formare lo Sposalizio e la Trasfigurazione,
la testa di Cristo, i ritratti di Washington e di Francklin
ed una testa di donna. Si hanno ancora l'incisione in
acciaio (mm. 60x50) del ritratto di Napoleone ed i rami
di Goldsmith, del Commodoro Perry, di due altri ritratti
senza nome e delle tre vignette accennate, del tempietto,
dell'alveare e degli emblemi della libertà inglese.
Tutte le incisioni di questo artista sono a punteggio
e quasi tutte sono firmate Pekenino sebbene il suo nome
di famiglia sia Pechenino. La ragione che può averlo
indotto a modificare cosi l'ortografia, fu probabilmente
il non volere che all'estero se ne alterasse la pronunzia.
Il Pechenino fece pure varii ritrattini piccolissimi a
penna quasi tutti perduti. Come disegnatore, cioè riguardo
alla sua scienza della forma umana e capacità di renderla,
non crederei allontanarmi dal vero chiamandolo, pei suoi
tempi, eminente. Il suo contorno è netto, franchissimo,
giusto come la sua modellatura ed il suo chiaroscuro. Di
qui la vivezza, il carattere, la carnosità di quei suoi ri-
trattini spesso non più grandi di pochi millimetri eppure
parlanti.
Questo giudizio più ancora che dalle sue incisioni, in
massima parte tratte da quadri e quindi con le stesse