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Ma allora io mi domando, come mai il Bramami e il Dessau
ammettono senza esitare una parte abrasa nell'epigrafe fiorentina?
Se sono spariti o si fecero sparire i segni dell'abrasione sulla, su-
perficie del vaso, come poterono quei due valenti epigrafisti far
risorgere dinanzi ai loro occhi lincei l'abrasione sfuggita ai loro
predecessori ? Le informazioni tecniche fornitemi gentilmente dal
Pernier, dopo un accurato esame da lui fatto del bronzo (insieme
con la signorina Dr. Campanile e con l'assistente e restauratore
pratico di bronzi antichi nel Museo cav. Pietro Zei), del quale
esame gli esprimo qui le più vive grazie, rendono difficile una
risposta esauriente al quesito da me proposto; ma prima di
escludere e non l'esclude del resto lo stesso Pernier, l'abra-
sione, desidererei leggere l'apparato critico della epigrafe che
si troverà a suo luogo nel volume decimoquinto del Corpus,
compilato dal Dressel, se l'epigrafe stessa venne rinvenuta, come
pare, non in Toscana ma in Roma (*) e speriamo di leggerlo
presto. .

Comunque sia, è lecito intanto concludere in base alle pre-
cedenti osservazioni che l'ipotesi proposta dal Borghesi intorno
alla data della prefettura urbana di D. Simonie Giuliano non può.
sussistere e deve invece accogliersi quella felicemente messa innanzi
dal Dr. Giovanni Colin.

Dovrei ora presentare il giovane autore ai lettori del Bal-
lettino, ma parrai cosa superflua, perchè egli si è già presentato così
bene da sè e son certo che il Colin, con i suoi lavori, dei quali è di
prossima pubblicazione quello intorno a Ciriaco d'Ancona, farà molto
onore non solo a tutti i suoi maestri, fra i quali, per l'amicizia
affettuosa che mi legava a lui, piacemi ricordare Antonio Héron

(v) Il Gudio (Gude) la dice «inventa Ròmae, nel 1644; hodie Flo-
rentiae. quo in loco, ipse vidi et descripsi ap. C. Strozzi ». (Inscriptiones,
ind. pag. 69). E da Roma passò a Napoli presso l'Andrcini, fiorentino,
prima di venir a far parte del Museo di Firenze ove oggi si trova.
 
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