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Canina, Luigi
L' architettura antica (Testo): Sezione 1, Architettura egiziana: Monumenti — Rom, 1839

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https://doi.org/10.11588/diglit.5002#0047

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40 ARCHITETTURA EGIZIANA. PARTE I.

Siccome soltanto all'antecedente ed a questa dinastia si attribuisce la pertinenza diDiospoli, ossia Tebe,
intitolandole ambedue nelle liste di Manetone di re diospolitani, mentre le altre furono in più gran numero
composte di re memfiti; così è da credere che sotto la protezione di questi principi avesse Tebe maggiormente
prosperato di Memfi, e che ad alcuno di essi spettasse quanto venne attribuito da Diodoro all'ottavo discendente
di Busiride, ch'era egualmente denominato del suo Intavolo; perciocché, onde non trovar difficoltà sulla cor-
rispondenza del nome, mentre si conosce chiaramente da Strabone, descrivendo egli il nomo distinto collo
stesso nome di Busiride, non esservi mai stato in Egitto alcun tiranno che si chiamasse Busiride, si trova
poi assai bene convenire ad alcuni dei suddetti re diospolitani lo stabilimento più ampio della città di Tebe,
e l'averla cinta con forte mura. Riferiva su di ciò Diodoro che dall'anzidetto re fu fabbricata quella grande città
che gli Egiziani chiamavano del Sole ed i greci Tebe, alla quale si diede un circuito di muro di centoquaranta
stadj, e venne maravigliosamente ornata con grandissimi edifizj, con tempj magnifici e con ogni abbondanza di
belle cose. Inoltre si edificarono le case per i privati di quattro e cinque piani, e per dir tutto in breve essere
stata resa splendidissima e beata sopra ogni altra città non solo di Egitto, ma di tutto il mondo. E siccome
siffatte opere non si potevano eseguire nel bel principio dello stabilimento della sede reale in Tebe, che dovette
accadere sotto Ammanemes, che fu il primo re registrato nel novero dei diospolitani, ma bensì dopo alcun
ragguardevole spazio di tempo; così si trova giustamente concordare essersi una tale stabile sistemazione delia
città portata a compimento incirca sotto al principe ultimamente annoverato, che sembra essersi tenuto perciò
in molta considerazione. I grandi tempj ed i magnifici sepolcri che di seguito descrisse Diodoro, come apparte-
nenti a quegli antichi re di Tebe, tra i quali particolarmente imprese ad illustrare quello che dicevasi di Oris-
mandia, si considereranno in corrispondenza delle epoche in cui più probabilmente possono attribuirsi.

Lachares o Labaris, che vedesi registrato di seguito nelle liste di Manetone, si diceva essersi preparato
il sepolcro nel laberinto arsenoitico, ossia nel nomo con questo nome distinto (1). E ben si conviene nel non
dovere riconoscere nel citato laberinto quello descritto particolarmente ad Erodoto vicino al lago Moeris presso
Coccodrilopoli, poiché venne questo costrutto parecchi secoli dopo l'epoca ora considerata sotto i dodici re che
precedettero il regno diPsammitico: ma deve credersi che lo stesso Lachares si fabbricasse nel suddetto nomo la
tomba che aveva la forma di un laberinto. Su di questa notizia è primieramente importante l'osservare che
mentre i re memfiti elevarono i loro più cospicui sepolcri a molta altezza sopra terra a forma di piramide,
questi al contrario si costituirono interamente sotto terra; poiché la più approvata opinione ci porta a stabilire
essere stati i celebri laberinti degli antichi costituiti in gran parte di opere sotterranee. Infatti tra le reliquie
di Tebe, ove tennero la sede i re di questa dinastia, si trovano moltissime tracce dì opere sotterranee scavate
nelle viscere del monte che ivi s'innalza. Da questa varia struttura impiegata nelle più vetuste opere dell'Egitto
quanto divengono vane quelle volgari origini che si sogliono stabilire sull'arte dell'edificare di quella regione;
poiché mentre essa presenta alcune opere occultate tra le viscere della terra, ne somministra poi altre anche
più antiche che s'innalzavano a tanta altezza quanta mai non portarono le fabbriche degli altri popoli. Le vere
origini sono sempre difficili a determinarsi tra l'oscurità dei tempi, e tanto più difficili riescono quando non si
vogliano considerare con ponderato esame le opere delle più vetuste età; mentre assai facile si rende lo stabilire
origini probabili e derivate soltanto da particolari opinioni, quali comunemente leggonsi negli scritti di coloro che
credono veder chiaro con un piccolo lumicino tra le più oscure tenebri che si stendono in limiti indeterminati.
Tali sono gli sviluppi che offrono tutti quegli scrittori di storia che in brevi articoli sciolgono a lor talento
qualunque più misteriosa derivazione, ed evitando ogni ostacolo, che s'interpone in opposizione ai loro im-
maginar j piani, stabiliscono francamente la origine di ogni genere di arte.

In seguito della esposta notizia sulla piramide di Labaris ci porta quindi a determinare altro importante
documento per la storia dell'arte egiziana, quale è quello di riconoscere nel citato monumento posto nel nomo
arsenoitico quella piramide che esiste vicino al luogo in cui fu riconosciuto esservi stato il laberinto dei dodici
re che tennero il regno unitamente prima di Psammitico, ed ove ora viene distinto col nome di El-Lahoum
nel Fayoum, ed anche di attribuire allo stesso monumento quanto venne esposto da Erodoto sulla piramide

(1) MeS' òv Aaf/.apj; £tvj vj', 5; tÒv fa AptfsvotTYj Xa/3upiv3ov lama xatpsv xaTssxcua<7£V. (Sincello Chronographìa.)
 
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