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cristiana, ovvero un'esempio fino ad ora unico, che per l'uso continuo di quella
voce latto dai Cristiani in senso sepolcrale, sia essa stata talvolta adoperata in quel
senso anche da qualche pagano. Ciò, ch'io stimo notabilissimo, è il trovare in una
cristiana epigrafe di Cesarea della Mauritania per la prima ed unica volta tradotta
in latino la greca voce xotpjr^Ko». La quale non è resa per dormitorium, vocabolo
proprio di alcuni veicoli, e che i dotti sospettano indicare appunto lettiche fune-
bri (1), ma accubitorium da acculo e cubo (2); onde in Roma cubiculo, furono chiamate
le celle sepolcrali, massime de'cristiani. La voce solenne coemeterium nella sola Afri-
ca latinizzata e tradotta accubitorium è una prova novella della latinità, prima che
in qualsivoglia altra chiesa, predominante nell' africana.
» n.
/ cemeteri sotterranei.
La predetta iscrizione d'un accubitorium de' Cristiani in Cesarea fu trovata in-
sieme a quella dell' area ad sepulcra lasciata da Evelpio alla chiesa ; epigrafe
insigne, che io ho teste illustrato (3) , e che molta luce darà a queste nozioni
preliminari. Adunque quell' accubitorium era in un area; non, come in Roma ed
altrove, in grotte sotterranee. Il pregiudizio commune a molti e sommi autori di
cristiana archeologia, che la voce coemeterium sia sinonimo di quella, che noi di-
ciamo catacomba , parmi non abbia bisogno d' essere confutato. Il Settele egre-
giamente avvertì coemeterium nelle vite de' pontefici spesso indicare basiliche e
fabbriche erette all'aperto cielo (4). Questo uso di quella voce non cominciò colla
pace : cemetero fu in ogni tempo appellazione generica del sepolcreto cristiano; il
quale secondo le diverse condizioni e modi di esistere prendeva diversi nomi
speciali, area, hortus, amfcaiov', cryptae, crypta arenaria, arenarium. Il Rottali accom-
munò ai cemeteri di Roma le denominazioni area, cryptae, arenarium (5). Ma la
prima giammai non si trova nelle antiche memorie de' sacri monumenti del no-
stro suburbano. Areae sepulturarum nostrarum sono chiamati da Tertulliano i ce-
meteri di Cartagine (6) ; e quel vocabolo ci torna sempre innanzi presso scrittori
africani, in memorie della chiesa africana (7) ; ed una volta in una iscrizione
africana, in quella cioè, che ho lodato, di Cesarea in Mauritania. Adunque nel-
l'Africa i sepolcreti cristiani non furono sotterranei; e la denominazione, che fu
loro propria, ce ne dipinge al vivo la forma e l'aspetto. Negli atti di s. Sabina
è fatta menzione del suo monumento juxta aream Vindiciani in oppiclo Vindìnm'-
st (8), cioè , come si crede, nell' Umbria. Ma niun indizio c'insegna, se quel-
l'area era sepolcrale e cristiana. Il luogo, nel quale fu sepolta S. Afra in Augusta,
nel Catalocjus abballini monasterii Ss. Udalrici et Afrae del Wittwer è chiamato
(1) V. Jlorisani, Inscr. Rheginae p- 443.
(2) Renier, 1. e. n. 4026.
(3) V. Bnllett. di Arch. crist. Aprile 1864.
(4) Atti delia pont. accad. d'arch. T. II p. 51.
(5) Roma sott. p. 1-8.
(6) Tertull. Ad Scapulam cap. 3.
(7) V. Bullett. cit. p. 27.
(8) V. Balutii, Mise, ed Mansi T. 1 p. 27.
cristiana, ovvero un'esempio fino ad ora unico, che per l'uso continuo di quella
voce latto dai Cristiani in senso sepolcrale, sia essa stata talvolta adoperata in quel
senso anche da qualche pagano. Ciò, ch'io stimo notabilissimo, è il trovare in una
cristiana epigrafe di Cesarea della Mauritania per la prima ed unica volta tradotta
in latino la greca voce xotpjr^Ko». La quale non è resa per dormitorium, vocabolo
proprio di alcuni veicoli, e che i dotti sospettano indicare appunto lettiche fune-
bri (1), ma accubitorium da acculo e cubo (2); onde in Roma cubiculo, furono chiamate
le celle sepolcrali, massime de'cristiani. La voce solenne coemeterium nella sola Afri-
ca latinizzata e tradotta accubitorium è una prova novella della latinità, prima che
in qualsivoglia altra chiesa, predominante nell' africana.
» n.
/ cemeteri sotterranei.
La predetta iscrizione d'un accubitorium de' Cristiani in Cesarea fu trovata in-
sieme a quella dell' area ad sepulcra lasciata da Evelpio alla chiesa ; epigrafe
insigne, che io ho teste illustrato (3) , e che molta luce darà a queste nozioni
preliminari. Adunque quell' accubitorium era in un area; non, come in Roma ed
altrove, in grotte sotterranee. Il pregiudizio commune a molti e sommi autori di
cristiana archeologia, che la voce coemeterium sia sinonimo di quella, che noi di-
ciamo catacomba , parmi non abbia bisogno d' essere confutato. Il Settele egre-
giamente avvertì coemeterium nelle vite de' pontefici spesso indicare basiliche e
fabbriche erette all'aperto cielo (4). Questo uso di quella voce non cominciò colla
pace : cemetero fu in ogni tempo appellazione generica del sepolcreto cristiano; il
quale secondo le diverse condizioni e modi di esistere prendeva diversi nomi
speciali, area, hortus, amfcaiov', cryptae, crypta arenaria, arenarium. Il Rottali accom-
munò ai cemeteri di Roma le denominazioni area, cryptae, arenarium (5). Ma la
prima giammai non si trova nelle antiche memorie de' sacri monumenti del no-
stro suburbano. Areae sepulturarum nostrarum sono chiamati da Tertulliano i ce-
meteri di Cartagine (6) ; e quel vocabolo ci torna sempre innanzi presso scrittori
africani, in memorie della chiesa africana (7) ; ed una volta in una iscrizione
africana, in quella cioè, che ho lodato, di Cesarea in Mauritania. Adunque nel-
l'Africa i sepolcreti cristiani non furono sotterranei; e la denominazione, che fu
loro propria, ce ne dipinge al vivo la forma e l'aspetto. Negli atti di s. Sabina
è fatta menzione del suo monumento juxta aream Vindiciani in oppiclo Vindìnm'-
st (8), cioè , come si crede, nell' Umbria. Ma niun indizio c'insegna, se quel-
l'area era sepolcrale e cristiana. Il luogo, nel quale fu sepolta S. Afra in Augusta,
nel Catalocjus abballini monasterii Ss. Udalrici et Afrae del Wittwer è chiamato
(1) V. Jlorisani, Inscr. Rheginae p- 443.
(2) Renier, 1. e. n. 4026.
(3) V. Bnllett. di Arch. crist. Aprile 1864.
(4) Atti delia pont. accad. d'arch. T. II p. 51.
(5) Roma sott. p. 1-8.
(6) Tertull. Ad Scapulam cap. 3.
(7) V. Bullett. cit. p. 27.
(8) V. Balutii, Mise, ed Mansi T. 1 p. 27.