Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
mm

CODICE SIRÌACO

DELLA BIBLIOTECA LAURENZIANA

PROEMIO

Jl codice siriaco della Biblioteca Laurenziana di Firenze
è una delle sue gemme più preziose. Non contiene l'edizione
di opere la prima volta scritte, ma una raccolta di scelta
fatta da Giovanni di Larbic prete e da Giovanni di Hainata
diacono da codici anteriori. Il calligrafo siro, di nome
Rabula, ne cominciò la trascrizione sotto il governo di Gio-
vanni di Larbic, e il terminò nel 586, quando e l'abate e il
diacono predetto erano morti. Il monastero di S. Giovanni
era in Zagba, città della Mesopotamia, dal quale questo
codice passò di poi circa il secolo XI, per ordine dei Pa-
triarchi di Antiochia, al monastero di S. Maria in Maiphuc,
che era nella provincia bostrense, e di là fu recato al mo-
nastero di S. Maria in Kannubia, nella vallata Gibbense del
monte Libano, sulle rive del Xanto. Indi passò nel 1497 alla
Biblioteca Laurenziana.

Fra i codici preparati dall' abate Giovanni, ve n' era uno
che conteneva i canoni evangelici di Eusebio e di Ammonio,
assai ricco di pitture, e questo fu copiato dal medesimo cal-
ligrafo, di che fa testimonianza la scrittura omogenea che
accompagna quei dipinti. In conseguenza di ciò le pitture,
contenute nelle pagine del canone eusebiano, debbon tenersi
di data anteriore all'anno 586 predetto, quantunque non
sappiamo certo se il medesimo Rabula abbia copiato anche
i dipinti, o alcun altro in vece sua. Furono queste pagine
stampate la prima volta da Stefano Evodio Assemano (Bìbl.
Mediceae Lanr. et Palat. codiami mss. orientalium Cata-
logus, curante Ant. Fi: Gorio Fior. 17^2), e riprodotte di
nuovo dieci anni dopo da Anton Maria Biscioni (Bibl. Medie.
Laurent. Catalog. t. I, ad cale.), che attesta averle alquanto

ridotte, e avverte a pagina 177 di averne anche emendati
gli sbagli, non senza dolersi per altro di quelli che riconosce
commessi dal suo incisore : i quali, poiché non se ne è av-
veduto a tempo, promette che li andrà notando nei com-
mentarli.

Io mi son proposto di non ometter nulla di quanto vc-
desi dipinto nelle ventisei tavole, siano figure, siano ornati
architettonici, perchè le reputo tutte cose singolarissime, non
solo per la scuola greca e orientale che rappresentano, ma
puranco perchè antecedono le altre pitture dei codici greci
che rappresentano soggetti del nuovo Testamento, niuno dei
quali codici può entrare fra i limiti della mia Storia, se non
alcune scene del codice di Cosma indicopleuste che riguar-
dano i Vangeli e gli Atti degli Apostoli. E da dolersi che le
pitture del codice di Zagba, non meno che quelle del codice
di Montamiata, siano state da mano moderna qua e là ri-
toccate: e vorrei potermi consolare col pensiero, che la
nuova pittura nulla vi abbia introdotto del suo, o niente mal
interpretato dell'antico, che si proponeva di ravvivare. Ma
la è cosa cosi difficile, ed io non oserei affermarlo, neanche
se me ne volesse assicurare l'autore medesimo di essi ri-
tocchi. Siamo troppo abituati a sentire assicurazioni siffatte,
quali sono quelle del Marangoni e del Paciaudi, i quali at-
testano che il pittore adoperato da Benedetto XIV, nel re-
stauro delle pitture di S. Paolo, sia stato scrupolosamente a
ravvivar solo le scolorite tinte; il che quanto sia altrimenti
il vediamo oggidì, che si son dovuti lavare da quelle false
tinte gli antichi busti dei Papi, e ometter quelle che erano
fatture all'atto moderne (v. la pag. 21 di questo volume).

U -
 
Annotationen