I FUNERALI DI AKCHEMORO 167
vuto risponderle Minilo allora? Tu fosti meco sempre schiva
riottosa, altera. Non ti mossero le mie querele, non ti pie-
garono i pianti miei. Ora che amor ti strazia, come già me
prima tormentava ; ora ti mostri dolce, benevola, com-
piacente. Sarei dunque sì pazzo da aggiustar fede alle tue
parole? Soffri pure, o ingrata, alquanto delle mie pene
ed apprendi come acerba sia la ferita di un amante non
riamato. Ma nulla di queste cose diceva il misero ; che
Amore sofista eloquentissimo davagli a credere, che dalla
vaga donzella avrebbe meritato il guiderdone promessogli *).
Sciagurato ! il quale ignorava come premio del delitto sa-
rebbero state le onde del mare; dove, sommerso da Pelo-
pe , i rimorsi crudeli dovevano abbandonarlo insieme colla
vita 2). Egli dunque fu detto aver tolto i chiodi che le ruote
fermavan nell'asse, o chiodi di cera a quei di ferro sostituiti,
sì che l'improvviso rovesciarsi del carro recasse morte al
solo Enomao e non a lui, che senza peso d'armi, ed oltre
a ciò consapevole del prossimo evento, era presto sempre a
schermirsene. Ma per certo il più acconcio mezzo a riuscire
nell'ingannevol disegno sarebbe stato quello d' incidere un
poco F asse in qualche parte ; e questo poi quando si fosse
voluto accelerarne la rottura, sforzar col piede; ritrovato che
doveva essere anche di maggior sicurezza pel traditore.
Poiché in qualunque altro caso chi lo accertava che non ri-
marrebbe involto ancor esso in pari disgrazia col suo si-
gnore? E veramente in un quadro rappresentante Enomao,
e descriltoci da Filostrato il giovane, vedevasi Amore che
1) Pausania Vili, 14, 6, e Servio 2) Igino pag. 162. Stav.
alle Georgiche di Virgilio III, 7.
vuto risponderle Minilo allora? Tu fosti meco sempre schiva
riottosa, altera. Non ti mossero le mie querele, non ti pie-
garono i pianti miei. Ora che amor ti strazia, come già me
prima tormentava ; ora ti mostri dolce, benevola, com-
piacente. Sarei dunque sì pazzo da aggiustar fede alle tue
parole? Soffri pure, o ingrata, alquanto delle mie pene
ed apprendi come acerba sia la ferita di un amante non
riamato. Ma nulla di queste cose diceva il misero ; che
Amore sofista eloquentissimo davagli a credere, che dalla
vaga donzella avrebbe meritato il guiderdone promessogli *).
Sciagurato ! il quale ignorava come premio del delitto sa-
rebbero state le onde del mare; dove, sommerso da Pelo-
pe , i rimorsi crudeli dovevano abbandonarlo insieme colla
vita 2). Egli dunque fu detto aver tolto i chiodi che le ruote
fermavan nell'asse, o chiodi di cera a quei di ferro sostituiti,
sì che l'improvviso rovesciarsi del carro recasse morte al
solo Enomao e non a lui, che senza peso d'armi, ed oltre
a ciò consapevole del prossimo evento, era presto sempre a
schermirsene. Ma per certo il più acconcio mezzo a riuscire
nell'ingannevol disegno sarebbe stato quello d' incidere un
poco F asse in qualche parte ; e questo poi quando si fosse
voluto accelerarne la rottura, sforzar col piede; ritrovato che
doveva essere anche di maggior sicurezza pel traditore.
Poiché in qualunque altro caso chi lo accertava che non ri-
marrebbe involto ancor esso in pari disgrazia col suo si-
gnore? E veramente in un quadro rappresentante Enomao,
e descriltoci da Filostrato il giovane, vedevasi Amore che
1) Pausania Vili, 14, 6, e Servio 2) Igino pag. 162. Stav.
alle Georgiche di Virgilio III, 7.