- 183 -
perdant in at scin quomodo? in at certe e in altre
espressioni simili. Esso è qui, come lo definisce
qualche antico grammatico, particula inceptiva ad
ornatum pertinens (Serv. ad Aeri. IX, 144). Nè
parmi grande difficoltà l'essere essa posta fra le due
prime parole, che pur si uniscono in una sola idea,
piuttostochè addirittura in principio della frase.
Qualche caso di posizione simile attuiamo anche
pel greco "a/Ua con simil valore di affermazione
enfatica. Del resto, di tal antico collocamento di
at serbaron traccia i poeti (Orazio p. es.) nè affer-
merei che Plauto o altri comici (come Afranio 164,
Ribbeck) non l'usassero, benché altri ciò escluda.
Dobbiamo in ogni caso aggiungere questo antico
esempio alla lista delle varietà già note dell'uso
di at. Tutta la frase è enfatica; tal carattere le
dà anche il deivos aggiunto a Joveis, e nella apo-
dosi T asyndeton e i presenti nited e sied adoperati
in luogo di futuri.
Abbiamo dunque in questa prima riga una pro-
posizione ben completa e regolare nella sua strut-
tura che si costruisce : at virgo cui lupiter clexis
me mittat nitet, in comibus sit, cioè la giovane donna
a cui Giove iddio mi mandi, brilla, può star fra le
eleganti. Ciò allontana ogni idea funebre e ci dice che
questo vaso, come la sua forma stessa e le sue di-
mensioni rendono assai verisimile, è un vaso da un-
guenti o cosmetici e rientra nella numerosa catego-
ria dei vasi e altri oggetti da toeletta che trovansi
così nelle tombe come fra gli oggetti votivi ecc.
Venendo alla seconda riga, non può cader dub-
bio sulla divisione delle parole in essa
Bcenos mecl feced en manom einom; die noine med malo statod
All' infuori dell'interpunzione, tutti gli interpreti
han diviso così, eccettuati Bréal e Pauli condotti
a dividere altrimenti dall'aver voluto leggere dve
dove tutti leggono e, come sopra abbiam veduto,
sta certamente scritto die. In Bvenos tutti, com-
preso il Bréal, hanno riconosciuto un nome pro-
prio; solo il Ring e poi il Pauli hanno inteso
dvenos per bonus; quest'ultimo a ciò costretto
dalle violenze della sua singolare interpretazione
per le quali si è rassegnato ad avere in una sola
brevissima frase due parole diverse dvenos e manos
significanti bonus. Noi, prendendo la frase quale
si presenta semplice e chiara e ben costruita, non
possiamo riconoscere in Bvenos altro che un nome
proprio, come han pur creduto tutti gli altri, e di
questo nome parleremo più oltre.
En per in già si conosceva; su questo contro-
versia non c' è, nè può esservi. Solo si può osser-
vare che qui si adopera en mentre neh' altra riga
è adoperato endo. Qui invero en ha valor figurato
e si costruisce coli'accusativo, ma abbiamo anti-
chi esempi di endo usato nella stessa guisa. Con-
vien dire adunque che en ed endo, in tutto equi-
valenti, si usassero promiscuamente.
Che manom voglia dir bonum è cosa ben nota;
che però sia qui il caso di riconoscervi il significato
secondario mortuum, come han pensato Buecheler
ed altri, è cosa che si deve affatto escludere, non
solo pel significato della riga antecedente, ma an-
che per quello di ciò che segue che non può essere
affatto letto ed inteso come fece Buecheler ed altri
secondo una tale idea. Ed è anche un' allucinazione
prodotta da questo preconcetto l'aver letto ma(n)o
là dove con la miglior volontà non si può rico-
noscere un n, ma si riconosce invece, e l'abbiam
già detto col Bréal, un l.
In die noine il Buecheler ed altri vollero vedere
die nono, senza dissimularsi che in buona regola
dovrebbe aversi novine e ponendo che questa sia
una delle cinque1) funzioni diverse, e senz'altro
esempio che il dittongo vi avrebbe in questa iscri-
zione, secondo che fu dapprima interpretata. Sia
detto con tutto il riguardo dovuto al mio dottis-
simo amico Buecheler, questo noine = nono, da
cui sorgerebbe l'idea dell'esser questo vaso offerto
nei novemdalia, non è che un sogno, come questa
idea stessa. In buon latino antico noine non può
aver altro significato che nullo, per la semplice
ragione che oinos vuol dir unus e quindi noinos
ossia ne-oinos vuol dire nullus. Ad unus (genit. ant.
uni) compete lo stesso locativo in -i o -e (die quarti,
die quarte ecc.) che compete a nonus come a era-
stinus, a proxumus ecc. ecc. Nè noinos o noenos
ha una esistenza puramente induttiva e conget-
turale, ma troviamo ancora traccia della sua esi-
stenza reale nei più antichi scrittori latini, poiché
non altra origine, come ognun sa, ha il noenum
i) qoi = qui; noine = nono; noisi = nisi; Toitesiai —
' Tutesiae; vois = volis, vis.
perdant in at scin quomodo? in at certe e in altre
espressioni simili. Esso è qui, come lo definisce
qualche antico grammatico, particula inceptiva ad
ornatum pertinens (Serv. ad Aeri. IX, 144). Nè
parmi grande difficoltà l'essere essa posta fra le due
prime parole, che pur si uniscono in una sola idea,
piuttostochè addirittura in principio della frase.
Qualche caso di posizione simile attuiamo anche
pel greco "a/Ua con simil valore di affermazione
enfatica. Del resto, di tal antico collocamento di
at serbaron traccia i poeti (Orazio p. es.) nè affer-
merei che Plauto o altri comici (come Afranio 164,
Ribbeck) non l'usassero, benché altri ciò escluda.
Dobbiamo in ogni caso aggiungere questo antico
esempio alla lista delle varietà già note dell'uso
di at. Tutta la frase è enfatica; tal carattere le
dà anche il deivos aggiunto a Joveis, e nella apo-
dosi T asyndeton e i presenti nited e sied adoperati
in luogo di futuri.
Abbiamo dunque in questa prima riga una pro-
posizione ben completa e regolare nella sua strut-
tura che si costruisce : at virgo cui lupiter clexis
me mittat nitet, in comibus sit, cioè la giovane donna
a cui Giove iddio mi mandi, brilla, può star fra le
eleganti. Ciò allontana ogni idea funebre e ci dice che
questo vaso, come la sua forma stessa e le sue di-
mensioni rendono assai verisimile, è un vaso da un-
guenti o cosmetici e rientra nella numerosa catego-
ria dei vasi e altri oggetti da toeletta che trovansi
così nelle tombe come fra gli oggetti votivi ecc.
Venendo alla seconda riga, non può cader dub-
bio sulla divisione delle parole in essa
Bcenos mecl feced en manom einom; die noine med malo statod
All' infuori dell'interpunzione, tutti gli interpreti
han diviso così, eccettuati Bréal e Pauli condotti
a dividere altrimenti dall'aver voluto leggere dve
dove tutti leggono e, come sopra abbiam veduto,
sta certamente scritto die. In Bvenos tutti, com-
preso il Bréal, hanno riconosciuto un nome pro-
prio; solo il Ring e poi il Pauli hanno inteso
dvenos per bonus; quest'ultimo a ciò costretto
dalle violenze della sua singolare interpretazione
per le quali si è rassegnato ad avere in una sola
brevissima frase due parole diverse dvenos e manos
significanti bonus. Noi, prendendo la frase quale
si presenta semplice e chiara e ben costruita, non
possiamo riconoscere in Bvenos altro che un nome
proprio, come han pur creduto tutti gli altri, e di
questo nome parleremo più oltre.
En per in già si conosceva; su questo contro-
versia non c' è, nè può esservi. Solo si può osser-
vare che qui si adopera en mentre neh' altra riga
è adoperato endo. Qui invero en ha valor figurato
e si costruisce coli'accusativo, ma abbiamo anti-
chi esempi di endo usato nella stessa guisa. Con-
vien dire adunque che en ed endo, in tutto equi-
valenti, si usassero promiscuamente.
Che manom voglia dir bonum è cosa ben nota;
che però sia qui il caso di riconoscervi il significato
secondario mortuum, come han pensato Buecheler
ed altri, è cosa che si deve affatto escludere, non
solo pel significato della riga antecedente, ma an-
che per quello di ciò che segue che non può essere
affatto letto ed inteso come fece Buecheler ed altri
secondo una tale idea. Ed è anche un' allucinazione
prodotta da questo preconcetto l'aver letto ma(n)o
là dove con la miglior volontà non si può rico-
noscere un n, ma si riconosce invece, e l'abbiam
già detto col Bréal, un l.
In die noine il Buecheler ed altri vollero vedere
die nono, senza dissimularsi che in buona regola
dovrebbe aversi novine e ponendo che questa sia
una delle cinque1) funzioni diverse, e senz'altro
esempio che il dittongo vi avrebbe in questa iscri-
zione, secondo che fu dapprima interpretata. Sia
detto con tutto il riguardo dovuto al mio dottis-
simo amico Buecheler, questo noine = nono, da
cui sorgerebbe l'idea dell'esser questo vaso offerto
nei novemdalia, non è che un sogno, come questa
idea stessa. In buon latino antico noine non può
aver altro significato che nullo, per la semplice
ragione che oinos vuol dir unus e quindi noinos
ossia ne-oinos vuol dire nullus. Ad unus (genit. ant.
uni) compete lo stesso locativo in -i o -e (die quarti,
die quarte ecc.) che compete a nonus come a era-
stinus, a proxumus ecc. ecc. Nè noinos o noenos
ha una esistenza puramente induttiva e conget-
turale, ma troviamo ancora traccia della sua esi-
stenza reale nei più antichi scrittori latini, poiché
non altra origine, come ognun sa, ha il noenum
i) qoi = qui; noine = nono; noisi = nisi; Toitesiai —
' Tutesiae; vois = volis, vis.