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DEI FITTILI SCOPERTI NELLA NECROPOLI DI NARCE

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vizio di buccheri fini argentati, un altro servizio di
vasellame di rude arte locale. Quest'ultimo imita le
forme delle stoviglie sottili dell'arcipelago, che corri-
spondono poi alle forme stesse dei buccheri tini.

È manifesto che, se i buccheri fini fossero stati
lavorati sul luogo, nel tempo in cui questi tre sep-
pellimenti si fecero, quelli che curarono i seppellimenti
stessi non avrebbero adoperato il rozzo vasellame lo-
cale, ma avrebbero messo due servizi di buccheri fini
traendoli dalle fabbriche, se queste avessero avuto sede
nel paese, o facendoli venire dal di fuori, se le fabbriche
fossero state prossime.

Del resto, qualunque possa essere oggi la opi-
nione intorno all'origine dei buccheri etruschi, certo
è che, stando ai materiali da noi raccolti, i buccheri
fini si distinguono nettamente in due categorie, in
quelli eseguiti con perfetto magistero, e lavorati, ri-
finiti, levigati ed ornati con linee tirate al tornio;
ed in quelli condotti con mano non sicura per non
dire incerta, e con istrumenti molto imperfetti. Più
che altrove è manifesta la differenza nei ragri di pun-
tini a ventaglio, coi quali si imitarono gli ornamenti
di linee e di puntini che si ammirano negli originali
di argento.

Abbiamo detto che i buccheri sottili imitarono
tanto i vasi in lamina metallica tirati a martello,
quanto i leggieri fittili delle officine precorinzie.
Ora così degli uni come degli altri si ebbero alcuni
saggi cospicui dalle tombe di Narce.

Non parlo del vaso principale della mensa, cioè
del cratere, avendo già detto che nelle tombe coi
buccheri fini apparisce quasi sempre nella vecchia
tecnica. Qui è da aggiungere che talvolta troviamo
questo cratere in metallo, ed in forma di una grande
caldaia, forma che sovente si mantiene anche in mezzo
ai buccheri grossi nelle tombe di età posteriore.

Gli attingitoi hanno generalmente la forma del-
l'olpe ; e tre esemplari metallici, della stessa misura
e bene conservati ne trovammo nella tomba 1 del
sepolcreto sull'alto della Petrina (tìg. 3C, tav. UIC;
N. LX1I. 9).

Uno di essi (tìg. 148) era posato in un grande
piatto insieme ad unaoinochoe; due altri erano entro
un grande cratere di bronzo in forma di lebete, nel
quale, con un altro piatto, erano pure due altri attin-
gitoi più piccoli a corpo stretto e collo allungato,

anch'essi di uguale misura e ben conservati (tìg. 149).
Uno a causa dell'ossido è rimasto attaccato alla pa-
rete interna del lebete.

Non si può dubitare dell'ufficio a cui questi vasi
servissero, essendosi trovati o dentro il cratere od ac-

Fig. 148.

1:4

canto all'oinochoe, e sempre unitamente ad un grande
piatto; il che significa che il servizio facevasi dal
ministro della mensa, o dal puer a cyatho, attingendo
dal cratere e versando nell'oinochoe posta entro il
largo piatto; e quindi il ministro con una mano ver-

Fig. 149.

1 :4

sava dall'oinochoe nei bicchieri, e con l'altra sottomet-
teva il piatto, affinchè nel mescere il liquido non ca-
desse in terra o sul letto tricliniare.

Abbiamo la riprova di tale costume in un piatto
di arte locale (tìg. 150) ad impasto artificiale nera-
stro, e dell'ultimo periodo di quest'arte nostra, piatto
 
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