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141

THAPSOS

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si è trovato negli strati di alta antichità dell'Italia,
dove gli analoghi ingressi sepolcrali dell'Etruria non
sono affatto anteriori alla metà del secolo settimo.

La congettura più attendibile sulla tectonica di
Thapsos è dunque lo svolgimento dalla umile tectonica
indigena, che d'un tratto si perfeziona, accettando
forme e processi tecnici, prima sconosciuti, dalla col-
tura di Micene. Il proseguimento delle esplorazioni
nelle necropoli sicule orientali ci permetterà forse in
avvenire di conoscere qualche cosa di più concreto su
tale difficile questione.

Mi resta a dire alcun che sopra lo scopo di co-
deste costruzioni ; si trattava di decorare non solo, ma
di meglio proteggere l'ingresso di un determinato se-
polcro. Già nel primo periodo alcuni indizi sembrano
manifestamente provare, che l'ingresso ai più ragguar-
devoli sepolcri, fino a tanto che essi erano in attività,
veniva guarnito di un tabernacolo o padiglione in le-
gno, rami d'albero e zolle, il quale veniva soppresso
al momento della chiusura definitiva del sepolcro ;
perchè, giova qui ricordare, come per il rito speciale
praticato dai Siculi, un sepolcro rimanesse in attività
parecchi lustri od anche per più generazioni, e da ciò
veniva il bisogno di riaprirlo e chiuderlo con solleci-
tudine e facilità, tanto più che l'inconveniente di esa-
lazioni pestifere era in gran parte eliminato, attesa
la deposizione di carcasse ischeletrite anziché di ca-

è anche la forma trapezia del vano (Perrot, La Grece primi-
tive, flg. 162 e 163, p 505 e fig. 193 con relative osservazioni
intorno allo sviluppo della porta primitiva). In Etruria le porte
di tal genere, o vere, o fìnte, sono comuni nel VII-VI sec. ed i
più belli esemplari si ammirano nelle roccie di vai d'Asso (I)urm,
o. e, flg. 60, 71 ; Martha, L'art étrusque, flg. 137, 138, 156).
Il pilastro colla sua estremità superiore sagomata arieggia in
qualche modo la colonna ed il capitello dorico ; nell'architet-
tura micenea non mancano pilastri e colonnine che segnano il
passaggio dal pilastro in legno alla colonna dorica (Perrot, La
Grp.ce primitive, flg. 202, 205, 261). Nei pilastri di Thapsos,
per quanto rudimentale ne sia la sagoma, è però netta la di-
stinzione fra fusto e capitello; nò soltanto presi isolatamente, ma
anche nel loro insieme organico coll'atrio del sepolcro, alludono
nettamente ad una trasformazione della tecnica lignea, effettua-
tasi sotto l'azione di fattori esterni. L'atrio poi colle sue due
colonne, e lo spazio che lo precede hanno una decisa corrispon-
denza nella casa micenea, tripartita nel /xsyccQov, n^ó&oij.og ed
aid-ovau (Perrot, o. e, flg. 302 e sopratutto flg. 83 che riproduce
il palazzo di Tirinto). Andando più in là, trovo che la nostra tomba
coll'atrio e le sue colonne riproduce esattamente in piccolo le
camere sepolcrali di Beni Hassan, aperte nelle roccie, con pa-
diglione a colonne nel prospetto (Perrot & Chipiez, o. e,
voi. I, p. 166; Reber, Geschichte der llaukunìt in Alterthum,
p. 147-149).

daveri. A Thapsos la sostituzione di opere in mura-
tura a quelle in legname e ramaglia segna il passag-
gio da una civiltà semiselvaggia ad una più elevata.
E come le tholoi della Grecia eroica avevano un doppio
ingresso, quello cioè del DctXafxog, e l'altro del Sqó^ioc,
così queste tombe sicule avevano in taluni casi una
doppia porta, una aperta nella roccia, l'altra nella
costruzione esterna; e tra la prima e la seconda si
aveva una specie di nqóóoi.iog o per seppellirvi schiavi
o per deporvi offerte. Quando un sepolcro era defini-
tivamente chiuso, o perchè colmo di morti, o per estin-
zione di una famiglia, o per altri motivi, allora la
decorazione architettonica del prospetto, come quella
di ramaglia, zolle e legname, nei sepolcri del 1° pe-
riodo, veniva parzialmente soppressa e tutto era celato
e nascosto sotto una massa di terra. Tale consuetudine,
constatata in altre necropoli sicule e micenee ('), ri-
sulta evidente anche a Thapsos, sopratutto nei sepol-
cri 31 e 32.

// Rito Funebre. — Durante tutto il 1° periodo
ed in parte del 2° i Siculi depongono nel sepolcro non
già i cadaveri, ma le carcasse spolpate, che vengono
accoccolate e coperte dei loro ornamenti. Nel 3° pe-
riodo invece c'imbattiamo in cadaveri distesi colle sole
gambe piegate, ed alla deposizione per famiglie, e
talora a masse, subentra quella di individui isolati
od a piccoli gruppi di tre a quattro (2). A Thapsos
abbiamo il passaggio dall'una all'altra forma di depo-
sizione; accanto a sepolcri che contengono numerosi
scheletri (n. 1, 10, 22, 38, 43, 47, 48, 57, 61, 64)
ve ne hanno altri con un numero assai ristretto (n. 2,
7, 8, 12, 14, 17, 29, 31, 51); in taluni l'accoccola-
mento perdura, ma in molti altri vediamo gli sche-
letri distesi colle sole estremità inferiori ripiegate ;
questa è bensì la stessa attitudine di riposo, non più
però in maniera scimmiesca e selvaggia, ma quella
propria all'uomo, che ha dimore più ampie e giacigli
men primitivi. Se la foggia di giacitura dei defunti
accenna a cambiarsi decisamente, resta costante la

(') Per le necropoli sicule rimando a quanto ho scritto in
Bull, paletnol. ital., 1892, p. 69, dove alla nota 36 raccolsi la
letteratura relativa allo stesso processo osservato nelle tombe
micenee, per le quali veggasi anche Tsountas (Mvxijvui etc,
p. 123 e 139).

(2) Per la trasformazione del rito funebre nel 3" periodo,
si veggano i risultati ottenuti dagli scavi del Finocchito (o. e,
pag. 57 e 58).
 
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