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131

CAVERNETTE E RIPARI PREISTORICI NEL!/AGRO FALISCO

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derivazione dall'amigdaloide tipico celleano. Qualche
amigdaloide, per vero, fu raccolto nella prossima oasi
di Bilma.

Una tale conclusione non parrà strana a coloro
che vedono un legame tra le fogge solutreane e le
celleane.

Per le regioni del bacino orientale del Mediter-
raneo, non abbiamo informazioni molto estese. Tut-
tavia vediamo che le frecce di « tipo berbero » sono
diffuse insieme con quelle peduncolate nelle stesse
stazioni. L'industria pura delle lame dette aurigua-
ciane, compare nelle grotte di Antelias e di Jaita (1).

So bene che le stazioni predette non furono sca-
vate metodicamente, ma il materiale raccolto era così
ingente che sarà anche a noi lecito dalla distribuzione
geografica e da considerazioni di litotecnica e di tipo-
logia dedurre una rispondenza a quanto meglio dimo-
strano taluni giacimenti della fine del paleolitico che
si poterono esaminare stratigraficamente.

In sostanza, le osservazioni del Pallary, prima
riportate, legano il suo « tipo berbero » alla cuspide
peduncolata e all'industria delle lame strette e svelte.

di Roma esiste una serie copiosissima di oggetti del Congo, non
ancora esposti (coli. (ìiglioli) che ci fa assistevo al passaggio dal-
l'amigdaloide celleano allo forme solutreane rozze : talune fogge
neolitiche sono tagliato allo stesso modo. Prevalgono le forme
fillomorfe strette clic assomigliano a quello garganiche, non
però sbiecate, nel caratteristico modo di queste ultime. Si com-
pì veramente sul continente nero l'evoluzione dal paleo al neo-
litico ? Le ultime scoperto dell'Hill ebrarid nella grotta di Sze-
leta confermano la derivazione della foggia solutreana da quella
celleana in Europa. Ricordo, corno a Zanzanello di Venosa,
può bene studiarsi la graduale evoluzione dai grandi e tipici
amigdaloidi a quelli minuscoli, di appena cinque o sei contini.,
i quali sono perfettamente analoghi a molti esemplari della
Stazione del Rogano a Rivolo veronese, ove insieme compa-
iono le più tipiche fogge solutreane, tanto tipiche che lo stesso
Do Mortillet le ascrisse da prima al solutréen, riconoscendo più
tardi che esse sono invece d'età neolitica. Dupont, Tenips pré-
historiques de la Belgique : Vhomme pendant les dges de la pierre
dans les environs de Dinant-sur-Meuse. — Id., Congrès inferri,
préh., 1872, pag. 473, tavv. 59 eGO, lig. 2, e tav. 62, fig. 1. — Id.,
Congrès età, 1874, tomo I, pag. 315 e 1876, tomo I, pag. 78. —
Materiaux pour Vhistoire prìm. d. l'honune 1873, pag. 75. — Re-
vue d'anthrop. 1873, pagg. 107, 110. — Breuil, Les subdivisions,
etc. 1. c. pag. 103. — Ilillebrand, Recherches dans les grottes pa-
léolithiques de la Ilongrie, Congrès de Genève, t. I, pag. 355 sg.
— Rollini, Sulle Stagioni quaternarie di tipo ehéUéens dell'agro
venosino, Memorie dei Lincei, 1915.

(') Néophitus et Pallary, La Phenicie préhistoriqne. L'An-
thropologie, 1914. — Néophitus, La préhist. en Syrie-Palestine-,
L'Anthrop. 1917. L'A. ha cortesemente voluto clic io esaminassi
in Roma una sua copiosa raccolta.

A conclusioni analoghe io giungevo studiando la
tecnica delle cuspidi silicee nelle Marche.

Vedevo due gruppi fondamentali che potevano
bene, in processo di tempo, essersi reciprocamente in-
fluenzati. E cioè le cuspidi sessili, generalmente con
lavoro bifacciale e quelle peduncolate, spesso con
faccia inferiore piana, o non completamente rifinite.
Le prime, in prevalenza derivate dalle fogge solu-
treane, a loro volta legate alle discendenze dello stru-
mento celleano, come avviene a Zanzanello di Venosa,
e a Rivolo veronese; le altre derivate da frammenti
di lame o coltelli (1).

Fu appunto per analoghi concetti che lo Jatta,
partendo invece dall'esame del materiale meridionale,
poteva far derivare i coltelli e le cuspidi neolitiche
dalla tecnica musteriaua, ponendo in una serie paral-
lela i grandi pugnali eneolitici derivati dal chel-
léen f2). Sono due sviluppi paralleli che si compiono
presso i discendenti dei paleolitici, cui spetta l'inven-
zione della cuspide di freccia sessile o peduncolata.

II.

Sui depositi affini.

Vengo a dire qualche parola su quei depositi ita-
liani, che ci si dimostrano più affini allo strato falisco
dell'età della pietra.

L'analisi del materiale litico fa correre il pen-
siero allo strato superiore dei Balzi Rossi, quale è
apparso specialmente alla grotta dei Bambini, alla
grotta di Romanelli presso Castro in provincia di
Lecce, al quale si collega lo strato inferiore della
grotta del Diavolo, e alla stazione di Termini Ime-
rese che si stringe, come avea veduto il Colini, alla
grotta siciliana Natali, in provincia di Palermo. Porse
si possono anche richiamare lo strato della grotta di
Talamone (Grosseto) in Toscana e quello della grotta
dei Colombi, nell'isola di Palmaria, nel Golfo della
Spezia. Lo strato degli antri falisci, che contiene pure
soltanto una determinata fase litica, ci fa meglio in-

(') Rollini, Materiali neolitici ed eneolitici della Marra Alla,
B. P. I., XXXV, 1909 e XXXVI, 1910. — Id., Essai de clas-
sification, citato.

(2) Jatta A., La Puglia preistorica.
 
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