RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA
51
regge una cornocopia; testa di un cavallo di bronzo colos-
sale; un dio marino; un giovinetto che fa violenza ad una
fanciulla; bue pronto pel sagrificio; un soldato clamidato
con una asta; un'ara e un dio Termine; una dea delle
selve coronata di fiori col caprio; una donna nuda dor-
mente; il giudizio di Paride; una testa di marmo verde;
un'altra di marmo lidio; e molte altre teste; le immagini
di Agrippa, Augusto, Nerone; Nettuno col tridente; nove
statue muliebri di marmo e otto virili, tutte bellissime (0.
Cortile.
Fotografia del sig. L. Fortunato.
Quasi identico è l'elenco del Capaccio (2), il quale an-
ch'egli, come lo Schrader, trascurò gli oggetti di minor
conto, che furono poi menzionati dal Celano, quando la
maggior parte dei più importanti erano stati tolti « sì per
«i molti disastri accaduti a questa casa, ed anco perchè
«i padroni non abbiano curato, o non abbiano saputo,
« che decoro sieno le buone statue antiche ». Tra i di-
sastri bisogna comprendere le ruberie dei Vicerè e le liti
fra i vari rami dei Carafa di Maddaloni che si disputarono
nel seicento il possesso del palazzo.
Il Celano ricorda una testa di Cicerone; la statua intera
di Muzio Scevcla; quella di una Vestale; vari bassorilievi,
e fra essi una tavola nella quale stava scolpito « il tempo
« alato, che cosa più bella desiderar non si poteva »;
un'urna bene istoriata, una testa di Antinoo. « Per le scale
« — aggiunge — si vedono bellissimi torsi di marmo, e
« nobilissimi bassirilievi. Sulla porta della sala vi è il ri-
« tratto di marmo del Conte, ed anco quello della moglie.
« Sulle porte delle stanze si vedono teste bellissime anti-
« che. Nelle cantine vi stanno quantità di pezzi di statue
« rotte (') ».
Ma l'oggetto più importante della raccolta, quello che
per lungo tempo ha dato il nome al palazzo stesso, era la
testa del cavallo di bronzo, che ora trovasi al Museo, e
sulla quale s' è tanto fantasticato e disputato.
S'è detto che fosse opera greca, e che avesse fatta parte
di un antico cavallo di bronzo che sorgeva avanti al tempio
di Nettuno al posto dove si eleva ora l'obelisco di S. Gen-
naro. Simbolo di quel nume, o insegna della città, il ca-
vallo rimase a quel posto anche dopo che il tempio pagano
fu demolito e sulle sue rovine fu costruita la cattedrale.
V'era ancora al tempo di Corrado IV, il quale entrando
in Napoli vi fece aggiungere il freno quasi a segno del suo
dominio nella città. Il popolo lo credeva gettato per magia
da Virgilio che gli aveva data la virtù di guarire le infer-
mità dei cavalli. Del che irritati per la concorrenza i ma-
niscalchi lo bucarono, come si narra nella cronaca di Par-
tenope. « Dopo della quale percussione et roctura il dicto
« cavallo perdi la virtù e fu convertuto a la constructione
« delle campane della majore ecclesia de Napoli in nello
«a. 1322 ». Dalla fusione si salvò, e non si dice perchè
nè per opera di chi, la testa, che fu poi donata da Alfonso I
o da Ferdinando I d'Aragona al Conte di Maddaloni.
Di tutto questo racconto una sola cosa bisogna credere:
che fino al principio del secolo XIV era presso il Duomo
un cavallo di bronzo, e che dalla sua fusione furono fatte
alcune campane. Il resto è parto della fantasia popolare 0
di quella, spesso non meno feconda, degli eruditi, come ha
mostrato il Filangieri in una monografia pubblicata negli
addietro, alla quale rimandiamo il lettore vago di una più
completa conoscenza dell'argomento (2). Di quell'antico ca-
vallo di bronzo non può essere reliquia la testa già con-
conservata nel palazzo Maddaloni, prima di tutto per le ra-
gioni tecniche così ben riassunte nella nota del Capasso
che trascriviamo:
« Il corrugarsi delle pieghe, che veggonsi negli angoli
« delle mascelle, e la nessuna traccia di saldatura nella stessa
« bocca, e così pure l'estremità del collo slargato alla base
« oltre quello che la proporzione esige e le colature del
« bronzo fuso nel basso del collo, che indicano il termi-
li) Monumentorum Italiae, que hoc saeculo et a Christianis posita
sunt, libri quatuor editi a Laurentio Schradero Haberstadien Saxone,
Helmaestadii, tipis lacobi Lucii Transylvani MDXCII, Liber II, p. 248.
(2) Capaccio, Il Forastiero, Napoli, 1634, p. 854.
(1) Celano, ediz. Chiarini, III, 682.
(2) Filangieri, La testa di cavallo di bronzo già di casa Maddaloni
in via Sedile di Nido — in Arch. Storico per le provincie napoletane,
VII, 407.
51
regge una cornocopia; testa di un cavallo di bronzo colos-
sale; un dio marino; un giovinetto che fa violenza ad una
fanciulla; bue pronto pel sagrificio; un soldato clamidato
con una asta; un'ara e un dio Termine; una dea delle
selve coronata di fiori col caprio; una donna nuda dor-
mente; il giudizio di Paride; una testa di marmo verde;
un'altra di marmo lidio; e molte altre teste; le immagini
di Agrippa, Augusto, Nerone; Nettuno col tridente; nove
statue muliebri di marmo e otto virili, tutte bellissime (0.
Cortile.
Fotografia del sig. L. Fortunato.
Quasi identico è l'elenco del Capaccio (2), il quale an-
ch'egli, come lo Schrader, trascurò gli oggetti di minor
conto, che furono poi menzionati dal Celano, quando la
maggior parte dei più importanti erano stati tolti « sì per
«i molti disastri accaduti a questa casa, ed anco perchè
«i padroni non abbiano curato, o non abbiano saputo,
« che decoro sieno le buone statue antiche ». Tra i di-
sastri bisogna comprendere le ruberie dei Vicerè e le liti
fra i vari rami dei Carafa di Maddaloni che si disputarono
nel seicento il possesso del palazzo.
Il Celano ricorda una testa di Cicerone; la statua intera
di Muzio Scevcla; quella di una Vestale; vari bassorilievi,
e fra essi una tavola nella quale stava scolpito « il tempo
« alato, che cosa più bella desiderar non si poteva »;
un'urna bene istoriata, una testa di Antinoo. « Per le scale
« — aggiunge — si vedono bellissimi torsi di marmo, e
« nobilissimi bassirilievi. Sulla porta della sala vi è il ri-
« tratto di marmo del Conte, ed anco quello della moglie.
« Sulle porte delle stanze si vedono teste bellissime anti-
« che. Nelle cantine vi stanno quantità di pezzi di statue
« rotte (') ».
Ma l'oggetto più importante della raccolta, quello che
per lungo tempo ha dato il nome al palazzo stesso, era la
testa del cavallo di bronzo, che ora trovasi al Museo, e
sulla quale s' è tanto fantasticato e disputato.
S'è detto che fosse opera greca, e che avesse fatta parte
di un antico cavallo di bronzo che sorgeva avanti al tempio
di Nettuno al posto dove si eleva ora l'obelisco di S. Gen-
naro. Simbolo di quel nume, o insegna della città, il ca-
vallo rimase a quel posto anche dopo che il tempio pagano
fu demolito e sulle sue rovine fu costruita la cattedrale.
V'era ancora al tempo di Corrado IV, il quale entrando
in Napoli vi fece aggiungere il freno quasi a segno del suo
dominio nella città. Il popolo lo credeva gettato per magia
da Virgilio che gli aveva data la virtù di guarire le infer-
mità dei cavalli. Del che irritati per la concorrenza i ma-
niscalchi lo bucarono, come si narra nella cronaca di Par-
tenope. « Dopo della quale percussione et roctura il dicto
« cavallo perdi la virtù e fu convertuto a la constructione
« delle campane della majore ecclesia de Napoli in nello
«a. 1322 ». Dalla fusione si salvò, e non si dice perchè
nè per opera di chi, la testa, che fu poi donata da Alfonso I
o da Ferdinando I d'Aragona al Conte di Maddaloni.
Di tutto questo racconto una sola cosa bisogna credere:
che fino al principio del secolo XIV era presso il Duomo
un cavallo di bronzo, e che dalla sua fusione furono fatte
alcune campane. Il resto è parto della fantasia popolare 0
di quella, spesso non meno feconda, degli eruditi, come ha
mostrato il Filangieri in una monografia pubblicata negli
addietro, alla quale rimandiamo il lettore vago di una più
completa conoscenza dell'argomento (2). Di quell'antico ca-
vallo di bronzo non può essere reliquia la testa già con-
conservata nel palazzo Maddaloni, prima di tutto per le ra-
gioni tecniche così ben riassunte nella nota del Capasso
che trascriviamo:
« Il corrugarsi delle pieghe, che veggonsi negli angoli
« delle mascelle, e la nessuna traccia di saldatura nella stessa
« bocca, e così pure l'estremità del collo slargato alla base
« oltre quello che la proporzione esige e le colature del
« bronzo fuso nel basso del collo, che indicano il termi-
li) Monumentorum Italiae, que hoc saeculo et a Christianis posita
sunt, libri quatuor editi a Laurentio Schradero Haberstadien Saxone,
Helmaestadii, tipis lacobi Lucii Transylvani MDXCII, Liber II, p. 248.
(2) Capaccio, Il Forastiero, Napoli, 1634, p. 854.
(1) Celano, ediz. Chiarini, III, 682.
(2) Filangieri, La testa di cavallo di bronzo già di casa Maddaloni
in via Sedile di Nido — in Arch. Storico per le provincie napoletane,
VII, 407.