RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA
31
L'Imperiale — Quivi sta la Porta del Pertuso, quale nel principio
dell'anno 1640 è stata ampliata e ridotta in bellissima forma per or-
dine di D. Ramiro Filippo Gusman Duca di Medina Las Torres Vicerè.
Fin qui il Ms. — La Porta che si diceva del Pertuso
e poi Medina fu abbattuta nel 1876.
Bartolommeo Capasso.
NOTIZIE ED OSSERVAZIONI
LA FIGLIUOLA DELLO SPAGNOLETTO?
Sfogliando un volume dei noti Giornali manoscritti che vanno sotto
il nome d'Innocenzo Fuidoro (Bibl. Naz., X, B, 14), a f. 223 m'è ca-
pitata sott'occhio la seguente notizia:
« Questa mattina 28 di marzo 1667 ha pigliato possesso della
« R. Camera di Presidente Idiota Don .Morgano Giovane di
« diciotto anni in circa per haversi pigliata per moglie la Ribera, con la
« sorella della quale Don Giovanni di Austria fece una figliuola. »
Com'è noto, il De Dominici racconta che Giuseppe Ribera, detto
lo Spagnoletta, sposò Leonora Cortese, dalla quale ebbe cinque figliuoli,
due che morirono fanciulli, un maschio superstite, e due femmine,
Annicca che sposò D. Tommaso Marzano, e Maria Rosa, bellissima,
che Don Giovanni d'Austria nel 1649, quando fu a Napoli, rapì e con-
dusse seco a Palermo. Il padre, triste della vergogna, disparve e non
se ne seppe più nulla.
D'altra parte, i nostri lettori sanno anche come il Faraglia abbia
provato con documenti: 1) che la moglie di Giuseppe Ribera si chia-
mava D. Caterina Azzolino y India; 2) che il Ribera n'ebbe due fi-
gliuoli maschi, Francesco ed Antonio; 3) che si ha memoria ne' do-
cumenti di una sola figliuola femmina, sposata a Giovan Leonardo
Sersale; 4) che il Ribera non sparve tragicamente nei 1649, ma vi-
veva e dipingeva ancora nel 1651, e morì in Napoli probabilmente nel
principio del 1652 (vedi Arch. stor. per le prov. nap., XVII, pp. 669-678).
Ora che cosa bisogna pensare della notizia conservataci dal Fui-
doro, la quale sembrerebbe, a prima vista, porgere un valido aiuto
alla veridicità della narrazione del De Dominici?
Una cosa semplicissima: che D. Giovanni d'Austria ebbe per a-
mante in Napoli una donna di cognome Ribera, e che probabilmente,
su questa notizia, il De Dominici identificò l'amante di D. Giovanni
con la figliuola del pittore dello stesso cognome.
Che se poi si provasse che lo Spagnoletto, oltre la figliuola della
quale ci parlano i documenti, ne ebbe un'altra che fu l'amante di
Don Giovanni, non sarebbe men vero che il De Dominici inventò
tutti gli altri particolari di questo fatto.
Ma io non credo alla possibilità di questa prova; e lo stesso Fui-
doro, nel dare la notizia del matrimonio di una Ribera, difficilmente
si sarebbe astenuto dal dire ch'era figliuola del pittore Giuseppe, del
quale tante opere s'ammiravano in Napoli, e che era morto solo po-
chi anni prima.
Come il falsario De Dominici tolse dalla tradizione la notizia di
una Compagnia della Morte, realmente esistita, e ne fece una compa-
gnia di eroici pittori combattenti contro gli Spagnuoli, così egualmente
tolse dalla tradizione il nome di una Ribera amante di D. Giovanni
e ne fece la figlia dello Spagnoletto.
E Giuseppe Ribera, dall'altro mondo, dovette essere grato al suo
collega-biografo della corona, onde gli cingeva il capo, fatta di tutt'altro
che d'alloro!
Carlo III calunniato.
Nel Fanfulla della Domenica (a. XV, n. 3), in un articolo del va-
lente critico Giulio Cantalamessa, a proposito della nuova Legge delle
belle arti, discorrendosi delle opere d'arte rapite all'Italia in varii tempi
e in varii modi, si legge: « Alcune, come la Madonna del Pesce e lo
« Spasimo di Sicilia (di Raffaello) furono portate da Carlo III a Ma-
« drid, con aperta violenza, ecc. ».
Ora leggiamo nello stesso Fanfulla della Domenica (A. XV, n. 8)
una lettera sul proposito del nostro redattore B. Croce, che qui rias-
sumiamo.
Dice dunque il nostro redattore che Re Carlo III è stato calun-
niato dalle parole del Cantalamessa; cosa che, pur troppo, càpita spesso
a chi s'occupa di storia. Quanti processi penali per diffamazione avreb-
bero gli storici dai personaggi dei quali s'occupano, se questi rivives-
sero! E la calunnia, questa volta, è proprio scandalosa.
La Madonna del Pesce stava già nella chiesa di S. Domenico di
Napoli, nella cappella di S. Rosa. Il Capecelatro racconta nei suoi An-
nali come nell'anno 1638 il Vicerè Duca di Medina las Torres, con
l'assentimento del generale dell'ordine domenicano, la facesse traspor-
tare al palazzo reale, nella sua galleria privata. Indarno i frati ne mos-
sero lamento a Roma; e quando nel 1644 il Medina lasciò Napoli,
trasportò seco, con le altre ricchezze, il prezioso quadro, che l'anno
seguente divenne proprietà del re, Filippo IV. — Ora sta nel Museo
del Prado di Madrid, col numero 365, e col titolo: La Virgen del Pez.
E lo stesso Filippo IV fece nel 1661 l'acquisto dello Spasimo di
Sicilia, che, com'è noto, Raffaello aveva dipinto circa il 1516 per la
chiesa di S. Maria dello Spasimo di Palermo, dei frati Olivetani. Lo
chiese, e l'ottenne, anche col consenso del Generale dell'ordine; e in
quell'anno l'abate del monastero palermitano si recò di persona a
presentarlo al re, a Madrid. — Ora sta anche al Prado, n. 366.
Ma Carlo III non ha messo le mani, nè nell'una, nè nell'altra ra-
pina. E se Carlo III doveva essere tirato in ballo nella discussione
che s'è agitata nelle colonne del Fanfulla della Domenica, meritava
d'esser citato a tutt'altro titolo. Perchè, chi non ricorda quel che rac-
conta il Colletta nella sua Storia? Quando, Carlo, nel 1759, lasciò il
trono di Napoli per quello di Spagna, « nulla portò seco della corona
« di Napoli, volendo descritti e consegnati al ministero del nuovo re
« le gemme e le ricchezze, i fregi della sovranità, e per fino l'anello
« che portava in dito, da lui trovato negli scavi di Pompei, di nessun
« pregio per materia o lavoro, ma proprietà, egli diceva, dello stato; co-
« sicché oggi lo mostrano nel Museo, non per meraviglia di antichità, ma
« in documento della modestia di Carlo » (Storia, L. I., cap. IV, § 60).
Andate poi ad essere galantuomini, chè la storia ve ne rimeriterà!
*
Il Palazzo di Donn'Anna.
Leggiamo nel giornale II Mattino, a. II, n. 21 (21-22 gennaio 1893):
« Per misura preventiva, e per evitare funeste conseguenze, si è
« fatto noto al Genio Civile che le condizioni statiche del palazzo di
« Donn'Anna Carafa, a Posillipo, sono malferme.
« Ieri l'altro si staccarono infatti alcune grosse pietre dal lato si-
« nistro del palazzo: epperò l'ingegnere della Società dei trams cre-
« dette opportuno ordinare che tutti i cavalli appartenenti alla Società,
«e che si trovavano installati in uno di quei pianterreni, da tempo
« adibito a scuderie, fossero altrove ricoverati.
«È necessario dunque intimare immediato sgombero a quelle fa-
ce miglie di marinai, le quali in detto palazzo hanno domicilio. In
« proposito ci si dice che l'autorità municipale provvederà immanti-
« nenti ».
Per UN AFFRESCO DEL TRECENTO.
Un importante affresco orna una parete della sala dove ora il
Corriere di Napoli ha le macchine rotative, e che in antico era forse
il refettorio del piccolo convento di Francescani annesso al Monastero
di S. Chiara. Attribuito, nelle Guide posteriori alla pubblicazione del
romanzo storico del De Dominici, ad un immaginario maestro Simone
napoletano, è invece, certamente, pittura della scuola giottesca.
Ed è un vero peccato che sia tenuto li dentro; dove se ora è ben
custodito, chi sa a quali danni può andare incontro in un cambia-
mento d'inquilino; dove ad ogni modo non è bene in luce e l'osser-
vatore stenta fino a decifrarne il soggetto.
Molto opportunamente dunque un nostro redattore, che è anche
redattore del Corriere di Napoli, ne ha fatto argomento di un articolo
pubblicato su quel giornale. Nel quale egli propone che l'affresco sia
trasportato al Museo ad arricchire la collezione, non abbondante nè
bene ordinata, della pittura trecentistica.
E noi registriamo volentieri l'utile proposta di Salvador, perchè in
questa rubrica rimanga ricordo di ogni cosa che riguardi le cose della
nostra arte, e anche un po' per quella vaga speranza che gutta cavat
lapidem!
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L'Imperiale — Quivi sta la Porta del Pertuso, quale nel principio
dell'anno 1640 è stata ampliata e ridotta in bellissima forma per or-
dine di D. Ramiro Filippo Gusman Duca di Medina Las Torres Vicerè.
Fin qui il Ms. — La Porta che si diceva del Pertuso
e poi Medina fu abbattuta nel 1876.
Bartolommeo Capasso.
NOTIZIE ED OSSERVAZIONI
LA FIGLIUOLA DELLO SPAGNOLETTO?
Sfogliando un volume dei noti Giornali manoscritti che vanno sotto
il nome d'Innocenzo Fuidoro (Bibl. Naz., X, B, 14), a f. 223 m'è ca-
pitata sott'occhio la seguente notizia:
« Questa mattina 28 di marzo 1667 ha pigliato possesso della
« R. Camera di Presidente Idiota Don .Morgano Giovane di
« diciotto anni in circa per haversi pigliata per moglie la Ribera, con la
« sorella della quale Don Giovanni di Austria fece una figliuola. »
Com'è noto, il De Dominici racconta che Giuseppe Ribera, detto
lo Spagnoletta, sposò Leonora Cortese, dalla quale ebbe cinque figliuoli,
due che morirono fanciulli, un maschio superstite, e due femmine,
Annicca che sposò D. Tommaso Marzano, e Maria Rosa, bellissima,
che Don Giovanni d'Austria nel 1649, quando fu a Napoli, rapì e con-
dusse seco a Palermo. Il padre, triste della vergogna, disparve e non
se ne seppe più nulla.
D'altra parte, i nostri lettori sanno anche come il Faraglia abbia
provato con documenti: 1) che la moglie di Giuseppe Ribera si chia-
mava D. Caterina Azzolino y India; 2) che il Ribera n'ebbe due fi-
gliuoli maschi, Francesco ed Antonio; 3) che si ha memoria ne' do-
cumenti di una sola figliuola femmina, sposata a Giovan Leonardo
Sersale; 4) che il Ribera non sparve tragicamente nei 1649, ma vi-
veva e dipingeva ancora nel 1651, e morì in Napoli probabilmente nel
principio del 1652 (vedi Arch. stor. per le prov. nap., XVII, pp. 669-678).
Ora che cosa bisogna pensare della notizia conservataci dal Fui-
doro, la quale sembrerebbe, a prima vista, porgere un valido aiuto
alla veridicità della narrazione del De Dominici?
Una cosa semplicissima: che D. Giovanni d'Austria ebbe per a-
mante in Napoli una donna di cognome Ribera, e che probabilmente,
su questa notizia, il De Dominici identificò l'amante di D. Giovanni
con la figliuola del pittore dello stesso cognome.
Che se poi si provasse che lo Spagnoletto, oltre la figliuola della
quale ci parlano i documenti, ne ebbe un'altra che fu l'amante di
Don Giovanni, non sarebbe men vero che il De Dominici inventò
tutti gli altri particolari di questo fatto.
Ma io non credo alla possibilità di questa prova; e lo stesso Fui-
doro, nel dare la notizia del matrimonio di una Ribera, difficilmente
si sarebbe astenuto dal dire ch'era figliuola del pittore Giuseppe, del
quale tante opere s'ammiravano in Napoli, e che era morto solo po-
chi anni prima.
Come il falsario De Dominici tolse dalla tradizione la notizia di
una Compagnia della Morte, realmente esistita, e ne fece una compa-
gnia di eroici pittori combattenti contro gli Spagnuoli, così egualmente
tolse dalla tradizione il nome di una Ribera amante di D. Giovanni
e ne fece la figlia dello Spagnoletto.
E Giuseppe Ribera, dall'altro mondo, dovette essere grato al suo
collega-biografo della corona, onde gli cingeva il capo, fatta di tutt'altro
che d'alloro!
Carlo III calunniato.
Nel Fanfulla della Domenica (a. XV, n. 3), in un articolo del va-
lente critico Giulio Cantalamessa, a proposito della nuova Legge delle
belle arti, discorrendosi delle opere d'arte rapite all'Italia in varii tempi
e in varii modi, si legge: « Alcune, come la Madonna del Pesce e lo
« Spasimo di Sicilia (di Raffaello) furono portate da Carlo III a Ma-
« drid, con aperta violenza, ecc. ».
Ora leggiamo nello stesso Fanfulla della Domenica (A. XV, n. 8)
una lettera sul proposito del nostro redattore B. Croce, che qui rias-
sumiamo.
Dice dunque il nostro redattore che Re Carlo III è stato calun-
niato dalle parole del Cantalamessa; cosa che, pur troppo, càpita spesso
a chi s'occupa di storia. Quanti processi penali per diffamazione avreb-
bero gli storici dai personaggi dei quali s'occupano, se questi rivives-
sero! E la calunnia, questa volta, è proprio scandalosa.
La Madonna del Pesce stava già nella chiesa di S. Domenico di
Napoli, nella cappella di S. Rosa. Il Capecelatro racconta nei suoi An-
nali come nell'anno 1638 il Vicerè Duca di Medina las Torres, con
l'assentimento del generale dell'ordine domenicano, la facesse traspor-
tare al palazzo reale, nella sua galleria privata. Indarno i frati ne mos-
sero lamento a Roma; e quando nel 1644 il Medina lasciò Napoli,
trasportò seco, con le altre ricchezze, il prezioso quadro, che l'anno
seguente divenne proprietà del re, Filippo IV. — Ora sta nel Museo
del Prado di Madrid, col numero 365, e col titolo: La Virgen del Pez.
E lo stesso Filippo IV fece nel 1661 l'acquisto dello Spasimo di
Sicilia, che, com'è noto, Raffaello aveva dipinto circa il 1516 per la
chiesa di S. Maria dello Spasimo di Palermo, dei frati Olivetani. Lo
chiese, e l'ottenne, anche col consenso del Generale dell'ordine; e in
quell'anno l'abate del monastero palermitano si recò di persona a
presentarlo al re, a Madrid. — Ora sta anche al Prado, n. 366.
Ma Carlo III non ha messo le mani, nè nell'una, nè nell'altra ra-
pina. E se Carlo III doveva essere tirato in ballo nella discussione
che s'è agitata nelle colonne del Fanfulla della Domenica, meritava
d'esser citato a tutt'altro titolo. Perchè, chi non ricorda quel che rac-
conta il Colletta nella sua Storia? Quando, Carlo, nel 1759, lasciò il
trono di Napoli per quello di Spagna, « nulla portò seco della corona
« di Napoli, volendo descritti e consegnati al ministero del nuovo re
« le gemme e le ricchezze, i fregi della sovranità, e per fino l'anello
« che portava in dito, da lui trovato negli scavi di Pompei, di nessun
« pregio per materia o lavoro, ma proprietà, egli diceva, dello stato; co-
« sicché oggi lo mostrano nel Museo, non per meraviglia di antichità, ma
« in documento della modestia di Carlo » (Storia, L. I., cap. IV, § 60).
Andate poi ad essere galantuomini, chè la storia ve ne rimeriterà!
*
Il Palazzo di Donn'Anna.
Leggiamo nel giornale II Mattino, a. II, n. 21 (21-22 gennaio 1893):
« Per misura preventiva, e per evitare funeste conseguenze, si è
« fatto noto al Genio Civile che le condizioni statiche del palazzo di
« Donn'Anna Carafa, a Posillipo, sono malferme.
« Ieri l'altro si staccarono infatti alcune grosse pietre dal lato si-
« nistro del palazzo: epperò l'ingegnere della Società dei trams cre-
« dette opportuno ordinare che tutti i cavalli appartenenti alla Società,
«e che si trovavano installati in uno di quei pianterreni, da tempo
« adibito a scuderie, fossero altrove ricoverati.
«È necessario dunque intimare immediato sgombero a quelle fa-
ce miglie di marinai, le quali in detto palazzo hanno domicilio. In
« proposito ci si dice che l'autorità municipale provvederà immanti-
« nenti ».
Per UN AFFRESCO DEL TRECENTO.
Un importante affresco orna una parete della sala dove ora il
Corriere di Napoli ha le macchine rotative, e che in antico era forse
il refettorio del piccolo convento di Francescani annesso al Monastero
di S. Chiara. Attribuito, nelle Guide posteriori alla pubblicazione del
romanzo storico del De Dominici, ad un immaginario maestro Simone
napoletano, è invece, certamente, pittura della scuola giottesca.
Ed è un vero peccato che sia tenuto li dentro; dove se ora è ben
custodito, chi sa a quali danni può andare incontro in un cambia-
mento d'inquilino; dove ad ogni modo non è bene in luce e l'osser-
vatore stenta fino a decifrarne il soggetto.
Molto opportunamente dunque un nostro redattore, che è anche
redattore del Corriere di Napoli, ne ha fatto argomento di un articolo
pubblicato su quel giornale. Nel quale egli propone che l'affresco sia
trasportato al Museo ad arricchire la collezione, non abbondante nè
bene ordinata, della pittura trecentistica.
E noi registriamo volentieri l'utile proposta di Salvador, perchè in
questa rubrica rimanga ricordo di ogni cosa che riguardi le cose della
nostra arte, e anche un po' per quella vaga speranza che gutta cavat
lapidem!