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NAPOLI NOBILISSIMA
Fig. XXXVIII.
Pianta delle due chiese della Trinità.
(Dallo Schulz, Den^maeler, Atlante).
parti inferiori e rifacendo e aggiungendo parecchie cose
alle altre (O.
Ma i dubbii cadono sulla seconda chiesa, che si vede
in prolungamento della prima incompleta e devastata, in
mezzo a un giardino, la cui vegetazione covre le colonne
e i capitelli abbandonati.
« Rien de charmant —
« dice il Lenormant —
« comme l'aspect de ce
« verger riant dans une
« imposante ruine ».
Il piano di questa chie-
sa ha un perfetto riscon-
tro con quello della cat-
tedrale d'Acerenza. Esso
è tutto francese — con-
tinua il Lenormant: —
divisa a tre navi, forma
una croce latina, lunga
70 metri e larga 24, con
una crociera di metri 48.
La nave principale con
dodici enormi colonne,
sei per ciascun lato, con
capitelli imitati dal co-
rintio, di un bel garbo e
lavorati con finezza e precisione, è lunga 35 metri e larga
ir. Il coro è lungo 17 metri. E vi apparisce lo stesso
passaggio dietro ai pilastri, con le tre cappelle absidali (2).
Il materiale del quale i costruttori si servirono, in que-
sta come nella chiesa più antica, è cavato dai molti edi-
fizii romani dei contorni, e specie dall' anfiteatro di Ve-
nosa (3).
Ora la chiesa incompleta a qual tempo risale? Fu quella
cominciata e non compiuta da Roberto Guiscardo nel 1065,
per collocarvi la propria tomba, come sostiene il Lenor-
mant; il quale è spinto a quest' opinione anche dal con-
fronto con la cattedrale d'Acerenza, edificata secondo lui
nell' XI secolo? Ovvero, è ciò che resta della chiesa co-
minciata dai Benedettini dell' abbazia della Trinità, nella
seconda metà del secolo XIII, interrotta quando nel 1292
(1) Vedi per la descriz. lo Schulz, I, 321-8, e cfr. il Lenormant,
À travers l'Apulie et la Lucane, I, 210-4.
(2) Lenormant, 0. c., I, 208-210. Cfr. Schulz, 326-8; il quale di-
scorre anche dei belli e svariati capitelli delle colonne e uno ne ri-
produce, Tav. XLIX, fig. IV. « Esso mostra due linee di fogliame la-
« vorato nei minimi particolari con disopra volute di diversa forma »,
ed è notevole specialmente l'abile attacco tra il capitello e l'arco.
(3) Schulz, 0. c., I, 327; e cfr. Lenormant, 1. c., che dice: « Les
« murailles de l'abbaye de la Trinité constituent à elles seules un
« véritable musée épigraphique d'un aspect profondement originai ».
la badia, vuotata dai benedettini, fu donata ai Cavalieri
di Malta? Così afferma lo Schulz, e questa seconda opi-
nione è rafforzata da molteplici testimonianze, che non si
possono scuotere C).
Ma la pianta della chiesa della Trinità par copiata da
quella della cattedrale d'Acerenza! Certo, non si può ne-
gare; ma con questo non si prova che debbano essere
dell' epoca medesima. Qual meraviglia che i benedettini
della badia della Trinità tenessero presente come modello
da imitare per la loro chiesa la disposizione della chiesa
arcivescovile della non lontana Acerenza?
Della cattedrale di
Melfi è superstite, nella
sua forma antica, un bel
campanile, che ha due
iscrizioni dalle quali ap-
pare che fu costruito nel
1153, essendo vescovo
Ruggiero. L' architetto
aveva nome Noslo Re-
merii.
Il campanile ha, al so-
lito, incastrati parecchi
frammenti antichi. Esso
ha un'alta base quadrata,
due piani anche quadrati
e un coronamento ottan-
golare, posteriore, che ter-
mina in punta.
I piani son separati da
(Da un dipinto ad olio
Fotogr. di G. de Montemayor).
Fig. XXXIX. Campanile di Melfi. cornici che hanno ornati
formati di bottoni qua-
drangolari messi sulle
(1) Ecco come sarebbero andate le cose secondo uno scrittore del
secolo scorso, B. A. Lupoli, Iter Venusinum vetustis monumentis illustra-
tum, Napoli, 1793, p. 203:
« Ante annum MCCXCII a PP. Benedictinis novum in proximo
« templum excitari coeptum, cuius sane commendationem difficilli-
« mum est heic persequi, nam ut ex ipsis ruinis luculenter adparet,
« nequaquam alterum, quod cum eo comparare posses, in tota Apu-
cc liae regione invenies. Ipsi namque lapides ex veteri venusino am-
« phitheatro, ut non temere arbitror, eruti, maiestatem non exiguam
« certe conciliant aedificio. Nihil porro de architectonico ordine dicam,
« quo nihil augustius, nec de marmoreis pulcherrimis peristylis. Ve-
ce rum heu rerum humanarum vices! Quum jam plura aureorum millia
« in id operis impensa essent, unumque restaret, ut concamerationibus
« structis, absolveretur, sua fata sub ascia, ut ita dicam, persecuit.
« Interea enim ex apostolico Bonifacii VIII. diplomate dat. apud ur-
ee bem vet. VIII kal. octobr. Pontif. an. III. patres hinc esturbantur,
« eorumque coenobium una cum tempio, et bonis omnibus, militibus
« hospitalis S. Johannis traditur, qui etiamnum, monasterio funditus
NAPOLI NOBILISSIMA
Fig. XXXVIII.
Pianta delle due chiese della Trinità.
(Dallo Schulz, Den^maeler, Atlante).
parti inferiori e rifacendo e aggiungendo parecchie cose
alle altre (O.
Ma i dubbii cadono sulla seconda chiesa, che si vede
in prolungamento della prima incompleta e devastata, in
mezzo a un giardino, la cui vegetazione covre le colonne
e i capitelli abbandonati.
« Rien de charmant —
« dice il Lenormant —
« comme l'aspect de ce
« verger riant dans une
« imposante ruine ».
Il piano di questa chie-
sa ha un perfetto riscon-
tro con quello della cat-
tedrale d'Acerenza. Esso
è tutto francese — con-
tinua il Lenormant: —
divisa a tre navi, forma
una croce latina, lunga
70 metri e larga 24, con
una crociera di metri 48.
La nave principale con
dodici enormi colonne,
sei per ciascun lato, con
capitelli imitati dal co-
rintio, di un bel garbo e
lavorati con finezza e precisione, è lunga 35 metri e larga
ir. Il coro è lungo 17 metri. E vi apparisce lo stesso
passaggio dietro ai pilastri, con le tre cappelle absidali (2).
Il materiale del quale i costruttori si servirono, in que-
sta come nella chiesa più antica, è cavato dai molti edi-
fizii romani dei contorni, e specie dall' anfiteatro di Ve-
nosa (3).
Ora la chiesa incompleta a qual tempo risale? Fu quella
cominciata e non compiuta da Roberto Guiscardo nel 1065,
per collocarvi la propria tomba, come sostiene il Lenor-
mant; il quale è spinto a quest' opinione anche dal con-
fronto con la cattedrale d'Acerenza, edificata secondo lui
nell' XI secolo? Ovvero, è ciò che resta della chiesa co-
minciata dai Benedettini dell' abbazia della Trinità, nella
seconda metà del secolo XIII, interrotta quando nel 1292
(1) Vedi per la descriz. lo Schulz, I, 321-8, e cfr. il Lenormant,
À travers l'Apulie et la Lucane, I, 210-4.
(2) Lenormant, 0. c., I, 208-210. Cfr. Schulz, 326-8; il quale di-
scorre anche dei belli e svariati capitelli delle colonne e uno ne ri-
produce, Tav. XLIX, fig. IV. « Esso mostra due linee di fogliame la-
« vorato nei minimi particolari con disopra volute di diversa forma »,
ed è notevole specialmente l'abile attacco tra il capitello e l'arco.
(3) Schulz, 0. c., I, 327; e cfr. Lenormant, 1. c., che dice: « Les
« murailles de l'abbaye de la Trinité constituent à elles seules un
« véritable musée épigraphique d'un aspect profondement originai ».
la badia, vuotata dai benedettini, fu donata ai Cavalieri
di Malta? Così afferma lo Schulz, e questa seconda opi-
nione è rafforzata da molteplici testimonianze, che non si
possono scuotere C).
Ma la pianta della chiesa della Trinità par copiata da
quella della cattedrale d'Acerenza! Certo, non si può ne-
gare; ma con questo non si prova che debbano essere
dell' epoca medesima. Qual meraviglia che i benedettini
della badia della Trinità tenessero presente come modello
da imitare per la loro chiesa la disposizione della chiesa
arcivescovile della non lontana Acerenza?
Della cattedrale di
Melfi è superstite, nella
sua forma antica, un bel
campanile, che ha due
iscrizioni dalle quali ap-
pare che fu costruito nel
1153, essendo vescovo
Ruggiero. L' architetto
aveva nome Noslo Re-
merii.
Il campanile ha, al so-
lito, incastrati parecchi
frammenti antichi. Esso
ha un'alta base quadrata,
due piani anche quadrati
e un coronamento ottan-
golare, posteriore, che ter-
mina in punta.
I piani son separati da
(Da un dipinto ad olio
Fotogr. di G. de Montemayor).
Fig. XXXIX. Campanile di Melfi. cornici che hanno ornati
formati di bottoni qua-
drangolari messi sulle
(1) Ecco come sarebbero andate le cose secondo uno scrittore del
secolo scorso, B. A. Lupoli, Iter Venusinum vetustis monumentis illustra-
tum, Napoli, 1793, p. 203:
« Ante annum MCCXCII a PP. Benedictinis novum in proximo
« templum excitari coeptum, cuius sane commendationem difficilli-
« mum est heic persequi, nam ut ex ipsis ruinis luculenter adparet,
« nequaquam alterum, quod cum eo comparare posses, in tota Apu-
cc liae regione invenies. Ipsi namque lapides ex veteri venusino am-
« phitheatro, ut non temere arbitror, eruti, maiestatem non exiguam
« certe conciliant aedificio. Nihil porro de architectonico ordine dicam,
« quo nihil augustius, nec de marmoreis pulcherrimis peristylis. Ve-
ce rum heu rerum humanarum vices! Quum jam plura aureorum millia
« in id operis impensa essent, unumque restaret, ut concamerationibus
« structis, absolveretur, sua fata sub ascia, ut ita dicam, persecuit.
« Interea enim ex apostolico Bonifacii VIII. diplomate dat. apud ur-
ee bem vet. VIII kal. octobr. Pontif. an. III. patres hinc esturbantur,
« eorumque coenobium una cum tempio, et bonis omnibus, militibus
« hospitalis S. Johannis traditur, qui etiamnum, monasterio funditus