472 le vicinanze
borbonico come opere di stupenda bellezza, una di Nonio Balbo
figlio, un’altra del padre, i quali avendo ben meritato della nazio-
ne ercolancse ottennero l’onore di quelle statue, e questi preziosi
avanzi di antichità furono da principio collocati colà nel palazzo
innanzi alle due magnifiche scale marmoree che giungono al pri-
mo appartamento reale. Il Ile avendo notizia degli scavamenti
con felice successo incominciati nel principio di quel secolo dal
Principe di Elbeuf Emmanuele di Lorena, comandante in Napoli
le armi per l’imperatore Carlo VI, e propriamente presso al casino
detto ancora oggi di Elbeuf, comandò che venissero continuati,
destinando il palazzo diportici a contenerne gli oggetti. Tutte que-
ste ricchezze cresciute in numero, vennero negli anni seguenti tra-
mutate nel museo borbonico, ma ncH’osservare il grande apparta-
mento reale composto di oltre a quaranta stanze, sono meritevoli
di ammirazione i pavimenti di alcune tra esse i quali andarono ad
ornarle, trasportati tutti interi con mirabile attenzione da quelle
rovine , con altri leggiadrissimi lavori in bronzo di piccola mole,
ma di finissimo gusto, che ancora si conservano in quelle sale. Qui
non crediamo poter omettere di riferire un atto di reale modera-
zione dal quale apparisce qual si fosse l’animo di quel re, che dopo
avere arricchito di edifici la città e le sue vicinanze, dopo avere
innalzato ad invidiabile altezza lo stato morale di un popolo lun-
gamente oppresso da straniero dominio, non volle portar seco una
sola memoria di quelle antichità che sodo a lui dovute e che for-
mano la maraviglia del mondo. Portò molti anni in dito un anello
nel quale era incastonata una pietra incisa a foggia di una masche-
rata scenica, e la portava e l’aveva carissima in memoria degli sca-
vi; ma oggi ancora, dopo cento anni, chi avesse vaghezza di veder-
la , la troverebbe conservata nel musco borbonico, perocché il
principe chiamato a reggere il trono delle Spagne, e dichiarando
monarchia indipendente quella di Napoli, depositò l’anello al suo
posto, dicendo non appartenergli per nessun titolo. Dopo essere
stati trasportati in Napoli tutti gli oggetti ercolanesi, il palazzo
fu adornato in altri modi da’ principi successori. Vennero arric-
chite le pareti di stoffe lavorate nella fabbrica di san Leucio, tras-
portati colà alcuni quadri, aggiungendoli agli altri di scuola napo-
litana che già adornavano quelle stanze. Non sarà inutile il dire
borbonico come opere di stupenda bellezza, una di Nonio Balbo
figlio, un’altra del padre, i quali avendo ben meritato della nazio-
ne ercolancse ottennero l’onore di quelle statue, e questi preziosi
avanzi di antichità furono da principio collocati colà nel palazzo
innanzi alle due magnifiche scale marmoree che giungono al pri-
mo appartamento reale. Il Ile avendo notizia degli scavamenti
con felice successo incominciati nel principio di quel secolo dal
Principe di Elbeuf Emmanuele di Lorena, comandante in Napoli
le armi per l’imperatore Carlo VI, e propriamente presso al casino
detto ancora oggi di Elbeuf, comandò che venissero continuati,
destinando il palazzo diportici a contenerne gli oggetti. Tutte que-
ste ricchezze cresciute in numero, vennero negli anni seguenti tra-
mutate nel museo borbonico, ma ncH’osservare il grande apparta-
mento reale composto di oltre a quaranta stanze, sono meritevoli
di ammirazione i pavimenti di alcune tra esse i quali andarono ad
ornarle, trasportati tutti interi con mirabile attenzione da quelle
rovine , con altri leggiadrissimi lavori in bronzo di piccola mole,
ma di finissimo gusto, che ancora si conservano in quelle sale. Qui
non crediamo poter omettere di riferire un atto di reale modera-
zione dal quale apparisce qual si fosse l’animo di quel re, che dopo
avere arricchito di edifici la città e le sue vicinanze, dopo avere
innalzato ad invidiabile altezza lo stato morale di un popolo lun-
gamente oppresso da straniero dominio, non volle portar seco una
sola memoria di quelle antichità che sodo a lui dovute e che for-
mano la maraviglia del mondo. Portò molti anni in dito un anello
nel quale era incastonata una pietra incisa a foggia di una masche-
rata scenica, e la portava e l’aveva carissima in memoria degli sca-
vi; ma oggi ancora, dopo cento anni, chi avesse vaghezza di veder-
la , la troverebbe conservata nel musco borbonico, perocché il
principe chiamato a reggere il trono delle Spagne, e dichiarando
monarchia indipendente quella di Napoli, depositò l’anello al suo
posto, dicendo non appartenergli per nessun titolo. Dopo essere
stati trasportati in Napoli tutti gli oggetti ercolanesi, il palazzo
fu adornato in altri modi da’ principi successori. Vennero arric-
chite le pareti di stoffe lavorate nella fabbrica di san Leucio, tras-
portati colà alcuni quadri, aggiungendoli agli altri di scuola napo-
litana che già adornavano quelle stanze. Non sarà inutile il dire