de'plostri in Roma usati perle cerimonie del-
la Madre degli dei ; e Prudenzio Rom.mart.
104 dice : Nudare plantas ante carpentum
scio proceres togatos Matris Idaeae sacris .
Nigeilus lapis evehendus essedo muliebri* oris
clausus argento sedet, quem dum ad lavacrum
praeeundo ducitis, pedes remotis offeretis caì-
ceis , Almonis usque pervenitis rivulum . In
Cartagine costumava portarla in lettiga .
S. Agostino de civ. 2,4: Ludis turpissimi!
qui diis deabusque exhibebantur oblectabamur,
Codesti Vìrgini et Berecyntiae Matri omnium,
ante cujus lecticam die solemni lavationis ejus
taìia per publicum cantìtabantur a nequissimis
scenicis, qualia non dico matrem deorum sed
nec matrem ipsam scenicorum deceret audire.
Che a Pessinunte la lavanda si facesse nel
Gallo , inferisco massimamente dai passi di
Erodiano , Giuliano e Sallustio , citati nota
? 8 e 8^ , e suppongo essere egli stato un fiu-
micello che nel Sangario si perdeva , e forse a
questo il suo nome comunicava . Altrimenti
strano parrebbe che le notizie geografiche pres-
so gli antichi relative al Gallo , tanto nomi-
nato nella favola metroa e tanto famoso
per la qualità favolosamente attribuita alle
sue acque, di far perder il cervello a chi
ne bevesse ed istigarlo ad eunucarsi ( Ovid.
fast. 41 359, Plin. 5 , 32, Stefano, Vibio ,
Festo v. Gallus ) , siano talmente contrad-
ditorie che Cellario non abbia saputo in
alcun modo combinarle. Cosa quasi consi-
mile del Sangario favoleggia Plutarco de
fumiti, v. tra^ttp/? . Del restante oltre quest'
annua lustrazione del simulacro della dea,
troviamo in Dione 4& , 43 , che nell'anno
di Roma 716 , avendo alcuni fanatici de-
nunziato che la Gran madre irata era con-
tro il popolo , fu per ordine de' Sibillini
la sua immagine portata al mare, ed ivi
non senza pericolo di sommersione lavata
e purificata . Falcone! pensa che l'istesso
sia fatto nel 652 in occasioo della venuta
di Battace o Batab3ce gransacerdcte di Pes-
sinunte , della quale in modo molto discor-
de narrano Diodoro exc. I 34 e Plutarco
Marius e 17.
A pagina 19-
121 Potrebbe forse addursi l'iscrizione
Corfiniese appo Muratori 145 5 1 ■> ove gi."
cesi ch'un certo Mario Faretra sacerdote Attl-
ni liutam argenteam posit, ma di tante aitre
103
deità vediamo J simulacri accompagnati da-
gli astri del sole e della luna , e nomina-
tamente Cibele ed Atti nei sopra descritti
contorniati . Ed in quelP istessa lapida leg-
giamo di più che Acca Prima ministra del-
la Gran madre Attini comam inauravit »
locchè più ch'ad altro converrebbe all'im-
magine del sole . L'epiteto Menoturanno,
di cui s'è detto alla nota 102, è stato da
dotti uomini interpretato come significante
Genio del mese , che sarebbe la luna , c
Gesnero ha creduto nel verso 40 di quel-
la farragine d'invocazioni di numi chiari
ed oscuri , greci e barbari , stranamente
complicati e commisti, nota sotto titolo
d'evx» cp?£4>? wpo? fiovectiQv > trovare un Atti
Men ossia Mese . Ma quanto al Menoturanno
ho già esposto la mia opinione , e nel verso
pjjTipa t' a.ba.va.T(éV arriv uà] finva. xwXnFXto
sembrami vedere tre deità , come oggetti
di vener2zione presso i Frigi e popoli vi-
cini , Cibele , Atti, Luno , secondo la cre-
denza di quel secolo la terra , il sole, la
luna . Penso per altro il Mene o Luno de'
Frigi essere deità di più recente invenzio-
ne, quando essi stessi più non sapevano
che cosa in principio col lor Atti aveano
voluto significare . Così presso Greci e Ro-
mani Luna , Diana , Ecate , erano e non
erano l'istessa cosa; ed Orfeo avrebbe avu-
to ragione se Atti chiamato avesse Mene ,
ma atteso lo spirito de' tempi non credo
che così "l'abbia voluto chiamare .
122 Parimente nell'ara di S. Niccolò ai
Cesarmi più volte citata come uno de'prin-
cipali monumenti del culto Frigio ( not.
70.75. 88.91. 102 ), vedonsi scolpiti questi
due animali in due diverse facciate , in mo-
do che il toro si trovi nel compartimento
inferiore di quella facciata , ov'è figurata la
dea sul coccnio da leoni tirato ed incon-
tro il cocchio un pino ; l'ariete in simile
campo sul basso dell' altra facciata, ov' è
Atti in piedi sott' altro pino e da altro
ariete accompagnato . L'ara Lionese che fra
tutte le tauroboliache è la più antica ( no-
ta 57 ) , ha sotto T iscrizione una testa di
toro vinata , nel iato destro una simile d'a-
riete , nel sinistro un coltello delia foggia
della cosi detta arpe di Perseo : e quella Ko-
mana eh' è l'ultimo monumento del tauro-
bolio ( nota 59 ) , nel lato sinistro mostra
un toro all'ombra d'un pino , da cui peri:
don un pedo e due flauti , nel destro un
la Madre degli dei ; e Prudenzio Rom.mart.
104 dice : Nudare plantas ante carpentum
scio proceres togatos Matris Idaeae sacris .
Nigeilus lapis evehendus essedo muliebri* oris
clausus argento sedet, quem dum ad lavacrum
praeeundo ducitis, pedes remotis offeretis caì-
ceis , Almonis usque pervenitis rivulum . In
Cartagine costumava portarla in lettiga .
S. Agostino de civ. 2,4: Ludis turpissimi!
qui diis deabusque exhibebantur oblectabamur,
Codesti Vìrgini et Berecyntiae Matri omnium,
ante cujus lecticam die solemni lavationis ejus
taìia per publicum cantìtabantur a nequissimis
scenicis, qualia non dico matrem deorum sed
nec matrem ipsam scenicorum deceret audire.
Che a Pessinunte la lavanda si facesse nel
Gallo , inferisco massimamente dai passi di
Erodiano , Giuliano e Sallustio , citati nota
? 8 e 8^ , e suppongo essere egli stato un fiu-
micello che nel Sangario si perdeva , e forse a
questo il suo nome comunicava . Altrimenti
strano parrebbe che le notizie geografiche pres-
so gli antichi relative al Gallo , tanto nomi-
nato nella favola metroa e tanto famoso
per la qualità favolosamente attribuita alle
sue acque, di far perder il cervello a chi
ne bevesse ed istigarlo ad eunucarsi ( Ovid.
fast. 41 359, Plin. 5 , 32, Stefano, Vibio ,
Festo v. Gallus ) , siano talmente contrad-
ditorie che Cellario non abbia saputo in
alcun modo combinarle. Cosa quasi consi-
mile del Sangario favoleggia Plutarco de
fumiti, v. tra^ttp/? . Del restante oltre quest'
annua lustrazione del simulacro della dea,
troviamo in Dione 4& , 43 , che nell'anno
di Roma 716 , avendo alcuni fanatici de-
nunziato che la Gran madre irata era con-
tro il popolo , fu per ordine de' Sibillini
la sua immagine portata al mare, ed ivi
non senza pericolo di sommersione lavata
e purificata . Falcone! pensa che l'istesso
sia fatto nel 652 in occasioo della venuta
di Battace o Batab3ce gransacerdcte di Pes-
sinunte , della quale in modo molto discor-
de narrano Diodoro exc. I 34 e Plutarco
Marius e 17.
A pagina 19-
121 Potrebbe forse addursi l'iscrizione
Corfiniese appo Muratori 145 5 1 ■> ove gi."
cesi ch'un certo Mario Faretra sacerdote Attl-
ni liutam argenteam posit, ma di tante aitre
103
deità vediamo J simulacri accompagnati da-
gli astri del sole e della luna , e nomina-
tamente Cibele ed Atti nei sopra descritti
contorniati . Ed in quelP istessa lapida leg-
giamo di più che Acca Prima ministra del-
la Gran madre Attini comam inauravit »
locchè più ch'ad altro converrebbe all'im-
magine del sole . L'epiteto Menoturanno,
di cui s'è detto alla nota 102, è stato da
dotti uomini interpretato come significante
Genio del mese , che sarebbe la luna , c
Gesnero ha creduto nel verso 40 di quel-
la farragine d'invocazioni di numi chiari
ed oscuri , greci e barbari , stranamente
complicati e commisti, nota sotto titolo
d'evx» cp?£4>? wpo? fiovectiQv > trovare un Atti
Men ossia Mese . Ma quanto al Menoturanno
ho già esposto la mia opinione , e nel verso
pjjTipa t' a.ba.va.T(éV arriv uà] finva. xwXnFXto
sembrami vedere tre deità , come oggetti
di vener2zione presso i Frigi e popoli vi-
cini , Cibele , Atti, Luno , secondo la cre-
denza di quel secolo la terra , il sole, la
luna . Penso per altro il Mene o Luno de'
Frigi essere deità di più recente invenzio-
ne, quando essi stessi più non sapevano
che cosa in principio col lor Atti aveano
voluto significare . Così presso Greci e Ro-
mani Luna , Diana , Ecate , erano e non
erano l'istessa cosa; ed Orfeo avrebbe avu-
to ragione se Atti chiamato avesse Mene ,
ma atteso lo spirito de' tempi non credo
che così "l'abbia voluto chiamare .
122 Parimente nell'ara di S. Niccolò ai
Cesarmi più volte citata come uno de'prin-
cipali monumenti del culto Frigio ( not.
70.75. 88.91. 102 ), vedonsi scolpiti questi
due animali in due diverse facciate , in mo-
do che il toro si trovi nel compartimento
inferiore di quella facciata , ov'è figurata la
dea sul coccnio da leoni tirato ed incon-
tro il cocchio un pino ; l'ariete in simile
campo sul basso dell' altra facciata, ov' è
Atti in piedi sott' altro pino e da altro
ariete accompagnato . L'ara Lionese che fra
tutte le tauroboliache è la più antica ( no-
ta 57 ) , ha sotto T iscrizione una testa di
toro vinata , nel iato destro una simile d'a-
riete , nel sinistro un coltello delia foggia
della cosi detta arpe di Perseo : e quella Ko-
mana eh' è l'ultimo monumento del tauro-
bolio ( nota 59 ) , nel lato sinistro mostra
un toro all'ombra d'un pino , da cui peri:
don un pedo e due flauti , nel destro un