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Archivio storico dell'arte — 2.Ser. 2.1896

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Fasc. I
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Malaguzzi Valeri, Francesco: La chiesa "della Santa" a Bologna
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https://doi.org/10.11588/diglit.19208#0106

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LA CHIESA " DELLA SANTA „ A BOLOGNA

'attività edilizia che fiori a Bologna nella seconda metà
del Quattrocento fu eccezionale, a giudicare dalle notizie
che vanno rivelando gli archivi bolognesi. Gli edifici di
quel tempo che poterono attraversare incolumi i quattro
secoli che seguirono, tanto facili ad accogliere i prodotti
fantastici dei nuovi architetti quanto difficili a tollerare
quelli più modesti e gentili dell'età d'oro non rappre-
sentano che la minor parte di quella produzione. Fu tutta
una rifioritura artistica che andò aumentando verso gli
ultimi anni del secolo xv, incoraggiata dalle richieste
di privati, di conventi, di chiese, di confraternite. Per non
parlare che degli edifici religiosi, i risultati delle nostre
ricerche ci assicurano che in quel periodo si lavorava
attivamente, oltre che in San Petronio, oggetto di lavori quasi continui per tre secoli, in
San Salvatore, in Santa Maria degli Angioli, in Sant'Agnese, in San Giovanni in Monte,
in San Proculo, in San Martino Maggiore, in Santa Maria Nuova, in San Giacomo e nel-
l'annesso portico, nell'oratorio dei Filippini «la Madonna di Galliera » ; parte costruendo
di pianta e parte rimodernando, e, fuori di città, in San Giuseppe, a Ronzano, a San Francesco
della Riccardina e a San Michele in Bosco: in quest'ultimo convento tutta una schiera di
capi-mastri innalzava chiostri, dormitori, numerose celle, poco dopo demolite dalle truppe di
Armaciotto dei Ramazzotti, in attesa che nel principio del Cinquecento altri stuoli d'artisti
trovassero in quella fabbrica lavoro e onori. E i libri di spese di conventi e di confraternite
rivelano nomi di architetti, di maestri di cotto, di tagliapietre, di muratori, di pittori, di
decoratori, in gran parte caduti in dimenticanza, e contratti, collaudi, liti, suppliche d'artisti
non pagati: e allo studioso che fruga fra quelle carte appare ancora la fugace visione di
quell'ambiente così triste e così raffinato.

Ricchissima, fra i prodotti architettonici di quel periodo, la facciata della chiesa del
Corpus Domini, più nota sotto il nome di Santa Caterina, o senz'altro, « la Santa ». L'esu-
beranza di quella decorazione esposta ai guasti e alle intemperie ci mostra fino a che punto
arrivasse il compito dell'artista nel secolo xv: la parte decorativa vi ha il sopravvento
sull'architettonica che è modestissima. Che autore di tale decorazione in terra cotta debba
ritenersi Sperandio da Mantova è cosa già nota agli studiosi dopo le osservazioni del prof. Adolfo
Venturi, che tessè pel primo la vita dell'artista sui documenti, e fece notare la grande
somiglianza tra la decorazione di questa porta e quella della tomba di Alessandro Y, in
San Francesco, opera di Sperandio, come scoprì il signor Alfonso Rubbiani nei libri del
 
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