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Archivio storico dell'arte — 2.Ser. 2.1896

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Fasc. III
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Nuovi documenti
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https://doi.org/10.11588/diglit.19208#0348

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314

NUOVI DOCUMENTI

mente, che nei registri degli ufficiali (li notte ed
in tutti i documenti del tempo non si trova mai
adoperata la parola abita, ma in sua vece usasi sta.

Così nei verbali del processo, che pubblicheremo
in fine di questa nota si legge:

« Bart. lieo di Pasquino orafo sfa in vachereccia.

« Lionardo di Ser Piero da Vinci sta con An-
drea del Verrocchio.

« Baccino farsettaio sta da orto San Michele,
in quella via, che v'è due botteghe grandi di ci-
matori, che va alla loggia di Cierchi, ha aperto
bottega di nuovo da farsettaio, ecc. »

Di questa espressione stare si serviva spesso
anche Leonardo, dandole il significato di abitare
« Jacopo venne a stare meco » (C, 15), « Galeazzo
venne a stare meco » (H, 41), etc. 1

Oltre all'esser legittima interpretazione, che
Leonardo abitasse col Verrocchio, nulla ci ostacola
il crederlo. Anzi sappiamo, che spesso per trarre
maggior profitto i giovani che imparavano a di-
pingere coabitavano col loro maestro.

Di simili esempi abbonda l'opera del Vasari, e
d'altra parte noi sappiamo, che nel 1480 Leonardo,
tuttoché fosse a Firenze, non abitava più col suo
maestro.

I tre personaggi citati e un tal Leonardo Tor-
nabuoni erano accusati di non leciti rapporti con
un Jacopo Salterello, giovinetto di 17 anni. La de-
nunzia fu fatta ed il giorno 9 aprile 1476 gl'impu-
tati comparvero in San Marco alla presenza di Tom-
maso Corsini, che presiedeva allora la polizia di notte,
che era costituita dai « conservatores honestatis
monasterii civitatis Florentiae et ejus comitatus ».

Furono aperti i tamburi e fu letta la denunzia
anonima. Il tribunale, udita l'accusa ed udite le
discolpe, assolvè gl'imputati a condizione che do-
vessero subire una novella tamburazione, acciò che
i fatti fossero meglio assodati e messa in luce la
loro innocenza o la loro reità.

Nella sentenza del 7 giugno gl' imputati furono
completamente assoluti ed a proposito di Leonardo
è scritto: « Leonardus S. Pieri de Vincio mane.t cum
Andrea del Verrocchio ».

La parola manet va spiegata così:

È chiaro, che la sentenza non poteva avere
che due esiti: o che Leonardo dovesse subir pena
e, nel caso che la pena fosse stata personale, esser
ritenuto in S. Marco o in altro carcere, a cui i giu-
dici lo avessero destinato; o che l'esito fosse stato

1 Ravaisson-Mollien, op. cit., tome troisième et tome

sixième. Cod. C e cod. II, luoghi indicati.

favorevole ed allora Leonardo sarebbe stato riman-
dato a casa sua, ch'era pur quella del suo maestro.

Senza occuparci della innocenza o meno degli
altri accusati, di cui i nomi non hanno nessun in-
teresse per noi, esamineremo il caso di Leonardo.

Accusato da una denuncia anonima ed assoluto
completamente, di perfetta, anzi squisita morale,
come risulta da tutta la sua vita e da tutti i suoi
scritti, capace quant'altri mai di conoscere il bello,
il vero ed il bene, alieno da ogni amore, che non sia
secondo le leggi di natura, ch'egli stesso avea formu-
late: « Venerem obversam e legibus naturae solam
hominibusconvenire», come fu scritto nellasua «Ta-
bula anatomica » pubblicata a Brunswich nel 1830,
Leonardo è certamente superiore ad ogni sospet'o.

Ma s'io non m'inganno, è negli appunti stessi
di Leonardo, che si trovala spiegazione dell'equi-
voco, quantunque il passo, che sembra riferirsi a
questo fatto venne interpretato diversamente dai
diversi scrittori.

« Quando io feci domeneddio putto, voi mi met-
teste in prigione; ora s'io lo fo grande, voi mi
farete peggio » (Govi). 1

« Quando io feci bene, essendo putto, voi mi
metteste in prigione; ora s'io lo fo grande voi mi
farete peggio » (Richter). 2

« Quando io feci Bensenedo putto, voi mi met-
teste in prigione; ora s'io lo fo grande voi mi fa-
rete peggio ». (Lettura nostra). (Cod. Atlantico Ms.
dell'Ambrosiana di Milano, c. 284 r.).

In qualunque modo, o ch'egli abbia dipinto un
Cristo adolescente, o un personaggio o altro, è certo,
che non trovandosi altro indizio di prigionia sof-
ferta da Leonardo, deve ritenersi ch'egli abbia in-
teso alludere ai due mesi passati in San Marco.

L'equivoco è quindi scomparso, lo ha dileguato
Leonardo stesso. Egli si serviva di Jacopo Salta-
rello come modello d'un suo quadro. Volle il caso,
che quel ragazzo non godendo buona fama, chi lo
vide praticare nello studio di Leonardo, lo suppose
in illeciti rapporti con lui e di qui ebbe luogo la
denuncia segreta alla Polizia di notte.

Così ci sembra aver mostrato che i documenti
che si citavano per calunniare Leonardo provano
invece la sua perfetta innocenza; e la leggerezza
della critica francese e talvolta anche della tedesca
viene dimostrata una volta di più.

Nino Smiraqlia Scoonamiglio.

1 Govi, Leonardo letterato e scienziato, (in) Saggio
della vita e delle opere di Leonardo da Vinci.

2 Richter, op. cit.
 
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