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lì prefetto di Roma

h'ssimo Caes. pio felici invietoAug. (x) ; ma Carino «era già nobi-
lissimo Cesare quando fu salutato Augusto, onde non altro avrà
fatto se non conservare l'antico titolo che al sopravvenire della
maggiore dignità si aveva in costume di deporre ». Applicando
questa spiegazione alla epigrafe del modio mediceo, il Borghesi
sostiene che l'autore della innovazione sopradetta non può essere
che Gordiano III, il quale divenne nobilissimo Cesare essendo Au-
gusti Balbino e Pupieno e poi regnò da solo senza che al suo tempo
vi fosse alcun Cesare. Ma a me pare che l'esempio dell'imperatore
Carino non quadri abbastanza ; difatti nelle sue iscrizioni il ti-
tolo di nobilissimo Cesare precede quello di Augusto, appunto
perchè Carino era già nobilissimo Cesare quando venne proclamato
Augusto, mentre nella epigrafe di Firenze, il titolo di Augusto
precede quello di Cesare e quindi bisognerebbe ammettere che l'im-
peratore regnante non fosse stato Cesare quando diventò Augusto,
cosa assurda, se esso è Gordiano III, come pensa il Borghesi. Il
vero è che la ipotesi Borghesiana nasconde una petizione di prin-
cipio, come direbbero i filosofi, ossia suppone accertato che
le parole nobilissimo Caesari debbano realmente aggiungersi alle
altre sanclissimo Augusto n., ciò che invece dovrebbe dimostrarsi :
quod erat demonstrandum. Ma la petizione di principio deriva dal
fatto che, secondo il Borghesi, l'epigrafe del modio Mediceo, contra-
riamente al testo che leggesi nella silloge di Ermanno Dessau,
n. 8627, non presenta alcuna abrasione: fra le parole AVG • N • e
le altre NOBILISSIMO ■ CAES • non vi è soluzione di continuità
alcuna ; anzi diremo più chiaramente, il Borghesi non dubita
neppure che nella epigrafe esista una parte abrasa o lacuna, per
la ragione principalissima che di questa parte abrasa o lacuna non
fanno cenno i precedenti editori della iscrizione eccettuato il
Corsini (2), citati dallo stesso Borghesi e che sono, oltre il Cor-

(') C li, 3835 ; 476J ; cfr. Dessau, 606.

(2) Series praefectorum urbis, p. 220: « cum in hac ipsa epigraphe dt-
eatUT Sancissimo Avg. n.....nobilissimo Caesare ». Il Corsini erroneamente,
 
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