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della topografia cimiteriale, è dimostrata dai codici medesimi dell'indice citato
e dalle loro varianti, come nel tomo I a pagine 159, 160 ho dichiarato.

Il Ciacconio adunque da sì fallace guida sviato trasferì dalla Salaria al-
l'Appia il cimitero di s. Felicita ; e ne die il nome ai sotterranei, che sono
il tema del presente discorso. E coerentemente al suo errore riconobbe quivi, sia
nella piccola basilica a tre absidi sopra terra, sia in una delle tante grandiose cripte
sotterra, il sacellum s. Felicitatis col sepolcro del papa Bonifacio I. Vero è, ch'egli
pretende aver visto l'iscrizione di cotesto sepolcro. Ma perchè mai un sì prezioso
epitafìo da ninno fu trascritto ; non dal Ciacconio medesimo, non dai contemporanei
di lui de Winghe e Bosio avidi e diligentissimi collettori di siffatti monumenti ?
La storia ci impone di negare fede al preteso epitafio del papa Bonifacio I in un
sacello dell'Appia : il silenzio di coloro, che avrebbero dovuto trascrivercene il testo,
concorda con gli storici insegnamenti. Non perciò dico, che il Ciacconio abbia im-
pudentemente mentito. Da errore nasce errore ; e la loro generazione è spontanea.
Posta la persuasione, che il coemeteriiiìn s. Felicitatis e perciò il sepolcro del papa
Bonifacio I fossero negli ipogei contigui al coemelerium Callisti sull'Appia, qualsi-
voglia epitafio o frammento quivi veduto nominante un Bonifacio (e il numero
ne è grande nelle cristiane necropoli) fu stimato del papa primo di quel nome.
Né il Ciacconio nell'infanzia dei nostri studii ebbe critica e perizia della cristiana
epigrafia. Concludiamo, che le ricerche e le opinioni di quel precursore del Bosio
intorno al nostro cimitero in luogo di darci alcun lume sul suo nome e sulla sua
storia, ci hanno fornito materia di confutazione d'un vecchio errore, che non era
stato mai chiamato al debito esame e competentemente condannato. Pur nondi-
meno qualche frutto coglieremo dalle ciacconiane ricerche : esse ci forniscono la
notizia di pitture già esistile nel cimitero, delle quali più non vediamo vestigio,
e ne terremo conto nella descrizione dei monumenti e nel loro esame archeolo-
gico e critico.

Altrettanto dico delle ricerche del sommo Bosio nella regione sotterranea, della
quale vengo cercando l'antica denominazione e la storia. Egli la percorse ed esplorò;
e basterebbero a testificarlo i nomi di lui e dei suoi compagni qua e là segnati
col carbone sulle pareti delle gallerie e dei cubicoli ; massime dentro e attorno
a quello, che primeggia per il dipinto dell'ovile di Cristo e degli apostoli chia-
manti le pecorelle. Questa grande composizione nel suo genere unica non fu stam-
pata intera nel postumo volume del Bosio: anzi fu quivi tutta guasta e male con-
giunta con le scene dei quadri laterali \ Non so come e per quale negligenza sia
avvenuta l'imperdonabile colpa, che ha riservato a me l'onore della prima edi-
zione d'un monumento sì illustre, visibilissimo ad ogni occhio e veduto da tanti
fino dal secolo XV. Certo è che nei pochi disegni originali fatti sotto gli occhi
del Bosio e per ventura salvali nel codice Vallicelliano G. fi la pittura, di che
parlo, è ritratta interissima; ed è assegnata al cemetero delle bocche insieme ad altre
per la massima parte delineate altresì (ma assai male) nel vaticano codice del
Ciacconio sotto il titolo già da me confutato di coemelerium s. Felicitatis. Adunque

i Bosio. Roma sott. p. 281.
 
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