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— 196 —

delle persecuzioni giustamente dice monachi rifu latente sotterra e preparante un
cimitero, negli atti è appellato monachus, senza menzione veruna del cimitero da
lui preparato. La sincerità e proprietà dei cenni dati dal carme risaltano da
questo confronto col dettato degli atti: e il titolo monachus quivi attribuito più
volte ad Ippolito, come non prima del secolo quarto e del quinto in Roma fu
usato, è un vero anacronismo. L' elogio continua accennando la conversione ed il
battesimo di Adria e di Paolina sua moglie e termina con la data XIII • K • IVN.
I conjugi Adria e Paolina secondo gli atti erano fratres d'Ippolito; e si conver-
tirono prima 1' uno e poi l'altra : della data predetta ragioneremo a suo tempo.
Passo ora all' elogio di Maria col fratello Neone. Di costoro gli atti narrano che
erano figliuoli di Adria e di Paolina, nepoli d'Ippolito; e che da lui convertiti
morirono per la confessione della fede, Maria tredicenne , Neone decenne. Ciò
male sembra accordarsi coll'elogio metrico, che li fa padroni e distributori di
loro dovizie ai poveri, e illustri per dottrina e zelo apostolico in propagar l'evan-
gelo. Ma qui gli atti possono chiarire il senso del carme e tutto conciliare; mostran-
doci Adria e Paolina cum fdiis intenti a largheggiare delle loro sostanze in prò' dei
poveri e diffondere la fede; talché le prime parti, com' è giusto, sono dei geni-
tori, ed i figliuoli li secondano e imitano. Mi va per la mente anche un sospetto,
forse non irragionevole ; che l'esemplare a noi pervenuto dell'elogio di Maria e
di Neone sia difettivo, per salto d'un distico dopo il primo. Se ardissi supplire
la supposta lacuna, facilissimo mi sarebbe immaginare un distico, che ricordando
Adria e Paolina a loro ed ai loro figliuoli renda comuni le lodi accennate nei
versi seguenti. Il sospetto mi sembra assai verisimile, massime considerando che
nell'ultimo distico è citata la passio scritta di cotesti martiri; la quale non dei
soli fanciulli Neone e Maria ma di tutta la loro famiglia e dei loro compagni di
martirio parlava.

La breve rivista fatta dei cenni contenuti nei due metrici elogi ed il loro
confronto col testo a noi pervenuto degli atti del martirio persuade, l'autore dei
carmi aver avuto sott' occhio un esemplare di quegli atti più intero e migliore
di quello che oggi leggiamo. L'antichità poi di quei carmi da questa osservazione
e dal loro stile dimostrata, si raccoglie anche da estrinseche prove ed indizi. Del
culto dei martiri greci (così li chiamerò per amore di brevità) niuna traccia appare
nei calendarii, niuna menzione negli istorici martirologii composti dal secolo
settimo alla fine del decimosesto, quando il Baronio ne rinnovellò la memoria nel
martirologio romano moderno. Neil' antichissimo, del quale i codici geronimiani
ci conservano i frammenti, il loro natale fu registrato : fra poco lo dimostrerò.
Ma in quasi tutti i predetti codici, e segnatamente nei maggiori e pleniori, quel
natale fu ommesso. Gli atti medesimi di cotesti martiri, che in uno dei carmi sono
espressamente citati, furono ignoti a tutti i cercatori ed epitomatori di siffatti docu-
menti nei secoli settimo, ottavo e nono; come dichiarerò nel capo seguente. Non
è adunque verisimile, che in quel lungo periodo di negligenza e quasi d'obblio
del culto dei martiri greci e della loro storia, ne sieno stati incisi in marmo i
metrici storici elogi. La silloge epigrafica, che ce ne ha conservato il testo, non
contiene epigrafi posteriori al pontificato di Onorio I (625-658). Questo complesso
 
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