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— 718 —

Aggiunta alla 'precedente memoria,
intorno alla recentissima analisi chimica del vino liquido entro una antica ampolla in Arles.

Appena stampata la precedente memoria, Tiene in luce il fascicolo del giugno 1877 della Revue Arche'olo-
gique; nel quale trovo in buon punto descritta ed analizzata dal eh. Berthelot una scoperta avvenuta in Arles di
vino liquido entro un'antica ampolla di vetro. Non potendo tacere d'un fatto tanto collegato col superiore mio
discorso, aggiungo queste brevi parole intorno alla nuova scoperta.

È inutile descrivere i minuti particolari del trovaménto, i quali possono essere riscontrati nell'articolo originale
della citata Revue, e nei Comptes rendus de l'Académie des sciences di Parigi 14 maggio 1877. Basti qui riferirne
la parte essenziale. Lavorandosi la terra negli Alìscarnps di Arles, fortuitamente apparve un vaso di vetro conte-
nente un liquido giallastro, avente in sospensione una materia solida, che non fa deposito neppure lasciandola
lungamente in riposo. Cotesto liquido ha l'odore manifesto del vino assai aromatico, ed analogo all'odore del vino
stato in contatto con corpi grassi. L'analisi chimica vi ha verificato la presenza dell'alcool, di acidi fissi (stimati
acido tartarico libero), hitartrato di potassa, acido acetico, tartrato di calce e tracce d'etere acetico. È stato anche
rivelato dall' analisi, che cotesto vino non fu mescolato col miele. L'ampolla di vetro era sommamente alterata
dall' ossido e dividevasi in isfoglie. Era però perfettamente chiusa nella parte superiore con saldatura a fuoco,
operata con arte maestra dopo introdotto il liquido nel recipiente. Il vetro è dei tempi gallo-romani.

Parecchi confronti prosi dai dati di questa scoperta possono meglio chiarire e sempre più confermare ciò che
sopra ho detto intorno alla conservazione delle sostanze organiche nelle romane catacombe, ed alla loro analisi
chimica. In primo luogo la perfetta chiusura a fuoco del vetro è bastata a tener fuori d'ogni contatto coli' aria
il liquido contenuto nell'ampolla; il quale perciò si è conservato quasi nulla decomposto. Niuna altra condizione
favorevole vi ha contribuito; imperocché il vetro essendosi ossidato completamente, dimostra d'essere stato in
contatto coll'umidità ed in un ambiente atto a produrre la decomposizione. Dunque il solo spessore del vetro ha
potuto produrre nell'interno della fiala la condizione più perfetta per la conservazione del vino; essendo questo
rimasto perfino allo stato di completa fluidità. Non recherà quindi meraviglia, che nella profondità delle catacombe
romane, entro la chiusura del sepolcro, e coll'intervento dell'acido carbonico possano talvolta conservarsi le sostanze
organiche senza molto decomporsi; ed i liquidi in particolare conservare più o meno la loro fluidità. Si osservi
inoltre ciò che sopra ho notato, nelle catacombe non essere raro il trovare il vetro punto o poco alterato. Ciò solo
basta a dimostrare quanto migliori possano essere le condizioni, che si verificano nelle catacombe per la conser-
zione delle materie di che trattiamo, a preferenza di quelle, nelle quali giacque la fiala decomposta di Arles.
Se l'ampolla poi rinvenuta nel cimitero di s. Saturnino, intorno alla quale ho ragionato in particolare, potè
rimanere intatta ed inalterata; paragonandola col fatto di Arles, sarei tentato a concluderne a priori, che il liquido
in essa contenuto dovea essersi conservato in istato di quasi piena fluidità.

Paragonando i due fatti, quello di Arles ed il nostro cimiteriale romano, sembrami poter aggiungere che

10 stato di fluidità del liquido può essere stimato un segnale di molto buona conservazione del liquido stesso,
e perciò più sicuro il risultato delle analisi chimiche che vi si istituiscono. In fatti il vaso di Arles ha rivelato
tutti i caratteri più manifesti del vino, secondo che ne avea anche l'apparenza; mentre il nostro romano ha
rivelato i ben diversi e distinti caratteri del liquido animale ossia -del sangue. Dunque veramente la verifica
positiva fatta del vino nella fiala di Arles ci testifica, che l'altra verifica fatta testé in Poma del sangue non potè
essere una illusione. E veramente basta confrontare i diversi risultati delle due analisi, per convincersi anche
senza molte cognizioni fisiche della diversità dei componenti e perfino dei caratteri esterni dei due liquidi.

11 liquido di Arles è giallastro con materie solide sospese, che non precipitano. Il liquido da noi esaminato è
rosso bruno glutinoso e tendente sempre a coagularsi e depositarsi nel fondo del vaso. Il liquido di Arles esalava
odore di vino; ed il nostro provato al fuoco dava soltanto vapori ammoniacali ossia animali. Nel liquido di Arles
si riconobbe l'alcool, l'acido tartarico, 1' acetico, in somma i componenti del vino ; e nel romano predominava il
ferro, del quale niuna traccia apparve nella fiala di Arles.

In somma i risultati dell'analisi testé fatta in Poma hanno riscontro eloquente in quelli diversissimi dell'ana-
lisi fatta in Francia d'un liquido antico, che si è rivelato per vino, con caratteri al tutto dissimili da quelli che
ci ha oiferto la fiala del cimitero di s. Saturnino.

Alcuni hanno opinato ed opinano, o piuttosto suppongono, che il liquido disseccato nei vasi cimiteriali sia
vino. Questa ipotesi è stata sopra esaminata e discussa al punto di vista archeologico (pag. 499, 500). Al punto.
di vista fisico e chimico io qui osserverò, che mentre il liquido contenuto nei vasi cimiteriali, quante volte è stato
rinvenuto fluido, si è manifestato per sangue, e tale è slato oggi riconosciuto da chimica analisi, non consta che
sia apparso giammai coi caratteri del vino, quali oggi li vediamo nell'ampolla di Arles. Ciò dico dei piccoli vasi
apposti ai sepolcri; non delle grandi anfore vinarie, delle quali ho dato un cenno a pag. 713. Le croste delle
fecce del vino disseccate in quelle anfore non sono state fino ad ora chimicamente analizzate uè in Pompei né altrove.
 
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