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di tre fontane e poggio rosso ecc.

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dere, ci ha dato numerosi frammenti decorati a stecco
e a mano libera, con una tecnica assolutamente ele-
mentare. Ad analoga conclusione della mia, in base
ad altri dati, erano giunti l'Orsi e il Peet.

A Trefontane abbiamo veduto la tecnica della
decorazione ad impressione ascendere dai più umili
motivi (che sono comuni a tutte le genti neolitiche)
ai più complessi ed eleganti, attraverso una serie sva-
riata di disegni ; l'abbiamo veduta spogliarsi della
sovrabbondanza degli ornati, affinare le forme, render
più sobria ed elegante la decorazione, aggiungere al
sistema verticale degli ornati quello orizzontale, for-
marsi insomma un'arte decorativa ben definita; a que-
sta ceramica, così perfezionata, associarsene un'altra,
molto probabilmente importata, che pone come ele-
mento fondamentale della decorazione il colore rosso

Nota. la. — Ordinando e classificando il materiale pa-
zientemente raccolto a Trefontane, ho tralasciato di far men-
zione di una piccola quantità di ossa indeterminate (anch'esse,
come tutti gli altri avanzi, in stato di grande frantumazione),
perchè non presentavano nulla di notevole ; ma ultimamente, in
occasione degli annuali lavori agricoli, il rimescolamento del
terreno ha portato in luce (insieme coi soliti cocci e con altri
relitti, che sono presso a poco una ripetizione del materiale già
noto), un pezzo del quale voglio dar conto, perchè serve a
meglio determinare i caratteri di quella gente. Esso consiste
nella parte mediana di un mascellare inferiore di uomo, che
conserva ancora a posto tre incisivi, un canino e i due primi
molari. Sulla faccia esterna aderisce un tenace straterello di
concrezione calcare, tra le asperità della quale, e specialmente
a contatto del secondo molare appariscono, tracce di una sostanza
rossa polverulenta.

La comparsa di questo pezzo ci fa pensare che sul posto
dove ho creduto che dovette sorgere il villaggio, esistevano
anche delle tombe; fatto non nuovo, essendo stato ampiamente
accertato dal Mosso negli scavi di Molfetta; mentre le scarse
ma sicure tracce di colore rosso starebbero in rapporto col
noto rito funebre di cospargere di polvere rossa lo scheletro.

Nota 2a. — Avevo terminato di scrivere questo lavoro,
quando mi si è offerto l'opportunità di passare un paio di
giorni in contrada Poggiorosso. Ho voluto mettere a profitto
quel breve tempo per fare eseguire uno scavo nel sito della
stazione neolitica, soprattutto allo scopo di saggiare la natura
del sottosuolo.

La esplorazione, limitatissima, ha accertato l'esistenza di
fondi di capanne ad una profondità di circa cm. 50 dalla su-
perfìcie. La piccola trincea ha incontrato a quella profondità
una platea di ciottoloni piatti, disposti uno accanto all'altro,
sui quali era disteso uno strato di terra argillosa di impasto
molto grossolano sottoposto a cottura. Si è avuta una discreta
mèsse di cocci, sia lisci sia lavorati ad impressione, sempre
molto frantumati; moltissime ossa di animali; molti piccoli
coltellini di selce e taluni di ossidiana, parecchie valve di
pectunculus ; una di cardium; un pendaglio forato ad un'estre-

Monumenti Antichi — Vol. XXIII.

e della quale scarsissimi esempì ci ha fornito la
stazione di Molfetta; ed infine fare la sua comparsa
un gruppo di ceramiche colorate, tra le quali talune
che mostrano una sorprendente affinità con quelle che
indi a poco, imprimeranno una particolare fisonomia
al 1° periodo siculo.

Ed è infine da considerare che neanche tra la ce-
ramica colorata di Molfetta e questa di Trefontane
vi è identità; segno, anche questo, che le due lontane
stazioni vivevano di vita propria e indipendente, con
relazioni commerciali diverse.

Tuttavia non si possono tra Molfetta e Trefontane
negare dei sorprendenti riscontri; a spiegare i quali,
più che a rapporti diretti di derivazione, converrà
pensare ad una lontana comunanza di origine.

Corrado Cafici.

mità, ricavato dal labbro di una grossa conchiglia marina in-
determinabile ; tre pezzetti di ceramica rossa lucida, e due cocci
singolari nonostante la loro piccolezza.

Il primo, di buona creta grossolana, ma ben cotta, è in-
ternamente spalmato di un velo di terra rossa, applicato, a
quanto sembra,a pennello; ed esternamente è finto in color
giallo carnicino che sfuma in russo da una parte. La faccia
esterna è lavorata col lisciatoi e reca in bruno il disegno che
si vede nella qui annessa figura 5f. Questo motivo ornameu-

Pig. 51.

tale a fioccaglie è assolutamente nuovo alla ceramica del
primo periodo.

Il secondo coccio appartenne al labbro di un vaso, di forma
indeterminabile per la sua piccolezza. La sua singolarità con-
siste in una linguetta di presa attaccata esternamente all'orlo,
la quale ha intenzionalmente la forma di un naso aquilino o
di un becco. Due cerchietti rotondi, dei quali uno solo ne resta,
stanno a rappresentare gli occhi. Due solchi paralleli al posto
della piega nasale, e un altro alla base dell'occhio, accentuano
meglio il carattere della figura (fig. 52).

Di un pezzo simile, trovato al Pulo di Molfetta, ci ha
dato la descrizione e la figura il Mayer (') che lo riferisce al

(1) Mayer, loc. cit., pag. 83, tav. Ili, fig. 21.

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