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547

LA PREMINENZA DELL,' « INSULA »

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2) Se l'abitazione più comune nel mondo ro-
mano sia invece l'insula, Un'ora ritenuta soltanto
l'abitazione meschina della povera gente.

3) Studio degli elementi della domus e dell' in-
sula rispetto alle abitazioni ostiensi.

La caratteristica sostanziale della domus italica,
quale vien rivelata da Vitruvio e da Pompei, è data
dalla presenza e dalla funzione dell'atrio ('). Il quale
domina tanto radicalmente l'intero organismo della
abitazione, che ne traccia e ne fìssa, da solo, lo svi-
luppo e l'evoluzione. Le varie funzioni assunte dal-
l'atrio — illuminazione e distribuzione di ambienti —
permettono alla domus italica soltanto uno sviluppo
orizzontale e precludono, non dandone il bisogno, la
formazione delle facciate.

D'altro canto, la presenza dell'atrio, avendo questo
il predominio sulle altre parti, toglie all'abitazione
l'equivalenza dei vari ambienti che costituisce il valore
di ogni abitazione che debba adattarsi ad ogni ceto;
e di conseguenza la rende un organismo diffìcilmente
frazionabile, e completo soltanto quando lo si riduca
al pianterreno. Ciò risulta bene anche linguistica-
mente.

Mentre oggi a significare abitazione occorrono due
voci, casa e appartamento, domus riunisce, sia lingui-
sticamente sia architettonicamente, le due espressioni.
Il predominio tettonico dell'atrio è quindi innega-
bile (2): determinando esso anche l'andamento del

più riflessa in Ostia che non in qualsiasi città, non dico Pompei,
chè s'intende, ma anche dell'Africa latina. Questa è appunto la
sua grande importanza. Naturalmente, non bisognerà tener conto
del capriccio di qualche architetto che può falsare tutte le
osservazioni e annullare tutte le statistiche: ma, fin'ora, neppur
questo s'è riscontrato.

(') Cfr. Marx, Die Entwickelung des romischen Ilauses.
ITA. pone tale titolo ad un lavoro in cui si discute soltanto
delle varie e successive modificazioni del cavaedium; ed è anche
giusto, dato che nella domus (che egli, al solito, crede l'unica
abitazione romana), tutta l'evoluzione dipende da quello.

(a) Non solo l'atrio è sottoposto a misure (Vitruvio, libr.VI,
cap. Ili, 15, ed. Choisy), ma determina esso delle regole co-
struttive della casa. Quando l'atrio aveva ai suoi lati un im-
palcato, il tablino veniva sacrificato perchè non poteva rag-
giungere l'altezza voluta che era appunto la stessa dell'atrio ;
così ad es. esso scompare nella casa dei Vettii (Man, Pompei in
Leben und Kunst. pag. 258). Lo stesso fatto accade coli'innesto
della casa ellenica alla casa italica: il che indica quanto rigido
sia il tipo tradizionale, da non permettere neppure l'avvicina-
mento del tipo greco che iu origine è identico a quello italico
(cfr. Pauly-Wissuwa, Real. Enc. s. v. Rd/nisches Flaus, col. 986).

tetto, si rende necessario dapprima un ambitus intorno
alla casa per lo smaltimento delle acque fissato nelle
leggi (Varrò de ling. lai., V, 22 ; Festo, ep., pag. 5) onde
ogni domus viene ad essere isolata. A tale inconve-
niente si ripara, solo in parte, facendo smaltire le acque
nell'interno e creando Vimpluvium. L'altezza dell'atrio,
in confronto agli ambienti che lo circondano, permette
sì di elevare sopra di esso, o piuttosto ai lati di esso,
un impalcato costruendovi dei cenacula, ma esso è
però necessariamente limitato, almeno finché l'atrio
conserva le funzioni di illuminazione; il cenaculum
di una domus non potendo essere quindi un vero e
proprio piano superiore, dà sì sfogo alla casa, ma non
quanto basta ('). La necessità di frazionamento della
domus e il tentativo di renderla adattabile ad ogni
esigenza si riscontrano anche, sia col migliorare l'illu-
minazione per mezzo di aperture — più spesso in
forma di feritoie che non di finestre — sia con l'aper-
tura di tabernae sul fronte della casa (2).

Ad ogni modo, nè le varie modificazioni del cavae-
dium dell'atrio — cioè della costruzione del suo sof-
fitto (3) — nè la costruzione di cenacula, nè l'aper-
tura di finestre e di tabernae, hanno migliorato di
molto l'organismo della domus. Tanto ciò è vero, che
il più profondo rivolgimento della domus italica è dato
dalla domus greca. La casa italica, insomma, s'ingran-
disce, si sviluppa e si migliora realmente, soltanto
prendendo a prestito l'organismo della casa greca, il
cui peristilio, più dell'atrio, permette un aggruppa-
mento di ambienti meno rigido e sistematico e la
costruzione di un piano superiore.

(') I cenacula sono necessariamente limitati, finché l'atrio
rimane sorgente di luce.

(a) L'apertura di tabernae e finestre si riscontra in case
pompeiane non prima del II sec. a. C, cioè dopo la conoscenza
della casa ellenistica (cfr. Pauly-Wissowa, Rom. Hau», col. 980).

(s) E nota la confusione tra le due voci cavaedium e
atrium. A me pare che atrium indichi l'ambiente completo e
perfetto; e, cavaedium, non già l'apertura del soffitto (come vuole
il Marquardt, Vie privée d. Rom., I, pag. 262, che trova del
resto opposizione nel suo stesso traduttore, ibid., nota 3), ma
la costruzione del soffitto. Vitruvin infatti enumera cinque si-
stemi di cavaedia, ma tre atrii soltanto: alriorum vero latitu-
dines aclongitudines tribus generibus deformantur (VI, cap.Ili,
15). Mi pare quindi evidente che non tutti i cavaedia possono
formare degli atria, e che quindi cavaedium non è uguale ad
atrium. Cavaedium è il termine tecnico per indicare la costru-
zione del soffitto dell'atrio. Naturalmente, però, in generale i
due termini vengono confusi.
 
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